2001: Odissea nello spazio, di Stanley Kubrick

La più grande avventura nello spazio che l’immaginario visivo abbia mai intrapreso per un film che ha segnato in maniera indelebile la carriera di Kubrick. Oggi e domani in sala in 4K

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Il concetto di Dio sta al cuore di 2001, ma non quello delle immagini tradizionali e antropomorfiche di Dio” Parole di Stanley Kubrick. Nel 1968 il regista newyorkese realizza un film di fantascienza da un breve racconto di Arthur C. Clarke, The Sentinel. Ma quello che poteva sembrare l’ambizioso progetto dell’austero e rigido autore di Il bacio dell’assassino e Orizzonti di gloria si rivela la più grande avventura nello spazio che l’immaginario visivo abbia mai intrapreso.

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Quattro anni di lavoro, una sperimentazione tecnica e sonora che avrebbe impressionato persino i tecnici della Nasa per un film che ha segnato in maniera indelebile la carriera di Kubrick, lacerando la linearità del tempo e contenendo al suo interno tutto il suo cinema precedente e posteriore.

Tre atti: l’alba dell’uomo, la missione verso Giove, e il viaggio oltre l’infinito. Il Pleistocene e la scoperta della violenza, stacco osso-astronave, la missione di Bowman, Poole e del perfetto Hal 9000, l’apparizione del monolito, il feto astrale. Come in un vortice spazio temporale la nostra storia è rarefatta fino ad implodere nel nero assoluto del monolite. Come sempre Kubrick rivoluziona il genere, la science fiction, ne prende la struttura, decodificata e rarefatta, e la destruttura. In quel lontano e simbolico 1968, l’odissea dell’astronave che viene sconvolta nella sua normalità dalla degenerazione della macchina-perfetta Hal, si presentava nelle sale come una sorprendente esperienza sensoriale, il tunnel psichedelico che Bowman attraversa prima di approdare nella stanza stile Luigi XVI è un’allucinante esperimento visivo, psichedelico nella alienante fotografia, impressionato dall’apparizione del monolite, forma semplice ma incomprensibile, misteriosa, che irrompe determinando i passaggi fondamentali della storia umana.

Opera mitica, e per certi versa emblematica, 2001: odissea nello spazio raccoglie e rilancia il mistero della vita umana. Esaltati dall’idea di poter comprendere il mondo attraverso la scienza, ci siamo spinti fuori dal nostro pianeta, non rassegnandoci all’idea che il linguaggio e il significato non esistano al di fuori di noi stessi. Il fallimento stesso di Hal 9000, della sua tecnologia, di fatto frutto della (super)umanità, rappresenta un richiamo alla nostra stessa condizione di umani, il finale del film l’evidente possibilità di una stupefacente rinascita. Ha ispirato non poche riflessioni, tra chi ne ha valutato le ampie sfumature analizzando e cercando di comprendere i tanti simboli sparsi all’interno del film andrebbero riletti due titoli: il Castoro, dedicato a Kubrick, firmato da Enrico Ghezzi, e un volume della Lindau scritto da Michel Chion, Un’odissea del cinema, che analizza l’intero film.

 

Titolo originale: 2001: A Space Odyssey

Regia: Stanley Kubrick

Interpreti: Keir Dullea, Gary Lockwood, William Sylvester, Daniel Richter

Distribuzione: Warner Bros. Italia

Durata: 140′

Origine: Gran Bretagna/Usa, 1968

 

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