"Alla scoperta di Charlie", di Mike Cahill
Forse sarebbe potuto essere un ottimo racconto americano sullo stile di Kurt Vonnegut o anche Paul Auster, ricco di ironia e tristezza, tra affresco sociale e storia privata, il romanzo di formazione e un minimalismo lunatico. Nella pellicola però il linguaggio filmico riesce solo in parte a trasformare in empatia la costruzione originaria, così Alla scoperta di Charlie rimane sempre in bilico tra stile e sincerità, coinvolgimento emotivo e intellettualismo, prodotto medio e cinema indipendente
Per certi versi Alla scoperta di Charlie è un film che mette in difficoltà. Perché ha l’ambizione di toccare corde molto diverse tra loro (commedia, dramma, persino un pizzico di avventura) senza esser capace di convogliare queste diverse pennellate in un’unica forma. La storia – certo non imprevedibile – del graduale riavvicinamento tra figlia e padre, va improvvisamente a scontrarsi con i groove percussivi e i freeze frame in stile Ocean’s che contraddistinguono tutte le sequenze della simil-avventurosa scoperta dell’oro spagnolo. Virate continue che sembrano finalizzate più all’intrattenimento di un prodotto medio che a una vera e propria consapevolezza autoriale. Ecco che allora tutta la simpatica ingenuità di storia e personaggi finisce con il disperdersi dentro una confezione persino troppo controllata e professionale, che in fin dei conti non fa che creare uno scollamento tra la pellicola conclusa e le premesse ideali.
Probabilmente nell’esordiente Cahill c’è più il DNA del romanziere che del regista di razza. La sensazione vedendo Alla scoperta di Charlie è che sarebbe potuto essere un ottimo racconto americano sullo stile di Kurt Vonnegut o anche Paul Auster, ricco di ironia e tristezza, tra affresco sociale e storia privata, il romanzo di formazione e un minimalismo lunatico. Qui però il linguaggio filmico riesce solo in parte a trasformare in empatia la costruzione originaria, cosicché, per quanto formalmente non disprezzabile, Alla scoperta di Charlie rimane sempre in bilico tra stile e sincerità, coinvolgimento emotivo e intellettualismo. Un cinema che pur avendo idee e qualità rimane ancorato a una sintesi controllata, rivelandosi troppo lontano da quella indipendenza di sguardo, da quella necessaria purezza che ci piacerebbe sempre intravedere nelle opere prime indipendenti.
Titolo originale: King of California
Regia: Mike Cahill
Interpreti: Michael Douglas, Evan Rachel Wood, Allisyn Ashley Arm, Willis Burks II, Willis Chung, Greg Davis Jr., Gerald Emerick, Ashley Greene, Anna Khaja
Distribuzione: Moviemax
Durata: 90'