ANTEPRIMA – 12 anni schiavo di Steve McQueen
Presentato in anteprima al Festival "Capri, Hollywood", il terzo lungometraggio del cinesta britannico, è notevole. Con una grande storia, attori al diapason, dialoghi eloquenti e mai sovraccarichi. E se il protagonista, Chiwetel Ejofor, è bravissimo, è stellare anche Michael Fassbender, e diabolico Paul Dano.
Sette nomination ai Golden Globes; le recensioni entusiastiche dei critici americani. 12 Years a Slave, che in Italia uscirà il 20 febbraio col titolo 12 anni schiavo, è uno dei più seri candidati alla corsa agli Oscar. In Italia, l’attesa per il film è stata inquinata dalle polemiche sui manifesti che lo hanno annunciato: manifesti che mostravano Brad Pitt e Michael Fassbender enormi, e piccolo piccolo il vero protagonista del film, l’attore britannico di colore Chiwetel Ejiofor. Una manovra pubblicitaria quanto meno improvvida. Ma finalmente adesso si può parlare del film. Che è stato presentato, in anteprima italiana, al festival “Capri, Hollywood”.
E il film, diretto da Steve McQueen – il regista britannico diventato cult con film come Hunger e Shame – è notevole. Con una grande storia, attori al diapason, dialoghi eloquenti e mai sovraccarichi. La storia – vera, peraltro – è quella di Solomon Northrop. Un uomo di colore, nato libero cittadino negli Stati Uniti di metà Ottocento, nella metà “nordista”. Un uomo libero che un giorno viene rapito, segregato e poi venduto come schiavo.
Proviamo a immaginare uno di noi, di colpo privato della libertà, del diritto di replicare, del diritto di discutere; privato persino del suo nome. Ridotto a cosa. A proprietà di altri uomini, che possono fare di noi ciò che vogliono. Solomon Northrop impara a fingere di non sapere leggere e scrivere per non avere guai, impara a stare zitto, anche quando vede una ragazzina violentata dal “padrone”. O quando incrocia, nella foresta, due uomini di colore che stanno per essere impiccati. Stare zitto, e suonare il violino per il piacere dei bianchi, anche se le peggiori ingiustizie vengono perpetrate. E massacrare a frustate la più innocente delle ragazzine, se è il padrone a ordinarlo.
Steve McQueen riesce a raccontare con una immensa forza drammaturgica, ma anche con grande stile visuale, cesellando primissimi piani, ricorrendo raramente a campi lunghi da western per una storia che sembrerebbe richiederli. E soprattutto, raccontando con grande coraggio anche la vigliaccheria del suo protagonista. Ci dice che per sopravvivere occorre anche essere vigliacchi. La peggiore violenza che viene fatta al protagonista, in definitiva, è quella di costringerlo a essere complice della violenza dei bianchi. E questa è una cosa atroce, che il film racconta benissimo, e che pochi altri hanno raccontato prima. Se il protagonista, Chiwetel Ejiofor, è bravissimo, è stellare anche Michael Fassbender, e diabolico Paul Dano. Tre minuti, ma di pura ferocia, per Paul Giamatti, e cinque per Brad Pitt, scapigliato e illuminato.