Inferno rosso. Joe D’Amato sulla via dell’eccesso, di Manlio Gomarasca e Massimiliano Zanin

Joe D’amato è il protagonista del documentario di Manlio Gomarasca e Massimiliano Zanin, presentato da Nicolas Winding Refn e presente tra le proiezioni speciali del festival

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Presente tra le proiezioni speciali di quest’edizione il documentario di Manlio Gomarasca e Massimiliano Zanin ripercorre l’intera vita cinematografica dell’instancabile Aristide Massacesi, in arte Joe D’Amato. Una macchina da presa umana da più di 200 film in carriera. Nato tra le luci e le attrezzature del nonno e i reparti di fotografia di Renoir, De Sica e Godard, si è dedicato interamente al cinema che alla fine gli volterà le spalle. Eppure Joe D’Amato è stata una vera e propria “Supernova” del cinema, o almeno così è come lo presenta Nicolas Winding Refn prima dei titoli di testa. Un uomo che probabilmente sarebbe diventato più famoso, a detta della moglie, continuando la carriera come direttore della fotografia e che invece ha deciso di diventare un artigiano del cinema. Incompreso in Italia e maggiormente apprezzato all’estero, è riuscito a dare delle solidissime basi al cinema di genere di tutto il mondo, influenzando anche Quentin Tarantino ed Eli Roth, presente tra gli intervistati.

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Un regista del popolo che cercava di dare al pubblico quello che voleva senza alcuna ipocrisia, riuscendo a raggiungere anche quella parte di spettatori un po’ più intellettuali che nei suoi film trovava quella vena sperimentale e ribelle che mai ci si sarebbe aspettati in un’Italia ancora profondamente bigotta. Senza seguire le luci della ribalta, ha ricreato nel nostro paese una factory di stampo cormaniana, piena zeppa di talenti come Michele Soavi. E che ha contribuito alla creazione di nuovi generi cinematografici mescolandoli tra di loro e mettendo da parte l’edonismo di prodotti come l’Emmanuelle del 1974, concentrandosi sempre di più sulla carnalità, la violenza e le pulsioni erotiche che erano sempre rimaste in superfice. Dopo l’arrivo di D’Amato i corpi vengono smembrati, martoriati e trattati come materia plastica per lo scopo più genuino e nobile del cinema, il nudo e crudo intrattenimento restituito con litri e litri di sangue, corpi scultorei e uno stile sporco e diretto che bene viene restituito anche dal documentario del duo Gomarasca-Zanin che racconta non solo l’uomo disposto a tutto pur di colpire e scioccare il suo pubblico, ma anche e soprattutto il folle che nella perseveranza e nella totale dedizione alla materia ha trovato libertà e vita. Una vita, artistica, che gli è stata tolta solo nel momento in cui è dovuto scendere a compromessi per diventare il “re del porno italiano”, definizione che lo stesso D’Amato odiava. Ed è questa la lezione in assoluto più importante che ci lascia questo documentario e una figura come quella di Massacesi. Imparare, nonostante tutto, a bucare l’epidermide e scavare fino in fondo anche a costo di sporcarsi le mani, pur di trovare la propria felicità e allontanare così qualsiasi inferno a luci rosse.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
5 (1 voto)
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