Sceneggiature itineranti: Massimo Gaudioso alla Scuola di Cinema Sentieri selvaggi

Atmosfera familiare al Detour, la sala illuminata e calda, corsisti 'selvaggi' riuniti, giovani e meno giovani, cinefili, professionisti, profani, un gruppo eterogeneo legato dal filo della passione comune per il grande schermo. Due napoletani ai microfoni, il nostro Demetrio Salvi, spalla, l'uomo del seminario, e Massimo Gaudioso, sceneggiatore.

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Avete presente l'Imbalsamatore e Primo amore, di Matteo Garrone? Li avete visti e amati come me, magari pensando, al tempo, di essere uno dei pochi fortunati spettatori ad aver colto il loro  passaggio? Bene, sareste stati felici come me di esserci, all'ascolto di Massimo, di essere condotti da lui sul sentiero singolare della gestazione di questi film e della loro creazione 'selvaggia'. Avete presente quello che vi hanno insegnato, o avete orecchiato o immaginato su cosa voglia dire scrivere una sceneggiatura? Dall'idea ad un prodotto preconfezionato attraverso una scrittura di regole e tecnica, i tre atti, le scansioni temporali, le indicazioni puntuali per la regia e poi la realizzazione del girato e del montaggio con lo sceneggiatore che più o meno esce di scena per lasciare il passo al regista e ai tecnici? E avete anche presente le frustrazioni tipiche dello sceneggiatore che vede stravolti i suoi copioni e le sue intenzioni, quei contratti pieni di postille e di precauzioni rispetto al prodotto finale? Bene, dimenticate tutto per un attimo, aprite la mente al di là delle sovrastrutture e giocate ad immaginarvi un carrozzone cinematografico che si muove sul film come gli artisti di un circo. Accantonate l'industria ed entrate nell'ottica dell'artigianato.

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Partiamo da un Massimo Gaudioso bambino che manovra gli 8 mm e sogna quello che vuole fare da grande, sogna di costruire film fatti in casa in cui lui possa gestire tutto, scriverli, girarli, recitarli. Massimo ci racconta, con prosa amabile e spirito partenopeo, il suo  percorso professionale.  La difficoltà degli inizi amatoriali e squattrinati, sostenuti dall'inventiva e dalla volontà, la realizzazione di cortometraggi e la trafila dei festival, il passaggio ai lungometraggi e la sperimentazione di recitazione e regia (Il caricatore, La vita è una sola), l'approdo alla sceneggiatura come realtà a lui più confacente, la creazione di una sua dimensione artistica ed il sodalizio professionale con il regista Matteo Garrone.

Per Gaudioso la sceneggiatura attraversa trasversalmente il percorso di creazione filmica ed è una struttura flessibile in continua trasformazione. La sceneggiatura nasce semplicemente dal mondo. E' la vita reale a regalare le idee da trasformare in testo filmico. Nel caso della prima scrittura per Garrone, relativa al film Estate romana, si è trattato di una partenza contingente, una città impacchettata per un'opera di lifting architettonico e la presenza di un attore e di un'attrice depressi. Rispetto a  l'Imbalsamatore e a Primo Amore l'imput è stato fornito dalla cronaca nera, nel primo caso l'assassinio alla stazione termini di un nano implicato in loschi traffici di droga e prostituzione, nel secondo caso una giovane assassinata da uno psicopatico ossessionato dal rapporto con donne anoressiche. La cronaca viene però epurata dagli elementi più forti che la sostanziano e legata ad elementi nuovi che seguono una linea interpretativa e creano una storia. Ne l'Imbalsamatore vengono sottratti la droga e la prostituzione, aggiunti l'omosessualità e una connessione con la camorra che rende verosimile il mestiere affidato al protagonista (la camorra utilizza i cadaveri per trasportare la droga). Sulla suggestione de La bella e la bestia viene realizzata una favola noir che dipinge lo svolgersi di un dramma interiore basato sul dualismo estetico, sulla diversità, sulla gelosia, sulla gestazione dell'atto omicida.

Presa dimestichezza con l'idea da modellare le creazioni di Massimo Gaudioso e Matteo Garrone  cominciano a muoversi in maniera poco allineata con l'ortodossia. Matteo Garrone è legato ad una regia fortemente improntata agli elementi visivi. Il primo passo consiste quindi nell'individuare il luogo dove far svolgere e girare la storia. Per l'Imbalsamatore è stato scelto il Villaggio Coppola, nel napoletano, luogo legato alla camorra e ricco di suggestioni paesaggistiche ed umane, spazio al contempo fantastico e verosimile.


Il secondo passaggio consiste nell'individuazione dell'attore protagonista, e nell'insediamento del regista e di altri componenti dello staff artistico nei luoghi del film. Una stanzialità che permette di immergersi nella realtà e respirarla per trarne gli elementi con cui costruire la storia. Le idee visive e narrative nascono guardandosi intorno e parlando con la gente. Si delinea un abbozzo di copione che viene dato agli attori. Gli attori sono lasciati liberi di produrre la loro interpretazione del copione e dal girato delle loro improvvisazioni si rimaneggia continuamente la sceneggiatura e si riscrivono i dialoghi, che nel prodotto finale risultano di grande impatto ed efficacia. Nel caso di Primo Amore lo sceneggiatore e gli attori hanno costruito i dialoghi recitando le battute con una psicologa che forniva loro le risposte più aderenti alla struttura psicopatologica del protagonista.


Gaudioso è presente in tutte le fasi della realizzazione del film, montaggio compreso, e proprio in fase di montaggio la scrittura viene ancora rimaneggiata, realizzando praticamente una terza sceneggiatura. Scrittura viva, agita, sceneggiatura itinerante che nasce solo alla fine del film.

Il modello di lavoro che ci è stato raccontato da Massimo Gaudioso suggerisce l'idea di un'equipe integrata che sfrutta al meglio le diverse abilità umane e professionali. L'energia artistica fluisce liberamente tra tutti gli attori della creazione filmica e davvero la sensazione è che tutti facciano un po' tutto, come nei progetti del bambino Gaudioso. Crescendo e spostandosi dall'egocentrismo infantile il Gaudioso sceneggiatore ama però lavorare soprattutto insieme agli altri, confrontandosi in un gioco di squadra e di sinergie. E preferisce questo suo ruolo di battitore libero rispetto alla regia, che vincola maggiormente ad un'impostazione mentale  programmatica.


Quella delineata da Massimo sembra una sceneggiatura della complessa semplicità. Scrivere un film sembra come giocare con la plastilina, senza bisogno di neanche troppa professionalità. E sembra possibile rimanere fedele ai propri ideali e alla propria filosofia lavorativa, camminando senza svendite e castrazioni. I commenti in sala restano in linea con questa sferzata di  positività, si sente qualcuno dire "..bene, allora abbiamo qualche speranza anche noi…". Eppure se guardate l'Imbalsamatore o Primo amore non potete non pensare che dietro queste confezioni c'è dell'alta sartoria. La professionalità è indiscutibile, ma forse può essere leggera, creativa e personale, legata all'autenticità, all'emotività e alla passione e non solo qualcosa di tremendamente serio, tecnico e ansiogeno.


Massimo Gaudioso ci ha mostrato un professionista soddisfatto, un interprete originale del fare scrittura ed una persona umile. E piace immaginare che una tale umiltà, serena ed ironica, derivi da una giusta consapevolezza di sé, delle proprie risorse e dei propri limiti.


 


Marina Parziale


(allieva del Corso di Critica Cinematografica 2005/2006 della Scuola di Sentieri selvaggi)


 

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