Christian Bale, la fuga dallo 'psycho' eclettismo
Fiato appesantito dal sigaro mentre si sistema allo specchio i pochi capelli incollandoci sopra in modo goffo uno sciatto parrucchino. E' la prima scena di American Hustle e lui, 40 anni il prossimo 30 gennaio, è l'abile truffatore Irving Rosenfeld. L'ennesimo capolavoro di un attore passato dal perfetto 'psycho' eclettismo degli esordi, alla maturità di un classicismo fiero e dolente.
La consacrazione di Christian Bale, nato in Galles ma con un'adolescenza vissuta in diversi paesi per la professione di pilota d'aerei del padre, arriva all'inizio alla fine degli anni '90 dopo l'esordio alla corte di Spielberg e una promettente carriera come giovanissimo attore di talento. Nel 1998 interpreta il ruolo di un giornalista nel film di Todd Haynes Velvet Goldmine. La svolta arriva con American Psycho del 2000 diretto da Mary Harron e ispirato al romanzo di Bret Easton Ellis. Tutta la plasticità di una recitazione (per non parlare del fisico) camaleontica esplode nel ruolo di Patrick Bateman, yuppie dalle mani insanguinate. E' il trampolino di lancio, per Hollywood Bale è affidabile anche lì dove la maschera e il mestire possono non bastare e serve quella coraggiosa follia capace di trascinare lo spettatore nei meandri profondi dell'ossessione più sanguinaria. Lo stesso anno Bale sposa Sandra 'Sibi' Blazic, produttrice di film indipendenti che in passato ha lavorato come modella. E cinque anni dopo arriverà la piccola Emmaline.
Il lato oscuro del Wayne/Batman riletto da Nolan è la catalizzazione cinematografica del fumetto. Bale è in questo processo superlativo. Se poi pensiamo che tra un episodio e l'altro della saga anella due film indipendenti assai controversi: Harsh Times – i giorni dell'odio di David Ayer, anche prodotto da Bale e L'alba della libertà, diretto da Werner Herzog. Bale torna a dimagrire ancora una volta per interpretare un pilota catturato in Laos alla vigilia della guerra del Vietnam. Ci mette tutto l'impegno possibile per seguire l'estro del geniale regista tedesco, qui però in un esercizio narrativo poco riuscito. Nolan torna a bussare alla porta. Questa volta l'impegno è per The Prestige. "Nolan è sempre stato attratto dal meccanismo perfetto – osserva Carlo Valeri nella recensione del film di Sentieri Selvaggi – dalla scrittura avvolgente ed ellittica, da una certa sensibilità psicologica. Il suo è un cinema pieno di consapevolezza, innegabilmente audace e attento a mantenere un marchio personale". Un modo di 'vedere' di Nolan simile a quello di 'essere' davanti la macchina da presa di Bale. Uno specchiarsi che lega i due e fa pensare a quanto l'attore galles riesca dove altri suoi colleghi hanno fallito, ovvero nel far funzionare (senza incepparli) i meccanismi del cinema di Nolan. Ci vuole quel gran regista di Michael Mann e il suo Nemico pubblico per far capire a tutti che Bale è sempre stato Melvin Purvis e non può essere certo Dillinger. Ma qualcosa sta cambiando nel suo modo di vivere la scena.
Ci voleva il personaggio dell'ex pugile Dicky Eklund in The Fighter di David O. Russell ormai mangiato dalle 'pasticche' per far vincere a Bale l'Oscar come attore non protagonista nel 2011. Paradossalmente uno dei ruoli dove appare meno il suo lavoro sui 'nervi' del personaggio. Viene meno il controllo, è dimagrito come da manuale, e in preda ad un sacro vortice che lo rende una scheggia impazzita sullo schermo, come i balletti sul ring che mima guardando un vecchio match in televisione. Ma Bale convince l'Academy e risce lì dove in parecchi dei suoi coentanei hanno ancorta una casella vuota. C'è anche il tempo per l'ultimo, l'ha dichiarato recentemente in più di un'intervista, capitolo della saga di Batman, il cavaliere oscuro-il ritorno.
Prima di riprendere la collaborazione con David O. Russull per American Hustle, Bale ci regala un personaggio scolpito nella roccia in Out of the Furnace di Scott Cooper, passato all'ultimo Festival di Roma. Un corpo quello di Bale, come ha saggiamente già intravisto da Sergio Sozzo "intriso di un classicismo fiero e dolente". Anche qui due fratelli in una vivida storia della provincia americana: dove la fabbrica è mangiatrice di vite, come la guerra in Afghanistan del futuro di un'intera generazione. E Christian Bale crea una delle migliori interpretazioni della sua carriera. Si lascia alla spalle il suo perfetto eclettismo per mettere radici in un cinema americano profodondamente legato al passato. Aspro, ruvido e poco incline alla superficie edulcorata del presente. Un'umanità (ancora) dal cuore selvaggio. E' la prova della maturità, si usa dire in questi casi. Buon compleanno Mr. Bale.