#TFF37- Lontano Lontano: Incontro con Gianni Di Gregorio

La dimensione del viaggio e dell’accoglienza nel nuovo film di Gianni Di Gregorio. Protagonisti sono tre pensionati alla ricerca di una svolta nella vita. Ce ne ha parlato il regista al TFF37.

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Non è mai troppo tardi per dare una svolta alla propria vita. Lo sanno bene i protagonisti di Lontano lontano, il nuovo film di Gianni Di Gregorio, presentato al 37° Festival del Cinema di Torino nella sezione Festa Mobile.

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Attilio, Giorgetto e il Professore, interpretati da Di Gregorio stesso, Giorgio Colangeli e dal compianto Ennio Fantastichini, sono tre pensionati in cerca d’un cambiamento, alla volta di qualcosa di nuovo.

Ce ne ha parlato il regista, che torna ancora una volta a tematiche a lui care.

Ho voluto mettere in scena dei personaggi che provano a evadere dalla realtà. L’idea me l’ha data Matteo Garrone che mi ha detto «Gianni, devi fare un film su un pensionato povero! Solo tu, che sei l’esperto dei vecchietti puoi farlo!» E l’idea mi ha folgorato, effettivamente era in linea con la mia poetica“.

E se nel film la condizione di vecchiaia diviene il motore per ripartire, ci si domanda verso quale luogo possono andare questi tre signori erranti. E per Di Gregorio la risposta è da trovarsi a metà tra un’elemento biografico giocato tra stasi e moto e tra la volontà di trasmettere un messaggio eticamente giusto.

“Loro si mettono in movimento anche se non sanno verso dove, e questa mi sembra la cosa bella. Innovare, cercare di stare meglio, non abbandonare mai la speranza di migliorare se stessi. Mantenere la curiosità per la vita, il piacere della scoperta.”

Proprio come avviene a loro, che a conti fatti non sono interessati alla meta, quanto al muoversi: “è un viaggio senza navigatori, che stona un po’ con il mondo d’oggi. Tanto che la possibile meta poi ci sfugge in nome della tanto agognata svolta, che però paradossalmente è la rinuncia al partire per far sì che a realizzare il suo sogno sia un ragazzo clandestino. Una rinuncia senza tristezza, anzi, con la consapevolezza di chi lascia il testimone facendo una buona azione. Anche questo è lontano rispetto a ciò che avviene nella nostra società dove i giovani stentano a trovare una collocazione ed in cui noi adulti non cediamo mai il testimone.”

Ed è forse proprio questa spinta morale a far amare ancora di più i tre protagonisti. Come conferma Di Gregorio.

“Sono personaggi che dovrebbero avere paura di se stessi ma non hanno alcuna paura del diverso. Questo mi piaceva molto: parlare dell’uomo in un’ottica morale. Restutuire un senso di accoglienza, di tolleranza, di non paura dell’altro. E questi tre ce l’hanno”.

Non si può prescindere dunque dal toccare scottanti temi d’attualità, tristemente noti e troppo spesso inseriti all’interno di una vulgata erronea, gonfiata a dismisura dai media e dai vari istillatori d’odio. Lontano Lontano vuole prendere un posto all’interno di questo discorso a partire dai piccoli gesti:

L’accoglienza che Giorgetto fa al ragazzo, nella sua semplicità vuole dimostrare poprio questo: lui prende atto, in modo totalmente naturale, dell’idea che questa situazione c’è. Eppure nella semplicità, nella povertà di discorso, la sua posizione sull’accoglienza risulta avanzata rispetto a quella che ci raccontano i media, che ahimé funziona, e ci mette paura. Ma dobbiamo imparare a convivere con questa situazione. Prendere esempio dalla lezione elementare, quasi infantile di Giorgetto.”

Ed ecco che  tra i presenti torna l’annosa domanda: ci vuole maggior coraggio a partire o a restare?. Di Gregorio ha la sua chiara idea in mente. Per lui il sogno, (utopico?) sarebbe quello di restare per migliorare le cose, ed in fondo ciò che la sua opera mette in scena è proprio questo: i tre vogliono andar via ma alla fine restano. Ma attenzione, ammonisce il regista, “ non vuole essere un’indicazione di comportamento, di vita. È un’indicazione ideale da tenere da conto: occorre ricordarsi che abbiamo in dotazione una parte buona, la parte migliore di noi.

Un viaggio mentale dunque, nel proprio io, ma anche un viaggio nella città di Roma, altra protagonista del film con le sue mille location, i suoi mille luoghi, attraversati comicamente tra centro e periferia.

“Come ho detto, è un film in parte autobiografico. Io non mi muovo mai. Ho scelto dunque di partire dai luoghi di Trastevere in cui sono cresciuto per poi allontanarmi via via dal centro, andare nelle periferie storiche che sembrano veri e propri mondi, diversi e bellissimi. La vera evasione, la vera meta del viaggio arriva alla fine, con il mare e il litorale. Finalmente un respiro…”

Un’avventura dall’alto tasso emotivo che ha toccato tutti, complice probabilmente anche la scomparsa di Fantastichini. Proprio con un suo saluto video si conclude un’incontro chiuso da Di Gregorio che ammette: “Credo che stasera ci commuoveremo molto…”

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