Light of My Life. Incontro con Casey Affleck e il cast del film

Casey Affleck è passato da Roma per presentare il suo Light of My Life, primo film di finzione dietro la mdp visto alla scorsa Festa del Cinema nella sezione Alice nella Città. Ecco com’è andata

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Light of My Life è la storia di un padre e della sua unica figlia, una bambina di undici anni che va protetta da un mondo in cui le donne sono diventate una rarità.
Evento di chiusura di Alice nella Città alla appena conclusa Festa del Cinema di Roma, Light of My Life è anche il primo lavoro di finzione realizzato da Casey Affleck, a ben dieci anni di distanza dal mokumentary Joaquin Phoenix – Io sono qui!.
Facile prevedere quanta adrenalina e quanta voglia di raccontare il film, da parte dell’attore premio Oscar per Manchester by the Sea. «No, quel premio non mi ha mai veramente cambiato la vita» afferma egli stesso, ad un certo punto dell’incontro con la stampa romana. E, se possibile, verrebbe quasi da pensare che questo nuovo lungometraggio dietro la macchina da presa possa essere, per Affleck, un riconoscimento persino più prezioso.
Il motivo è presto detto. Light of My Life è un film dalle fortissime connotazioni autobiografiche, in cui l’esperienza di padre ha spesso avuto la meglio persino sulle doti di regista-attore: «Questa – dice ad un certo punto – è la storia di un padre che prova a crescere una figlia in un mondo estremamente complesso. Noi tutti pensiamo che il mondo sia pericoloso per i nostri figli e allora cerchiamo di proteggerli. Quando però non siamo in grado di proteggerli da tutto, proviamo perlomeno a prepararli. Ho allora provato a creare una patologia per cui il padre si sentisse ancora più insicuro delle sue azioni e, man mano che la storia prendeva vita, mi sono reso conto che ci stessi mettendo moltissimo di mio». Light of My Life
Vista l’atmosfera che permea il film, sono tanti i paragoni che vengono fatti durante la presentazione, dai disaster movie tipo The Road e I figli degli uomini, fino ai best seller come Cecità di Saramago. Ed in effetti, il film di John Hillcoat è un tassello fondamentale per Affleck, soprattutto per la profonda amicizia che lo lega a Cormac McCarthy, autore del romanzo da cui era tratto quel lungometraggio: «Adoro quei film in cui si immagina una società a rischio estinzione, in cui si perdono tutti gli orpelli e le sovrastrutture. Così rimane l’essenza delle persone, si perde tutto il resto.
Non so perché ci sia negli USA questa tendenza a fare distopia, credo ci sia una sottostante tensione nella società, questo senso di imminente destino tragico negativo, e credo che il motivo sia chiaro. Parlando di Cormac McCarthy, il suo libro è il mio preferito: mi ricordo che tanti anni fa stavo facendo un film a El Paso e, siccome lo conoscevo, gli mandai una lettera invitandolo sul set. Un giorno, mentre giravamo, in lontananza vediamo avvicinarsi due persone: era Cormac con sua moglie, abbiamo pranzato insieme e lui ci ha parlato di questo libro che si stava attingendo a scrivere, ambientato in un futuro dispotico, era 
On The Road. È un’ opera che ho amato tanto e ho dovuto evitare molte cose per non copiare quel libro; se vuoi cercare di essere originale devi sempre evitare quelle cose, in qualsiasi circostanza c’è sempre qualcosa di simile a ciò che stai facendo tu, perciò vale sempre la pena di seguire il proprio fuoco, la propria linea interpretativa».
Poi la chiacchierata prende una piega lievemente più politica, ed i riferimenti all’America di Trump ed alla Hollywood del dopo Weinstein diventano espliciti. Ad una giornalista che gli chiede cosa sia cambiato a Los Angeles con il movimento MeToo, Affleck risponde con convinzione: «Queste persone insistono per volere dei grandi cambiamenti sociali e non stanno chiedendo l’autorizzazione a nessuno. Questi giovani non sono per nulla passivi, e ciò è un bene. Per altro, se Light of My Life fosse definito come un film femminista, mia madre sarebbe molto orgogliosa, lei non ci faceva vedere le serie ed i programmi tv in voga negli anni ’80 perché li riteneva sessisti.
Credo che ad Hollywood sia cambiato tutto dopo il MeToo e credo che questo cambiamento stia accadendo in meglio e non soltanto ad Hollywood
».

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