LIBRI DI CINEMA – "Sangue nudo: Il cinema terminale di Hisayasu Sato"

Sangue nudoIl lavoro di Beniamino Biondi si conferma interessato alle produzioni sommerse della scena nipponica: nel caso specifico, l'autore preso in esame è uno specialista dei Pinku Eiga, territorio privilegiato per raccontare storie di alienazione con un approccio onirico-tecnologico, dove si rimarca in particolare il senso della rappresentazione e del punto di vista, alla ricerca del limite del visibile. Ed. L'Orecchio di Van Gogh.

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Sangue nudoSangue nudo: Il cinema terminale di Hisayasu Sato

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di Beniamino Biondi

Edizioni L'Orecchio di Van Gogh, 1a edizione Febbraio 2011

pp 80, 10 euro

 

La breve monografia su Hisayasu Sato precede di poco e, al contempo, integra il discorso affrontato da Beniamino Biondi con “Giappone Underground”: in entrambi i casi, infatti, lo scopo dello scrittore è dare visibilità e, al contempo, dignità critica alle produzioni sommerse della scena nipponica. Nel caso specifico, il nome preso in analisi è uno specialista dei Pinku Eiga, i mediometraggi erotici realizzati sin dagli anni Sessanta, che Hisayasu Sato ha scelto come territorio privilegiato per raccontare storie di alienazione con un approccio onirico-tecnologico: le vicende, infatti, vedono spesso in azione perversioni di vario tipo (che Biondi definisce efficacemente “scenario terminale”), dove si rimarca in particolare il senso della rappresentazione e del punto di vista attraverso fonti alternative (videocamere, film in Super8 e quant'altro – va ricordato che, a loro volta, i Pink Eiga sono realizzati in video e non in pellicola). Sebbene la produzione presa in analisi dal volume comprenda 50 film, realizzati tra il 1985 e il 2010, Sato è pressoché sconosciuto in Italia, dove nessuno dei suoi lavori ha trovato distribuzione, così come in Europa, dove il suo nome non è certo associato ai clamori provocati da uno Shinya Tsukamoto o – paragone forse più pertinente – a un Koji Wakamatsu. L'unico segno della sua esistenza è costituito da Naked Blood (1995), racconto di un giovane scienziato che inventa un siero in grado di inibire il dolore e, così facendo, scatena la pulsioni più profonde di tre ragazze: la prima inizia a praticare l'autoflagellazione come fonte di piacere; la seconda affonda nell'autocannibalismo e la terza, apparentemente meno incline agli eccessi, si rivela solo nel finale un'assassina. In mezzo, il voyeurismo del protagonista che riprende le tre ragazze, una madre che rievoca il marito scomparso e il rapporto fra l'assassina e un cactus, fonte di visioni oniriche. Il film, formalmente inedito, circola in versione sottotitolata in italiano.

 

Il lavoro di Biondi parte con una premessa critica che tende a inquadrare il lavoro di Sato in un ambito di genere, senza negargli la patente d'autore. Segue un breve excursus in tre parti dedicate ad altrettanti temi della filmografia del regista: la prima è sul rapporto tra il cinema di Sato e il reale (“Il cinesta giapponese, segnando la contaminazione fra verità del reale e realtà del virtuale, definisce un orizzonte ontologico incerto e debole di demarcazioni entro cui e oltre cui si collocano i livelli di irrealtà – o realtà virtuale – che imitano, rendendo nulla, la vita reale”). Il secondo è tutto sul concetto di rappresentazione nella società dello spettacolo e chiama in causa, naturalmente, l'insegnamento di Guy Debord, autentica chiave di lettura per accedere ai meccanismi evocati da Sato. L'ultima parte, infine, esplora l'ossessione di un mondo che cerca nella tecnologia una chiave di comprensione del reale, ma finisce per esprimere attraverso essa soltanto le proprie mancanze: forse il contributo più stimolante poiché chiama in causa anche il limite del visibile che l'opera dell'autore giapponese intende varcare attraverso la ferocia delle situazioni messe in scena, pur con budget ridotti e in tempi molto ristretti. In questa parte del volume, ritroviamo alcune pecche già evidenziate nella scrittura di Biondi, dai periodi troppo lunghi a un eccesso di tecnicismi accademici che comunque non smorzano l'efficacia dell'analisi: forse, però, sarebbe stato più opportuno demandare questi excursus alla seconda parte del volume, in modo da anticipare le note informative sulla carriera dell'autore, donando così un quadro più completo dell'argomento al lettore.

Conseguentemente, tutta la parte successiva del libro esplora film per film la carriera di Sato, dalle origini fino ai giorni nostri, eviscerandone i temi in modo molto interessante. Chiudono due interviste: la prima, realizzata in Francia, si concentra pressoché totalmente su Naked Blood (a testimonianza di come questo titolo sia più noto in Occidente), mentre la seconda, concessa in Giappone, esplora in maniera più allargata l'opera di Sato: due prospettive diverse su uno stesso autore, in grado perciò di risultare complementari e utili alla comprensione della sua poetica.

 

 

Indice

 

Premessa

Follia di simulacri:

I. Il cinema come entropia del reale

II. La società dello spettacolo e la fine delle illusioni

III. L'ossessione tecnologica e il limite del visibile nella rappresentazione

Visioni

Due interviste a Hisayasu Sato

Filmografia

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