"Zohan – Tutte le donne vengono al pettine", di Dennis Dugan

La sconfitta della comicità corporale di Adam Sandler (altrove mai così fisica come in questo film) e del suo personaggio si dimostra come l'ennesima vittoria del co-responsabile Judd Apatow e della sua 'comicità normalizzata', una sorta di percezione filtrata dei modelli, per cui la riconoscibilità dell'elemento parodizzato/dileggiato/sbeffeggiato è davvero possibile solo ad un terzo livello: non più diretta, né distorta dai fautori di satira o comicità, ma addirittura basata su di una stilizzazione già avvenuta e percepita pazzescamente come punto di partenza.

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Inizi a vedere questo film, diretto dal fido Dugan (alla quinta regia con l'attore di Reign Over Me) e scritto da Sandler con Judd Apatow e mentre Adam si lascia andare nel formidabile prologo di presentazione dell'agente Zohan del Mossad impegnato a mettere in mostra tutte le superdoti del suo fisico, comprese quelle 'sotto la cintola', non puoi non renderti conto di come la commedia americana attuale abbia compiuto un vertiginoso 'salto mortale triplo' (come quelli che buffamente fa Zohan mentre combatte contro i soldati nemici per catturare il terribile nemico Phantom di un John Turturro a livelli di genialità che avevamo dimenticato, con cui ingaggia una letale partita a racchettoni in mare con una bomba a mano come palla…). Da questo punto di vista lo scorrere dei trailer è rivelatorio: il war-movie di Stiller è ormai – e probabilmente gloriosamente – old school, basato su di un'idea di comicità che mette alla berlina consapevolmente dei modelli popolarmente riconoscibili e riconosciuti. Le sequenze d'azione di film come questo Zohan o lo pseudothriller di Rogen – a livelli opposti allora in confronto al lavoro della coppia british di Wright e Pegg – sono invece sintomo evidente di una percezione dello stereotipo totalmente astratta: come se il 'genere' avesse compiuto un circolo completo, riazzerandosi, finendo nell'epoca post-Apatow o during-Apatow per non significare nient'altro che un reticolo di riferimenti autoconclusivo e autoconcluso, che non rimanda più a nessun testo, ma solo al contesto – ben inteso, in alcun modo autoreferenziale, comunque. Probabilmente a causa dell'immaginario rinnovato – resettato – dei teenagers ai quali è destinato, un immaginario la cui formazione non passa più in alcun modo dal cinema, ma sostanzialmente attraverso una percezione filtrata dei modelli perpetuata dai veicoli contemporanei dell'immagine ai quali si rivolgono e sui quali in pratica 'studiano', la riconoscibilità dell'elemento parodizzato/dileggiato/sbeffeggiato è davvero possibile solo ad un terzo livello: non più diretta, né distorta dai fautori di satira o comicità, ma addirittura basata su di una stilizzazione già avvenuta e percepita pazzescamente come punto di partenza. Da questo punto di vista, la sconfitta della comicità corporale di Adam Sandler (altrove mai così fisica come in questo film), e del suo personaggio di cui ci si stufa ben presto (complice forse il comunque efficace doppiaggio italiano a la Clouseau, ma l'attore lo si continua a preferire in altre situazioni, come il dimenticato meraviglioso Spanglish di James L. Brooks), si dimostra dall'altro lato come l'ennesima vittoria del co-responsabile Judd Apatow e della sua 'comicità normalizzata'oltre ai frammenti action, infatti, anche tutt

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o il settore meglio riuscito del film, ovvero la ridicolizzazione del conflitto arabo-israeliano attraverso la messa alla berlina degli 'usi e costumi' tipici di entrambe le comunità immigrate negli States, è strutturato attraverso una serie di soluzioni che non sono mai una resa grottesca della realtà, né tantomeno la sua estremizzazione impietosa ed 'uncorrect' (l'hummus dappertutto, anche nei dentrifrici e nel cibo per cani; le bombe e le armi nascoste nel pane e nell'olio delle friggitorie e dei fast food arabi; l'amore per la disco degli israeliani; i loro negozi di elettronica; il sobillatore di destra che ama solo Mel Gibson e il ciclo di Arma Letale), quanto il ricorso a jokes ed ammiccamenti di cui si nutrono ormai quotidianamente blogger, cartoonist, comici e 'opinionisti'. Attraverso questa 'astrattizzazione', questi autori stanno traghettando la comicità americana verso una trasformazione sostanziale in cui non si cercano più bersagli o obiettivi da stigmatizzare, quanto sguardi complici e sodali tra gli spettatori, come una trasposizione sul grande schermo il più possibile verosimile e 'tangibile' di una discussione tra due teenagers non necessariamente nerds: ed ecco che la donna di cui si è innamorati diventa a conti fatti soprattutto l'unica tra le tante che riesce a farti venire un'erezione solo con un sorriso.

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Titolo originale: You Don't Mess With the Zohan
Regia: Dennis Dugan
Interpreti: Adam Sandler, John Turturro, Rob Schneider, Emmanuelle Chriqui, Dina Doron 
Distribuzione: Sony Pictures
Durata: 113'
Origine: USA, 2008

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