ZEBRA CROSSING. #MIDO2019: l’industria 4.0 mette gli occhiali

La 49esima edizione di MIDO, fiera internazionale dell’occhialeria, e soprattutto i progetti esposti nel settore MIDO TECH, ci raccontano la ridefinizione dell’atto del vedere “potenziato”

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“Daltonici, presbiti, mendicanti di vista
Il mercante di luce, il vostro oculista
Ora vuole soltanto clienti speciali
Che non sanno che farne di occhi normali
Non più ottico ma spacciatore di lenti
Per improvvisare occhi contenti
Perché le pupille abituate a copiare
Inventino i mondi sui quali guardare
Seguite con me questi occhi sognare
Fuggire dall’orbita e non voler ritornare”
(da “Un ottico” di Fabrizio De André)

L’interesse della nostra rubrica Zebra Crossing verso il mondo audio-visivo non si ferma ai soli prodotti, ma segue anche gli strumenti che portano alle esperienze visive, anche quelle che possono darci oggetti apparentemente innocui come un paio di occhiali.

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[youtube https://www.youtube.com/watch?v=rhjSyjqqyVk]

Siamo stati quindi a Rho per la 49esima edizione di MIDO, fiera internazionale dell’occhialeria, nella speranza di vedere in azione strumenti ottici intelligenti sulla scia dei vari smart glass. Abbiamo invece scoperto un settore dominato dalla moda che si rinnova lavorando su design e colori, ripagato comunque da enorme successo, dati i numeri record del 2019 con 1323 espositori, 110 debuttanti, il tutto distribuito su oltre 50mila metri quadri. Ma la nostra breve incursione non è stata infruttuosa, grazie a vari spunti tra cui la presenza di un settore particolare della fiera, cioè MIDO TECH.

L’automazione nell’industria 4.0

MIDO TECH è la parte dedicata agli espositori di macchinari per la creazione di occhiali. Si presentano varie macchine di precisione per la lavorazione di materie prime adatte all’occhialeria e alla varia componentistica per la manifattura di montature, lavorazione delle lenti e rifinitura di prodotti. E si prova a venderle. Presente ufficialmente dal 2002, e forte di un proprio spazio ben definito dal 2016, MIDO TECH cattura l’attenzione degli avventori, rivolgendosi agli operatori di settore ma affascinando anche i semplici curiosi. Vera “entratura” nel mondo della produzione di oggi, MIDO TECH ci è stato utile per introdurci verso un nodo cruciale di questi ultimi anni, l’industria 4.0.

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=FfjdIRSgzuk]

Ovviamente al MIDO 2019 gli occhi erano stregati dalla presenza di famosi player del settore, Luxottica su tutti (e altri marchi famosi che aprono una linea di occhiali – come Bentley col suo classico ma elegante stand). Ma era dentro MIDO TECH che si poteva osservare e ragionare su validi esempi della citata nuova tendenza industriale. Il tema lavoro è centrale, per esempio riguardo l’automazione. Essa oggi è così scontata che affianca bene quella tendenza “post-cinematografica” che ci fa vedere “cinema” dappertutto. Anche l’automazione oggi è dappertutto, e ci sembra un concetto ormai totalmente assimilato da non essere più fenomeno a noi esterno. Sta alla base di uno sviluppo tecnologico che sicuramente tocca il nostro immaginario e si riflette nelle nostre visioni. Quindi la nostra visita ha potuto testimoniare lo stato delle cose nella collaborazione uomo-macchina ad oggi, 2019.

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=koWkb5zMYdk]

Per esempio Ronchini srl di Parma presenta il nuovo impianto robotizzato per fresatura RoboCut3D, adatto alla produzione e lavorazione di materiali leggeri. Il braccio meccanico automatizzato ha impressa la scritta “Kuka” e noi subito lo abbiamo umanizzato chiamandolo Kuka (tradendo così la nostra ancora troppo umana condizione). Ed era bello vedere Kuka all’opera, ammirare la grazia di un movimento che pare danzare in modo sinuoso dentro i rigorosi parametri programmati, riportandoci con nostalgia a luoghi della memoria abitati da anime giapponesi. Questo mostra come l’industria 4.0 si muova in modo ambiguo, avanzando nella tecnica produttiva ma anche confermando il sogno fantascientifico da cui pare provenire. Come se la sua creazione si appoggiasse comunque su linee già pensate dal Cinema decenni prima.


Cosa ha influenzato cosa, allora?

MIDO TECH diventa terreno fertile per il ricordo, la conferma di idee o il salto verso lidi non ancora immaginati. E lo fa in tutti i suoi stand. Tra i molti ricordiamo lo strumento di tamponatura per montatura presentato da LM snc dal Cadore, o i nastri meccanici su cui trascinare le lenti in lavorazione presentati da Schneider dalla Germania o da AR dal Belgio.

Tutti questi espositori sviluppano un discorso sull’automazione e sulla comunicazione tra macchine che sta alla base dell’industria 4.0, la quale diventa così luogo teoretico per liberare l’uomo e portarlo verso mansioni più umane, come “vendere”.

L’umanizzazione delle vendite

Pensando ai venditori ci veniva in mente la relazione tra Sam e Mikhaela nel primo Transformers. Impallati dalla presenza dei robot, usati da Michael Bay come meri oggetti narrativi, vero escamotage per vendere e raccontare straordinarie vicende di pezzi di latta o di ferro, essi sono sicuramente meno protagonisti dei venditori di MIDO. Questi, liberatisi dal fardello del lavoro, realmente promettono amore tra il cliente e il robot, dato che tale non riuscirebbe a vendersi da sé (se non a patto di innamorarsi del solo suo gesto meccanico).

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=u0LVDsV7w0E]

Il problema “vendite” illumina problematiche riguardo la concorrenza spietata tra medio/piccoli artigiani del robot e gli enormi produttori di macchinari presenti in Oriente, in Cina soprattutto. Da alcuni è stato sollevato il problema del rapporto svantaggioso con quelli, dati gli ovvi grandi numeri sui quali i cinesi possono contare (anche solo calcolati sul mercato interno). Ma oggi il modello cinese sta in una fase particolare della propria esistenza, con ristagni di produzione e praterie di mercato da conquistare. Forse, se si vuole contrastare la quantità asiatica, è necessario ragionare in termini di concetto di produzione e non di quantità.

Tenendo a mente quindi l’importanza dell’idea siamo rimasti colpiti da due esempi.

Smart Vision Labs è un laboratorio basato a NYC che nasce dalla volontà del dottor Yaopeng Zhou di unire il controllo delle diottrie alla praticabilità dello smartphone. Per far fronte a ciò Zhou ha inventato lo SVOne Autorefractor che misura istantaneamente di quante diottrie i nostri occhi mancano, e se abbiamo quindi bisogno di occhiali. Tale piccolo device quindi non è un voluminoso macchinario industriale, ma riassume bene il concetto di industria 4.0, unendo in sé idee come “smart service” e “smart energy”. Grande quanto una piccola scatoletta (quindi poco più del nostro cellulare) esso ha un mirino su cui appoggiare l’occhio. Tale occhio deve fissare una luce rossa interna al “visore” e da questo si possono trarre informazioni sulle proprie diottrie che vengono immediatamente rese note sul display posto dall’altro lato della scatoletta. Il tutto viene mandato al computer del nostro ottico in tempo reale, tramite app del telefono. Così l’ottico può subito iniziare a preparare gli occhiali. Oltre all’ingegno e alla comodità del mezzo, aver provato il device ci ha fatto immediatamente ricordare il mitico Neuralyzer di Men in Black, confermandoci come il (post)Cinema oggi sta ovunque.

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Infatti, all’alba dei “mitici anni ‘20 del 2000” (Cyberpunk docet), la tecnologia sta aiutando tutti in ogni settore a fare passi avanti impensabili pochi anni fa. Come ci dice il secondo esempio: Modellando srl da Latina (decisamente non NYC). Questa piccola ditta crea negozi di ottica e presenta un visore VR (ormai un classico) che permette al cliente di vedere come si evolve il lavoro commissionato. Indossando il visore e impugnando un mouse (che ci appare come una mano) si può vedere il progetto, camminare nell’ambiente e capire se la disposizione dei mobili ci soddisfa o se le pareti sono da spostare o le stanze da unire. Se parliamo di idee vincenti sui potenti mezzi cinesi la facilità con cui Modellando srl usa il VR ci pare precisa. Essa sta quindi alla base dell’industria 4.0, perché vengono facilitati processi complessi un tempo visti fuori dalla portata normale. Il tutto per arrivare a conclusioni semplici, utili e non molto dispendiose.

L’industria 4.0 non è qualcosa che nasce da zero, ma il logico sviluppo di un processo in atto da tempo, che aiuta principalmente a implementare l’uso di mezzi -anche già esistenti- in modo nuovo, interconnesso e molto più fluido di prima.

La desoggettivazione

Ma cosa comporta tutto ciò?

Sappiamo come Kevin Kelly definisce “inevitabile” il processo di “simbiosi” uomo-macchina; e come tale processo possa “liberare” l’uomo, sia dal fardello del lavoro manuale, che dallo sbaglio per imprecisione.

Nel saggio “Che cosa è un dispositivo?” Giorgio Agamben parla di “dispositivo” e spiega come esso sia “tutto ciò che abbia la capacità di catturare, controllare e assicurare i gesti e i discorsi degli esseri viventi” (noi diremmo “umani”). Quindi anche gli strumenti di lavoro meccanici o elettronici. Ma la libertà di cui parla Kelly può trasformarsi, come dice Agamben, in “desoggettivazione”? Nel senso di azione fatta dai dispositivi attraverso processi che danno forma ad un nuovo tipo di soggetto, cosiddetto “spettrale”, privando l’umano della sua essenza?

Forse l’industria 4.0 è troppo giovane nel suo cammino per dirci cosa sarà il futuro. Forse siamo ancora troppo ipnotizzati dalle reazioni di macchine e algoritmi per capirne i prossimi risvolti. È un fatto però che l’ambiguità regni sovrana, e che tale ambiguità sia stata narrata preventivamente dal Cinema, tirando le fila di ragionamenti che già all’epoca preannunciavano l’interessante caos di oggi. Vediamo come il Cinema abiti l’industria 4.0 e come le nostre vite siano immerse in quella sinergia.

Ma diventeremo sempre più degli spettri?
E cosa ha influenzato cosa?

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