Muovere il mouse col pensiero: col chip di Neuralink si può

La società di bioingegneria co-fondata nel 2016 da Elon Musk sta sviluppando un sistema capace di decodificare le intenzioni di movimento a partire dagli impulsi cerebrali

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Elon Musk ha creato il primo cyborg“. “Ci trascina nel mondo di Matrix. “No, è un pioniere che esplora le frontiere più misteriose e affascinanti: quella dello Spazio e, ora, quella della mente”. Tre brevi tweet per l’annuncio del primo impianto di un microchip nel cervello di un uomo con gli arti paralizzati, pubblicati su X.

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Neuralink, la società di bioingegneria co-fondata nel 2016 dal miliardario Elon Musk, sta sviluppando un sistema noto come interfaccia neurale (Brain-computer interface, o BCI), capace di decodificare le intenzioni di movimento a partire dagli impulsi cerebrali. L’obiettivo dell’azienda è quello di consentire alle persone paralizzate di controllare un cursore o una tastiera usando semplicemente il pensiero.

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E qui arriva il primo paziente, pronto a utilizzarlo. Noland Arbaugh ama gli scacchi. E dunque la prima dimostrazione registrata nel video è proprio una schermata del gioco degli scacchi su un pc, dove i pedoni vengono mossi dallo stesso paziente attraverso il pensiero. Vediamo il cursore spostarsi sul display senza che nessuno sfiori con le dita il touchpad. “Come un mago! In pratica, è come pensare di usare la forza sul cursore e sono in grado di muoverlo quando voglio. Devo solo fissare qualcosa sullo schermo”, dichiara Noland. Non appena ha avuto pieno controllo del sistema, dice di essere rimasto sveglio fino alle 6 del mattino per giocare a Civilization VI, videogioco che non poteva più usare in autonomia e di cui era un grande appassionato prima dell’incidente. Poi racconta che sta imparando nuove lingue straniere, il giapponese e un po’ di francese.

Il video mostra un primo documento sull’efficacia del sistema. Dieci minuti scarsi di riprese per mostrare al mondo – il post è stato visualizzato già oltre 45 milioni di volte – i progressi della prima sperimentazione umana di questo piccolissimo impianto composto da 64 fili, 1024 elettrodi e una batteria wireless che dovrebbe permettere a chi non ha più mobilità di tornare ad avere un’indipendenza perlomeno nell’interazione con smartphone e computer.

“È pazzesco. Ci sono ancora tante cose da fare, ma questo mi ha già cambiato la vita”, ha poi scherzato, sottolineando ironicamente di essere diventato “telecinetico”. Per Noland, dunque, questa nuova tecnologia è stata fondamentale per poter tornare a praticare molti dei suoi hobby. “Il motivo per cui ho aderito a questo progetto è che volevo far parte di qualcosa che penso cambierà il mondo“, ha confermato Noland Arbaugh.

Il dispositivo di Neuralink viene impiantato nel cervello mediante un robot chirurgico sviluppato dall’azienda e una volta posizionato è invisibile. L’azienda ha progettato un software che analizza gli impulsi cerebrali e li traduce in comandi in grado di controllare dispositivi esterni. Finora Neuralink non ha reso noto quante persone saranno arruolati nello studio, il luogo dove avverrà la sperimentazione o quali risultati verranno valutati. L’azienda non si è nemmeno registrata su ClinicalTrials.gov, un archivio online del governo statunitense che riporta informazioni sugli studi medici che coinvolgono soggetti umani.

Lo stesso Arbaugh ha fatto riferimento alle preoccupazioni sulla sicurezza del dispositivo: “Penso che non ci sia nulla di cui aver paura. L’intervento è stato facilissimo, sono stato dimesso dall’ospedale il giorno dopo”. L’uomo ha anche specificato di non aver avuto alcun problema cognitivo dopo la procedura. Questo, non è il primo caso: quello di Musk è molto probabilmente l’esperimento più avanzato e sofisticato, ma non l’unico nel campo dei neuro impianti. A parte i pazienti epilettici curati inserendo nel cervello sistemi che mandano segnali elettrici, in America ci sono almeno altre otto startup che stanno sviluppando tecnologie elettroniche cerebrali.

Noland Arbaugh ammette infine che il sistema non è ancora perfetto: “Abbiamo molto lavoro da fare, dobbiamo imparare ancora molto sul cervello e ci siamo trovati di fronte a dei problemi. Non voglio che le persone pensino che siamo alla fine del viaggio. Ma ha già cambiato la mia vita e voglio essere parte di qualcosa che sento che potrà cambiare il mondo. Non c’è niente di cui essere spaventati”.

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