VIETATO MORIRE – Incontro con il regista Teo Takahashi e gli interpreti


All’incontro per il film docufiction Vietato morire prendono la parola il regista ventiquattrenne Teo Takahashi, gli interpreti e gli operatori sociali della comunità di recupero per la tossicodipendenza di Villa Maraini a Roma. Alla base, il desiderio di raccontare “ferite aperte” che non si rimargineranno mai, e d’informare il pubblico su una realtà che incrociamo spessissimo e non vediamo

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Al termine della proiezione del film docufiction Vietato morire prende immediatamente la parola il fondatore di Distribuzione Indipendente Giovanni Costantino. Si rivolge con gratitudine e orgoglio al regista Teo Takahashi, spigliato ventiquattrenne che mescola con naturalezza tratti orientali e accento romano.

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Giovanni Costantino: Noi riceviamo molti film, ma difficilmente mostrano questa profondità e questo coraggio. Cosa ti ha spinto a fare un’opera del genere?

Teo Takahashi: La necessità di raccontare uno stato di cose che non può non interessare le persone della mia generazione. Una necessità pure un po’ egoistica, quindi… Poi si è realizzata un’alchimia particolare tra Villa Maraini e noi che abbiamo lavorato al film.

Vuoi presentare te gli altri ospiti qui presenti?

Teo Takahashi: Io non so fare il presentatore. (Ride).

Allora ognuno si presenta da sé. Il giovanissimo protagonista Patrick Ramhalho; gli operatori sociali – che nei titoli di coda vengono fieramente definiti “ex tossicodipendenti” – Giancarlo Rodoquino, Marcello Magalotti, Mario Retacchi, anche viceresponsabile del centro d’accoglienza; l’attrice Cristiania Gaggioli, sebbene all’ultimo siano state eliminate le sue scene perché si voleva conservare solo la parte più cruda del girato. Poi li raggiunge Arianna Di Cori, che esibisce molta più grazia rispetto al suo personaggio nonché dei capelli colorati in modo eccentrico.

Giovanni Costantino: Beh, il regista eccolo qui, ha ventiquattro anni. Avanti con le domande; fategli le penne!

Quant’è costato il film? Ci sono stati problemi legati alla produzione?

Teo Takahashi: Il film è costato circa seimila euro, contando anche la post produzione. I problemi produttivi sono stati un’infinità, com’è normale nelle produzioni indipendenti. Nessuno però che non si possa superare con la buona volontà e un coscienzioso utilizzo dei mezzi a disposizione.

Quanto c’è di costruito in questo film e quanto invece ti sei lasciato sorprendere dalla realtà?

Teo Takahashi: Pasolini diceva che il cinema è la lingua scritta della realtà. Questo per dire che la realtà tantissime volte è un ingrediente vivo da rimaneggiare. C’è stato un lavoro enorme da parte degli interpreti, che spesso non avevano nessuna esperienza di recitazione. Creatività e arte a mio avviso sono presenti nella parte passionale della gente: serve solo un detonatore.

Cristiania Gaggioli: Avendo assistito posso testimoniare che nessuno ha finto; quella è la realtà di Villa Maraini. Il primo giorno eravamo tutti un po’ diffidenti, ma il giorno dopo grazie a Teo abbiamo abbattuto ogni barriera.

Sicuramente questa è una realtà che va raccontata, ma perché Teo ha scelto proprio Villa Maraini?

Teo Takahashi: Perché è un posto fuori dall’ordinario. A Villa Maraini vige la filosofia della riduzione del danno, ed è quello che più colpisce non appena si mette piede lì. Significa che questa comunità non prevede una cura unica, ma tante cure personalizzate.

Trovo che Vietato morire sia un prodotto davvero ottimo. Avete già pensato a qualcosa per il futuro di questo film, al di làdei circuiti più di nicchia?

Giovanni Costantino: Vietato morire esce il 15 febbraio, ma come gli altri nostri film continuerà a essere presentato per mesi e mesi. Vi abbiamo colto subito un punto di vista profondo, non ordinario, benché non presenti nessuna rivoluzione stilistica. Molti giovani, si sa, cercano di sorprendere, e i contenuti spesso mancano. Qui no.

Nel film sono presenti anche scene di cronaca, ma è la parte autoriale che mi ha commosso, perché gli attori hanno restituito la verità e l’hanno resa ancora più forte. Ma la storia del protagonista è rimasta in sospeso… ce la fa a uscire dalla tossicodipendenza?

Teo Takahashi: Nella versione più lunga a un certo punto subentra la mamma di Arianna, che incontra Patrick alla stazione Termini dove tutto è cominciato, e lo aiuta. Più che rappresentare la speranza, in effetti, volevo descrivere quelle cose che andando in giro per la città uno non nota. Vorrei sensibilizzare gli altri su questa realtà.

Marcello Magalotti: Comunque, riguardo a Patrick, da che era un utente ambulatoriale adesso è dentro i progetti della Villa. (Segue un applauso commosso del pubblico).

L’ambientazione intorno alla stazione Termini è casuale o vuole sottolineare il fatto che ogni giorno incrociamo persone che non vediamo neanche?

Giancarlo Rodoquino: Noi abbiamo iniziato a lavorare nel ’92; via via siamo riusciti a ottenere sempre più prevenzione. Non è casuale l’ambientazione a Termini. Dal ’97 al 2000 i casi di tossicodipendenza erano 800 volte quelli di adesso. Ma tanti si drogano ancora nei sottopassaggi; Teo ha colto questa realtà e noi l’abbiamo aiutato, ospitandolo per un mese, un mese e mezzo.

Il finale aperto indica che è una realtà ancora aperta?

Teo Takahashi: La realtà è aperta e lo sarà sempre. 

Sappiamo che Patrick sta facendo un percorso. Anche Arianna?

Arianna Di Cori:
Anch’io ho conosciuto questa realtà, quindi ritrovarsi a Villa Maraini in una veste diversa è stato molto significativo. Io ne sono uscita, ma rimangono delle ferite che credo siamo riusciti a mostrare. La ferita rimane sempre aperta, non si chiude in nessun caso, quindi non si può apporre una fine definita.

Patrick, com’è stato intraprendere questo viaggio?

Patrick Ramhalho: Ho interpretato me stesso. Questo film mi ha dato la spinta per riavvicinarmi a Villa Maraini e per riprendere in mano la mia vita.

Quanto la realtà è vicina o lontana rispetto al film?

Giancarlo Rodoquino:

La realtà è molto più cruda. Se dovessi raccontare tutto quello che ho visto in vent’anni non so se ci riuscirei. Dal ’92 al 2000 vedevamo duecento ragazzi tossicodipendenti e sette-otto overdosi a sera. Ho salvato centinaia di persone. Per questo avrei preferito che nel film i nostri soccorsi alla fine riuscissero a salvare Arianna.

Ma è stato più giusto far vedere che muore. Noi sappiamo che voi salvate tantissime vite, ma ciò che deve arrivare al pubblico è che molte persone non ce la fanno.

Marcello Magalotti: E poi noi realmente abbiamo perso delle persone in comunità. Questo film ha dimostrato che non ci vogliono smalto e rimmel per girare; la realtà è questa. Spero che Vietato morire riesca a entrare nelle scuole, nelle chiese, nei circoli ricreativi…

Teo, progetti per il futuro?

Teo Takahashi: Pensavo a qualcosa di fantascientifico. Del resto, se si rappresenta l’assetto del potere in modo surreale, da noi diventa vero nell’arco di una settimana.

E te, Patrick?

Patrick Ramhalho: Prima di tutto voglio riprendere in mano la mia vita. Adesso faccio tatuaggi, mi sono diplomato come fonico, sto cercando lavoro. Una cosa alla volta.

Arianna Di Cori: Io voglio continuare a recitare, proporre opere che abbiano valore e possano comunicare qualcosa.

Giancarlo Rodoquino: Anche Villa Maraini sta subendo la crisi; tutto questo lavoro non viene ricompensato. Stiamo combattendo da un anno con la Regione Lazio per l’acquisto del metadone, e non ci hanno risposto.

Marcello Magalotti: Gli operatori di Villa Maraini da quattro mesi non prendono lo stipendio. Siamo lieti comunque che per il 20 febbraio sono organizzate una cena e una proiezione e tutto l’introito sarà devoluto a Villa Maraini. (Il pubblico applaude).

Teo, prima hai nominato Pasolini: ha influito sul tuo lavoro?

Teo Takahashi: Pasolini non può aver fatto a meno d’influenzare l’Italia che viviamo, ed era impensabile non accogliere l’insegnamento di un tale maestro. La sua influenza sul mio lavoro è innegabile.

Giovanni Costantino: Va bene, abbiamo finito. Complimenti, Teo, hai superato la tua prima conferenza stampa! (Teo ride, e il pubblico insieme a lui).

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    Un commento

    • "Perché è un posto fuori dall’ordinario. A Villa Maraini vige la filosofia della riduzione del danno, ed è quello che più colpisce non appena si mette piede lì. Significa che questa comunità non prevede una cura unica, ma tante cure personalizzate."
      Ma di quali filosofie parli???? … quello che si evince a primo impatto quando si entra li dentro e' che sei uno dei tanti che assume l'UNICA cura che conoscono… ovvero tanti CC di metabibitone per tutti! ole'! e questa ti sembra la giusta filosofia^?? la giusta riduzione del danno?! Da documentarista quale ti ritieni dovresti captare l'essenza della realtà' e non abbellirla per interessi personali…. Villa "MAracaibo"? Io c'ero, io so!! Leggi bene le controindicazioni prima dell'uso!!