#Cannes2019 – Buscetta secondo Bellocchio. Incontro con il regista e Pierfrancesco Favino

A dieci anni da Vincere, il regista torna in concorso con un film sulla vita del pentito di mafia Tommaso Buscetta. Ne parlano lui e il protagonista

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È stato acocolto molto bene Il traditore sulla Croisette. Lunghi applausi e positivi riscontri dalla stampa estera. Marco Bellocchio torna in concorso a Cannes a dieci anni da Vincere con Il traditore, ispirato alla figura del pentito Tommaso Buscetta. Ed è proprio il regista che lo descrive legandolo al titolo: “Il protagonista è un traditore. Lo è rispetto a Cosa Nostra, la tradizione, il passato, la famiglia a cui era affiliato. Tradire per Buscetta è stata una scelta molto dolorosa. Non è stato un eroe ma un uomo molto coraggioso che ha voluto salvare la propria vita e quella della sua famiglia. E ha avuto anche una nostalgia per una mafia che lo ha battezzato ma in cui non si è più riiconosciuto. Alcuni traditori sono stati rivoluzionari. Come Che Guevara o Lenin. Buscetta invece non lo era”. Poi sulla sua personalità: “Tutti quelli che lo hanno conosciuto hanno parlato di un una figura dalla forte identità. Che non aveva il complesso della propria ignoranza. Solo quando si è sentito solo, si è come scusato della sua poca cultura. Ha avuto anche un istinto nobile; non è voluto morire e non lo ha fatto per rivoluzionare la società. E la sua teatralità molto costruita è stata la cosa che mi ha maggiormente colpito”.

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Parla poi dei ricordi che ha avuto quando era arrivato in Italia il 15 luglio 1984. “Arrivava quest’uomo misterioso dal Brasile. Si sapeva che certa mafia aveva ucciso alcuni dei suoi familiari. La notizia di Buscetta che scendeva dall’aereo dell’Alitalia era da prima pagina. Il valore del suo tradimento si è capito soltanto dopo. E il maxi-processo ha rappresentato comunque una vittoria parziale dello Stato contro la mafia“. Sui film sulla mafia che possono aver ispirato Il traditore: “Vabbé, Il Padrino lo conosciamo tutti. Certamente il rischio di voler fare una cosa per forza diversa è un errore. Non bisogna infatti pensare di nnon fare quello che è stato già fatto”.

Pierfrancesco Favino, nei panni di Buscetta, parla di come si è avvicinato al personaggio: “Sono stato attratto da molti aspetti. Innanzitutto Buscetta è stata una figura che si è costruito la propria memoria. Quindi mi sono chiesto: dove vado a cercare quelle cose che non si sanno su di lui? Ho fatto quindi delle ricerche e ho parlato con molte persone. E ho osservato piccoli dettagli: lo smalto sulle unghie e la sua lingua. A seconda della persona con cui parlava, cambiava atteggiamento. È stato un grandissimo attore che non ha studiato molto bene. Ha cambiato spesso faccia. C’è stata in lui una vanità e un desiderio di non essere se stesso. E lo ha fatto già prima dei suoi problemi con la giustizia”. Sulla sua immagine: “È stata forte: il gangster anni ’50, il playboy, il grande giocatore. Da Julio Iglesias a Maradona”.

Chiude poi Bellocchio con una frase lapidaria sui modelli d’ispirazione: “L’artista è un ladro. Non solo il regista ma anche gli altri artisti”.

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