“Incident at Loch Ness”, di Zak Penn & Werner Herzog

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Il film dell’orrore di Werner Herzog è realizzato dal cineasta guardandoci negli occhi attraverso lo schermo. D’altra parte, la strada che da Incident at Loch Ness porta al grido “abbassa l’arma” con cui la Road to Nowhere di Hellman si chiude, passa inevitabilmente dallo “shoot him” che sta per sparagli/riprendilo che spesso rimbomba in Diary of the Dead di George A Romero. Venerdi 22 ottobre per UNKNOWN PLEASURES (2), Sentieri Selvaggi, via Botta 19 a Roma. INGRESSO GRATUITO

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werner herzog incident at loch ness“Non è mai stata mia intenzione trovare il mostro, quindi filmarlo è stato stranamente insoddisfacente. Ha messo in discussione non solo quest'esperienza ma molte cose che ho fatto in precedenza. Mi ha fatto meravigliare di quello cui sono stato dietro. Tutto questo dramma, questo dolore per catturare pochi momenti di luce su una striscia di celluloide. La verità non sembrava estatica…sembrava volgare e senza senso.”

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A credere che Werner Herzog non faccia maledettamente sul serio anche quando scherzi (si veda l’ultimo dittico veneziano o Encounters at the end of the world) si commetterebbe la stessa immane leggerezza del pensare che il credit “diretto da Zak Penn” sui titoli di coda di questo film non abbia a conti fatti lo stesso senso del “diretto da Mitchell Haven” che apre invece l’ultimo vicino-lontano Road to Nowhere di Monte Hellman: d’altra parte, la strada che da Incident at Loch Ness porta al grido “abbassa l’arma” con cui il saggio di Hellman si chiude passa inevitabilmente dallo “shoot him” che sta per sparagli/riprendilo che spesso rimbomba in Diary of the Dead di George A Romero (il quale dal frammento finale dell’esperimento di Herzog/Penn muta l’idea portante nel suo strepitoso diary del commento off a posteriori sulle immagini che ritornano al rallentatore). “Riuscite a capire cosa sia vero e cosa no?” chiede Werner allo spettatore, guardando in macchina, mentre il produttore di “Enigma of Loch Ness” Zak Penn discute animatamente con un esperto criptozoologo, consulente scientifico del documentario sul mostro del lago che il regista ha accettato di girare, e che si è rivelato essere un attore pagato per interpretare la parte del cervellone sciroccato.  Rivisto oggi, Incident at Loch Ness è il film che svela i meccanismi dell’ultimo Herzog, quantomeno da Wild Blue Yonder a Grizzly Man: “Continuo a chiedermi perché così tanti americani vengano rapiti dagli alieni. Non solo li incontrano, ma vengono proprio rapiti. Perché non abbiamo mai sentito di una donna rapita in Etiopia? Perchéwerner herzog incident at loch ness non abbiamo mai sentito di nessuno rapito in Bangladesh o in Nigeria? Sono sempre stato interessato alla differenza tra i fatti e la verità. E ho sempre percepito che ci fosse qualcosa come una verità più profonda. Esiste nel mondo del cinema, e la chiamerò la ‘verità estatica’. Così c'è un'estasi in coloro che sono stati rapiti, e deve avere a che fare con i nostri desideri collettivi, i nostri sogni collettivi.” Poi, certo, c’è anche il versante delirante/grottesco, con Zak Penn, sceneggiatore e produttore hollywoodiano di filmoni sui supereroi, che cerca di dare una ‘marcia in più’ al ‘suo’ film di Herzog infilandoci sedicenti procacissime esperte di sonar in bikini succinti, e improbabili pupazzi galleggianti di Nessie telecomandati, e che al rifiuto di Werner di riprendere questa roba tenta di costringerlo puntandogli contro una pistola urlando “come ci si sente a stare dall’altra parte del mirino?”. Ma decisamente più interessante è la riflessione sull’infilmabilità del mostro che il film mette in atto nella sua ultima, esaltante mezz’ora, e che manda dritti a letto senza cena i sostenitori di una pellicola minima com’era il di molto successivo Cloverfield di Matt Reeves. Il film dell’orrore di Werner Herzog è realizzato dal cineasta guardandoci negli occhi attraverso lo schermo. D’altra parte un direttore della fotografia, com’è noto, “non può essere un codardo”.

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