La Berlinale risponde alle accuse di antisemitismo

Si è da poco conclusa la 74esima edizione del Festival di Berlino e alcuni dei vincitori hanno espresso il loro sostegno alla Palestina, innescando una serie di accuse di antisemitismo

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Il 25 febbraio si è concluso il 74esimo Festival del Cinema di Berlino, con un coda di polemiche e discussioni sul conflitto israelo-palestinese. Subito dopo la cerimonia di premiazione della Berlinale, numerosi media tedeschi e personaggi politici hanno espresso il loro dissenso sulle dichiarazioni di alcuni vincitori, contrarie alla condotta di Israele nella guerra in Medio Oriente.

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I registi di No Other Land sono stati definiti antisemiti per aver pronunciato parole forti sulla guerra a Gaza durante la cerimonia di premiazione. Il documentario, una coproduzione israelo-palestinese diretta dall’attivista palestinese Basel Adra e dal giornalista israeliano Yuval Abraham, si è aggiudicato il Documentary Film Award. Sul palco i cineasti hanno esposto le loro riflessioni sul massacro e hanno chiesto di fermare l’invio di armi a Israele.

Abraham, in particolare, ha affermato: “Siamo entrambi di fronte a voi. Abbiamo la stessa età. Io sono israeliano, Basel è palestinese. E tra due giorni torneremo in una terra dove non siamo uguali“.
Anche Mati Diop ha fatto sentire la sua voce sul palco. La vincitrice dell’Orso d’Oro con Dahomey, ha dichiara: “Io sto dalla parte della Palestina“.

È stata poi la volta della regista americana Eliza Hittman, la quale ha pregato di cessare il fuoco a Gaza. “Sono una regista ebrea e ho vinto l’Orso d’argento nel 2020, è importante per me essere qui“, afferma la cineasta. “Non esiste una guerra giusta, e più le persone cercano di convincersi che c’è una guerra giusta, più commettono un grottesco atto di autoinganno“.

I discorsi di Abraham e Adra sono stati criticati dal sindaco di Berlino, Kai Wegner, del partito dell’Unione Cristiano-Democratica, il quale su X scrive: “L’antisemitismo non ha posto a Berlino, e questo vale anche per la scena artistica. Mi aspetto che la nuova direzione della Berlinale faccia in modo che tali incidenti non si ripetano“.

La Berlinale si è vista, dunque, alle strette con l’accusa di diffondere l’antisemitismo. Ma, più in generale, sui social numerosi utenti hanno mosso le loro critiche verso l’organizzazione del Festival. “Vigliacco e patetico. Se la Berlinale non è in grado di difendere a gran voce l’opposizione dei suoi registi a un genocidio in corso, allora qual è lo scopo della Berlinale?

La Berlinale ha deciso così di prendere posizione sugli attuali conflitti in Medio Oriente, precisando che le dichiarazioni attiviste dei vincitori sono il frutto di opinioni personali e legittime. In una dichiarazione di apertura, la direttrice esecutiva della Berlinale, Mariëtte Rissenbeek ha condannato l’attacco omicida di Hamas del 7 ottobre, chiedendo il rilascio degli ostaggi e ricordando la sofferenza delle vittime in Israele e a Gaza.

Comprendiamo l’indignazione per il fatto che le dichiarazioni di alcuni vincitori del premio siano state percepite come troppo unilaterali e, in alcuni casi, inappropriate. Tuttavia, la Berlinale si considera – oggi come in passato – come una piattaforma per il dialogo aperto tra culture e paesi. Dobbiamo quindi tollerare anche opinioni e dichiarazioni che contraddicono le nostre stesse opinioni, purché tali dichiarazioni non discriminino persone o gruppi di persone in modo razzista o oltrepassino i limiti legali”.

Come se non bastasse, poco dopo la cerimonia di premiazione, è stato violato il canale Instagram della sezione Panorama della Berlinale. Sono stati pubblicati nella piattaforma social, immagini e testi antisemiti riguardanti la guerra in Medio Oriente con il logo del Festival. Uno dei post recitava: “Dal nostro passato nazista irrisolto al nostro presente genocida, siamo sempre stati dalla parte sbagliata della storia. Ma non è troppo tardi per cambiare il nostro futuro“.

Messaggi che a moltissime persone sono sembrati autentici, poiché realizzati con una grafica simile all’identità ufficiale del festival (colori, il logo dell’orso, font). La prima slide della galleria recitava: “Genocide is genocide. We are all complicit“.

I post sono stati prontamente cancellati dalla Berlinale ed è stata avviata un’indagine a riguardo.

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