Competencia oficial, di Mariano Cohn e Gastón Duprat

Cohn e Duprat tornano a Venezia con una commedia esilarante, interpretata da Penelope Cruz ed Antonio Banderas, in una storia che fotografa in due modi antitetici il mondo dell’arte. Concorso.

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Una delle soluzioni standard nello schema della commedia, e del cinema tout court a dire il vero, consiste nel mettere a confronto due caratteri antitetici, portatori di una visione del mondo agli antipodi. È quanto provano a fare Mariano Cohn e Gastón Duprat in Competencia oficial, che avvisa sin dal titolo sul movimento portante della storia, due attori di formazione opposta, il divo hollywoodiano Félix (Antonio Banderas) ed il polveroso attore di teatro impegnato Iván (Oscar Martínez), impegnati sullo stesso set di un film commissionato da un miliardario in cerca di riconoscimento postumo, dopo una vita passata nell’anonima ricchezza nel campo farmaceutico. A dirigere l’opera, tratta da un famoso romanzo, Rivalidad, è la regista Lola Cuevas (Penélope Cruz), personaggio eccentrico con dei metodi di lavoro inusuali ai limiti dell’assurdo per puntigliosità e periglio. Ma tutti i caratteri dei tre protagonisti sono esecerbati fino a toccare punte di ridicolo vocale ed espressivo, soprattutto nella prima parte, dove la commedia raggiunge il suo culmine, per poi sganciarsi verso un finale più riflessivo e contenuto, e chiudere il cerchio di una sfida giocata senza esclusione di colpi, nascosta nel fragore delle risate e nel disprezzo reciproco.

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L’antagonismo giocato attorno alle figure centrali, chiamati ad interpretare due fratelli che si detestano, è il modello finito di un tema ideale sul mondo dell’arte, diviso tra una realtà fatta di riflettori e riconoscimenti pubblici, misurata dal successo economico, ed una strada di abnegazione sopra ideali irrinunciabili, ed il soldo considerato nemico della creatività. Un dilemma tanto più notevole nel cinema spaccato da slanci autoriali ed una natura produttiva industriale al quale fare rapporto. Competencia oficial ovviamente gioca le sue carte migliori dal lato delle ottime performance attoriali, sulla mimica dei corpi sorretta da battute da un repertorio comico fuori controllo, di genere macchiettistico, si affida in prevalenza alle parole, mentre concede poco dal punto di vista visivo. Poco conta. L’affiatamento recitativo è evidente, la flessione semmai arriva al momento di prendersi sul serio, legata probabilmente ad un’amarezza inevitabile, ad una risata destinata a morire in gola. La coppia Cohn-Duprat torna a Venezia, in Concorso, dopo il riconoscimento ottenuto nel 2016 con Il cittadino illustre, premiato con la Coppa Volpi al protagonista maschile Oscar Martínez.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.2

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
2.22 (9 voti)
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