#Cannes2018 – Le Livre d’Image, di Jean-Luc Godard

L’eversione non ha bisogno di girare una singola sequenza, e nasconde tra le righe una chiamata alle armi magnificamente pericolosa. Ancora il cinema di un tipo poco raccomandabile, in concorso

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I libri illustrati di solito si usano per i bambini, per chi sta appena iniziando a leggere, imparando il linguaggio (anche se le parole non saranno mai un linguaggio). Per questo funzionano i remakes (o rim(ak)es): per gli sguardi che non hanno mai visto l’originale. Quanti sono i remakes possibili della histoire du cinéma?
Dice Godard: la condanna degli uomini è che avranno sempre bisogno di dita per pensare (il pensiero è touch screen). Finito di contare fino a dieci, non puoi che ripartire dall’uno: riazzeriamo, allora. Il codice del digitale, d’altronde, va da 0 a 1 e non oltre. L’immagine primaria è quella della bomba, o quella di tutte le bombe, di tutte le esplosioni mai filmate, dall’atomica a Kiss me deadly agli attentati dell’Isis, il sacrificio di ogni essere umano sulla Terra ripreso dal cinema, e finito magicamente nella voce di Godard che sullo schermo nero all’ultima pagina di questo livre d’image stenta, dolorante, quasi urla lo sforzo del doversi ancora esprimere mentre si affastellano una sopra l’altra le piste audio con le mille citazioni strascicate in quel suo tono catarroso, gli epigrammi, le profezie e gli immancabili slogan.
Ci chiediamo come, nell’oscurità totale, colori di questa intensità emergano tra di noi. Se la voce sembra sempre di più emergere dal buio, i mille frammenti rigiocati da Godard per questo archivio infinito paiono al contempo voler tendere verso l’oscurità, quasi stare per sprofondare nello schermo nero a furia di venire slabbrati, riformattati, letteralmente grattati via dal quadro originario, ridotto alla qualità difficilmente intellegibile di una vhs troppe volte riutilizzata. Che cosa succede alla memoria del cinema e dei film (Rossellini, Ophuls, Ray, Straub ecc ecc)? Solo nel frammento può risiedere l’autenticità, interviene Brecht, ma cosa ci ha ridotto in frammenti?

La guerre est là: la guerra è il remake originale che fa distogliere lo sguardo al dispositivo, l’unico taglio di montaggio possibile sullo sterminio, e stavolta per rigirarla non devi neanche più arruolarti lontano da casa, tutto quello di cui hai bisogno per combattere lo trovi e lo puoi imparare nel mondo digitale, quella stessa libreria virtuale che è diventata ormai il luogo deputato su cui tramandare il culto di JLG, recuperare e condividere i suoi ultimi film invisibili e partecipare all’adorazione perpetua per il regista ad opera della cinefilia hardcore dell’internet.
Ed allora Godard, al quale tra le tante pratiche tenute a battesimo si può aggiungere appunto anche quella della paternità del videoessay o del mash up come lo intende la rete, compie conseguentemente un salto concettuale abissale al di là della benedetta provocazione, indicando con precisione nei realizzatori dei video di propaganda del terrorismo mediorientale gli ultimi sperimentatori del linguaggio, forse la nouvelle vague definitiva, sparpagliata anonima e clandestina negli anfratti disumani del web.
Con una ricerca di un paio d’ore oggi puoi ritrovarti sulla timeline del tuo progetto di montaggio l’intera storia del cinema insieme a centinaia di filmati proibiti di attentati, uccisioni e violenza: ma o quest’apocalisse si trasforma in una nuova armata, o si muore, dice JLG che qui disegna una vera e propria, sconvolgente mappa dell’immaginario arabo tra cinema, letteratura e la bassa frequenza del web terrorista.

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E’ per questo che il gesto godardiano dimostra ancora una volta di mantenere una potenza incendiaria intatta, e puntualmente rinnovata: Le livre d’image porta avanti la propria eversione senza bisogno di girare una singola sequenza, e nasconde tra le righe una chiamata alle armi magnificamente pericolosa. Ancora una volta, il cinema di un tipo poco raccomandabile. Come per il target dei remakes e quello dei libri illustrati, c’è solo da sperare che l’ordigno finisca nella mani di sguardi vergini: posso solo immaginare la sensazione di un adolescente che vede Le Livre d’Image come primo Godard, la voglia necessaria che deve scattare in lui di mettersi a scaricare online tutti i materiali per costruire la sua piccola bomba filmica artigianale, e di partire per la battaglia con in mano il suo smartphone (se lo videochiami, JLG risponde), come quella storia di Mohsen Makhmalbaf che vede uno dei primi film di Amir Naderi al cinema ed esce dalla sala con la convinzione ardente di andare a procurarsi un’arma e iniziare una rivoluzione.
E se è vero che non si è mai abbastanza tristi da riuscire a salvare il mondo, quantomeno ricordati di salvare quanto sei riuscito a ricostruirne dopo il rogo, cliccando su “salva” nel menu del tuo software di editing, con quello stesso puntatore a forma di indice che sembra tanto indicare l’uno.

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