FESTIVAL DI ROMA 2013 – Incontro con Andrei Gruzsniczki e il cast di “Quod Erat Demonstrandum”

Andrei Gruzsniczki
Attraverso le storie di tre personaggi che tirano le somme della loro vita, Quod Erat Demonstrandum ritorna alla Romania di Ceausescu e racconta tutto il grigiore di un’epoca, esaltato dalla scelta del bianco e nero. Accompagnato dai protagonisti della pellicola, il regista rumeno Andrei Gruzsniczki parla del suo secondo lungometraggio

 

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Andrei Gruzsniczki Attraverso le storie di tre personaggi che tirano le somme della loro vita, Quod Erat Demonstrandum ritorna alla Romania di Ceausescu e racconta tutto il grigiore di un’epoca, esaltato dalla scelta del bianco e nero. Accompagnato dai protagonisti della pellicola, il regista rumeno Andrei Gruzsniczki parla del suo secondo lungometraggio, in concorso all’ottava edizione del Festival di Roma
 
 
Quod Erat Demonstrandum è girato in bianco e nero. I toni grigi del film sembrano voler rappresentare il grigiore dell’epoca Ceausescu, quando in una realtà dove la metà del paese spiava l’altra metà sono andati perduti energia, talenti, idee…
Andrei Gruzsniczki – All’epoca di Ceausescu avevo una ventina di anni. Ho scelto il bianco e nero per rappresentare il grigiore di quell’epoca. Tutto era grigio, palazzi, vestiti, strade e grigio era anche il volto delle persone. Il grigio è la prima cosa che vedo quando ricordo quell’epoca. A casa e con gli amici c’erano momenti di allegria, ma per strada il grigio dominava su tutto. C’era la sensazione che nulla poteva cambiare e che per sempre il grigiore ci avrebbe circondato. Alla fine non è andata così.
 
 
 
Il socialismo è stato del tutto negativo?
Andrei Gruzsniczki – All’epoca non mi piaceva per niente, non potevamo fare nulla, nemmeno viaggiare. E’ di questo che parla il mio film. Ceausescu era deciso a tenerci tutti prigionieri, eravamo intrappolati in Romania. Poi spesso c’erano problemi anche per trovare cibo. Quod Erat Demonstrandum prende il via da una storia vera, quella di una persona che, dopo aver lasciato la Romania illegalmente, ha dovuto aspettare due anni perché la famiglia potesse raggiungerlo. E all’estero, per questa persona non è andato meglio, anche l’Occidente aveva grossi problemi. Ha dovuto rinunciare alla sua carriera d’architetto. Mentre per i figli è stato molto meglio partire.
 
 
I fatti del 1989 non sono poi così lontani. In Romania c’è stata una vera e propria rivoluzione. Oggi, in termini di rielaborazione artistica, come si lavora sulla memoria di quanto è accaduto?
Florin Piersic jr. – Sono abbastanza grande per conoscere l’era Ceausescu. Allora in tanti volevano fuggire, ricordo che cercavano di attraversare i fiumi a nuoto e spesso venivano uccisi. Nell’'88 abbiamo ottenuto un visto per andare in Canada. Con mia madre parlavamo della possibilità di iniziare una nuova vita mentre eravamo seduti nel bagno, sussurrandoci le cose all’orecchio con l’acqua accesa per il terrore che ci fossero microfoni in casa. Questo film racconta alla perfezione quell’epoca. Non c’era pubblicità, non c’erano luci. Non c’era nulla. Chi girava per strada con una videocassetta veniva guardato male perché ritenuto un privilegiato. Mi ricordo di aver visto guardai All that jazz almeno 50 volte, perché era l’unico film che avevo. In tv non c’era nulla, solo un’ora di notizie sempre uguali. Oggi ci sono persone che rimpiangono quell’epoca perché il capitalismo è una bestia difficile da gestire. Ma se siamo qui oggi con questo film è perché è successo qualcosa d’importante nell’'89. Penso sia questo uno dei messaggio di Quod Erat Demonstrandum.
 
Ofeli Popii – Nell’'89 avevo 13 anni. Mi ricordo la rivoluzione come un momento di gioia. Mia mamma ci mise sotto al tavolo, iniziò a giocare con e ci disse che fuori c’erano i fuochi d’artificio. Un uomo armato si è poi presentato alla porta e ha puntato una pistola contro mio padre dicendo che in casa nascondevamo un terrorista. All’epoca l’ho vissuto come un gioco, ma oggi mi rendo conto quanto mia madre sia stata coraggiosa. Per questo trovo molto triste che oggi alcune persone affermino che si stava meglio sotto il comunismo. E’ importante ricordare la rivoluzione, per le persone che sono morte, per i sogni e i progetti che sono ancora da realizzare. 
 
 
In Quod Erat Demonstrandum tutti tentano di tradire tutti per trarne un qualche vantaggio. Ma non accade lo stesso anche oggincon il capitalismo?
Andrei Gruzsniczki – Sì, è vero. Non è cambiato nulla in fondo. All’epoca tutti tradivano per avere privilegi. Oggi tradiamo per denaro o per cose materiali.
 
 
Senza giudicare o drammatizzare, Quod Erat Demonstrandum adotta uno sguardo dall’interno delle vite, delle persone. I protagonisti appartengono ad una classe in qualche modo più agiata, borghese, si tratta di intellettuali. Perché ha sceltoquesta chiave per raccontare un periodo così complesso?
 
Andrei Gruzsniczki – In realtà la differenza tra intellettuali e operai era vera solo in teoria. Spesso gli operai guadagnavamo molto di più della classe “intellettuale”. Il comunismo ha cercato l’uguaglianza e, almeno in questo, ci è riuscito. All’epoca ero studente al Politecnico. Studiavo ingegneria elettronica. In Quod Erat Demonstrandum ho semplicemente raccontato quello che è successo ai miei colleghi dopo il 1990. Non è che la nostra fosse una vita molto felice. Dopo il 1990 la maggior parte dei miei colleghi se ne è andata dalla Romania. Ed è a loro che pensato a loro scrivendo la sceneggiatura. Ecco il perché della scelta di questa classe sociale, perché si tratta di persone che ho davvero conosciuto.
 
 
Dove si collocherebbe nel panorama vitalissimo del cinema romeno?
Andrei Gruzsniczki – Non lo so. Preferisco non chiudermi in correnti o movimenti. A me interessa solo parlare delle persone, dei loro sentimenti e delle loro reazioni in situazioni inaspettate.

 

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