CANNES 66 – Incontro con James Gray, Marion Cotillard e Jeremy Renner per "The Immigrant"

James Gray e Joaquin Phoenix sul set diThe Immigrant

Il regista statunitense a Cannes per la sua quarta volta in concorso per presentare il suo ultimo film assieme agli interpreti e al direttore della fotografia Darius Khondji. Assente Joaquin Phoenix a cui, come ha detto lo stesso cineasta "gli sarebbe piaciuto molto essere presente ma era impegnato sul set di un altro film"

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James Gray e Joaquin Phoenix sul set diThe ImmigrantJames Gray arriva a Cannes per la sua quarta volta in concorso per presentare il suo ultimo film assieme a Marion Cotillard, Jeemy Renneri e al direttore della fotografia Darius Khondji. Assente Joaquin Phoenix a cui, come ha detto lo stesso cineasta "gli sarebbe piaciuto molto essere presente ma era impegnato sul set di un altro film"

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Partiamo subito dai luoghi. Quali problemi avete avuto quando avete girato sull'isola di Ellis Iland, luogo dove sbarcavano gli immigrati?

James Gray: Girare li' è stato complicato perche' Ellis Iland è sempre aperta ai turista per 365 giorni l'anno e non è stato possibili chiuderla durante la lavorazione del film. Quindi abbiamo dovuto fare le riprese di notte usando delle enormi gru che ci servivano per fare luce. Ci abbiamo girato buona parte del film e quel posto è pieno di Storia. Poi abbiamo anche utilizzato il secondo e il terzo piano dell’edificio, anche per metterci a sedere per sistemare la sceneggiatura. Li' poi, tra il 1920 e il 1924 ci arrivavano tutti gli immigrati. E il 40% degli americani hanno avuto almeno un membro della propria famiglia passato da li'.

 

 

Marion Cotillard, parla qui parla anche in polacco. Pensa che la voce e la lingua sia importante per caratterizzare il personaggio?

Marion Cotillard: La lingua caratterizza il personaggio, il proprio modo di parlare, il proprio fisico. Con il polacco bisogna trovare l’accento giusto ed è una lingua complicata perché ci sono poche parole che somigliano all’inglese e al francese. Ho avuto comunque la fortuna di prepararmi con un bravissimo professore.

 

 

Del resto non è la prima volta che fa questo tipo di lavoro. Anche in Blood Ties, visto qui a Cannes fuori concorso, parla anche italiano

Marion Cotillard: Si, se è per questo gia' Michael Mann in Nemico pubblico voleva che prendessi un accento un po’ diverso della mia lingua anche perché il mio personaggio era per metà francese. Quando James mi ha detto che c’erano 20 pagine in polacco mi sono spaventata. E ogni giorno mi preparavo e la rileggevo. E poi fo fatto questa esperienza anche con l’italiano in Blood Ties e ciò che è interessante è scoprire come si combinano le parole. La cultura arricchisce la lingua e viceversa.

 

 

Il tema dell'immigrazione attraversa il suo film gia' dal titolo

James Gray: Sono assolutamente favorevole all’immigrazione e credo che ogni paese possa arricchirsi e accrescere ildinamismo. Con culture interessanti che si mescolano come quella latina e asiatica a Los Angeles dove io vivo. Per questo film ho fatto delle ricerche sulla storia dell’immigrazione, guardando documenti d’epoca.

 

 

Marion Cotillard e Jeremy Renner in The ImmigrantLa scelta di Marion Cotillard?

James Gray: La trovo un'attrice straordinaria. Non ho visto alcuni suoi successi come La vie en rose. Ogni tanto anche mia moglie mi tira il pane sulla testa quando sa che non ho visto alcuni film di attori importanti. Per lavorare con loro non c’è bisogno di aver visto tutti i loro film, è piu' importante parlarci.

 

 

E Jeremy Renner?

James Gray: Jeremy l’ho visto nel film della Bigelow, The Hurt Locker, e trovo non solo che sia fantastico ma che in questo film abbia anche qualcosa di Clark Gable.

 

 

E Renner cosa pensa di Gray?

Jeremy Renner: E’ un onore essere in concorso a Cannes. Ho visto tutti i film di James Gray. Alcuni più belli e altri meno (ride)

 

 

Titolo cambiato. Perché?

James Gray: All’inizio il film si doveva intitolare Low Life, ma poi il titolo di questo bellissimo libro su New York di Luc Sante era stato gia' preso da una canzone. Poi i francesi mi dicevano che era difficile tradurlo. Poi siamo passati a Nightingale, poi ancora abbiamo guardato tutti i titoli possibili per cercarne uno semplice. Del resto anche Shakespeare  lo faceva.

 

 

Ci parla di  Ric Menello, scomparso a marzo, che ha scritto con lei la sceneggiatura?

James Gray: Con lui ci sentivamo tutti i giorni. Sapeva tutto di tutto. Quando mi venne presentato, mi disse: “James Gray? Quello di Little Odessa? Non mi era piaciuto quel film” Allora all'inizio non mi era tanto simpatico (ride). Poi siamo diventati amici. Una volta stavo vedendo un film degli anni ’40 ma non mi ricordavo il titolo. L’ho chiamato al telefono, gli ho fatto ascoltare un pezzo di dialogo e lui: “E’ questo film con questi attori e parla di questo”

 

 

Tra lei e Joaquin Phoenix c'è ormai una collaborazione strettissima, essendo al quarto film insieme?

James Gray: Ho fatto tanti film con Joaquin cosi' come Robert De Niro con Martin Scorsese o Toshiro Mifune con Akira Kurosawa. E proviamo le stesse cose davanti all’arte, la vita, i comportamente umani. Ho scoperto che ha una grande sensibilità sul piano emozionale gia' dal primo film che abbiamo fatto insieme. Vive per il momento in cui può creare sulla scena.

 

 

Ci sono stati dei film di riferimento?

James Gray: Abbiamo visto diversi titoli, tra cui I cancelli del cielo, Il padrino. Parte 2 e abbiamo capito sarebbe stato un errore copiarli. Così abbiamo fatto l’opposto rifacendoci a vecchie fotografie e dipinti. E poi ho pensato molto anche all’Opera per restituire quella stessa sincerità attraverso le emozioni. Stanley Kubrick diceva che i film dovevano essere sinceri e che dovevano anche rischiare.

 

 

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