SOCIAL MEDIA WEEK – Internet, attacco al potere. Il mondo dopo Wikileaks


Chi ha diritto, in termini strettamente giuridici, di condannare Assange? Qual è il pericolo reale della condivisione di informazioni in Rete per la sicurezza dei governi? È la trasparenza l’antidoto alla ricattabilità? A cosa siamo disposti a rinunciare, in termini di privacy? Sono alcune degli interrogativi sollevati dall’incontro tenutosi nella prima giornata del Festival della Rete

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Soacial Media WeekSi è aperta ieri l’edizione romana del Social Media Week, il Festival della Rete che fino all’11 febbraio coinvolgerà la Capitale e in contemporanea altre nove città nel mondo (New York, San Francisco, Londra, Parigi, San Paolo, Hong Kong, Toronto, Istanbul), con oltre 130 eventi gratuiti e 250 relatori per diffondere la conoscenza delle nuove potenzialità che la Rete e i social media sono in grado di offrire. Tra i primi appuntamenti l’incontro dedicato, sull’onda del terremoto Wikileaks, alla complessa questione dei limiti – in termini di privacy, responsabilità dei contenuti, sicurezza nazionale – alla condivisione delle informazioni in Rete. Ne hanno discusso Guido Scorza, avvocato e docente di informatica giuridica e diritto delle nuove tecnologie, Elizabeth Stark, docente di informatica all’Università di Yale, fondatrice dell’Harvard Free Culture Group e co-fondatrice dell’Open Video Alliance, Lilli Gruber, conduttrice di 8 e 1/2, Peter Sunde Kolmisoppi, co-fondatore di Pirate Bay e Flattr, e Luigi Montuori, responsabile del Dipartimento comunicazioni e reti telematiche del Garante per la Privacy.

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Se c’è una questione su cui si è molto lontani da fare chiarezza, da quando Julian Assange si è presentato agli uffici di Scotland Yard il 7 dicembre scorso, è la legittimità dei capi d’accusa relativi alla vicenda. Ne è convinto Guido Scorza, che nell’incontro di oggi ha riportato l’attenzione sul problema giurisdizionale, di non facile soluzione, che è sorto con l’arresto di Assange; mentre insomma si discute se ciò che fa Wikileaks possa essere contrario o meno alla legge, rimane irrisolta la questione più importante, cioè chi abbia davvero l’autorità di giudicare in merito. Persino negli Stati Uniti il dibattito, all’interno della dottrina, è ancora aperto, ha ricordato Elizabeth Stark, uno dei leader più attivi del movimento globale per il libero accesso alla Rete. La vicenda di Assange, ha sottolineato la Stark, ci ricorda che l’accesso alle informazioni – potenzialmente a ogni tipo di informazioni contenute in rete – è ancora, essenzialmente, un problema politico. Ciò che normalmente si richiede alla tecnologia web, mantenere un equilibrio tra esigenze potenzialmente opposte, massima libertà d’informazione da un lato, massimo rispetto della privacy dall’altro, acquista significato diverso, ha continuato Luigi Montuori, quando investe questioni direttamente connesse con la sicurezza dei governi o coperte da segreto di Stato. Al di là di quanto un fenomeno come Wikileaks possa costituire in termini di novità assoluta delle informazioni contenute (tra l’altro, Assange si è rivolto a quotidiani come The Guardian, New York Times ed El Pais per selezionare i contenuti da pubblicare), sono le modalità di accesso a fare la differenza. Modalità potenzialmente rivoluzionarie non solo in Cina o in Iran, ma anche in un paese come l’Italia dove, come ha ricordato Lilli Gruber, la maggior parte degli elettori decide ancora il proprio voto in base alle informazioni dei telegiornali delle tv generaliste. Internet si può spegnere, come è avvenuto in Egitto, dove è bastato agire su pochi provider. È per questo che, secondo Peter Sunde Kolmisoppi, co-fondatore di Pirate Bay e di Flattr (il sistema di microdonazioni che permette un finanziamento a qualsiasi produttore di contenuti in rete), è importante decentralizzare la Rete per garantire trasparenza e visibilità ed evitare che il tutto il traffico internet passi da pochi server in mano a un ristretto gruppo di provider. Oltre agli Isp, la decentralizzazione, secondo Sunde, deve riguardare anche i Dns: lui stesso sta lavorando a un progetto per creare un sistema Dns alternativo a quello attuale, gestito dall’ente non profit statunitense Icann.
 
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