After Work, di Erik Gandini

Il doc disegna scenari futuri, raccontando in modo convincente aspetti iperbolici e paradigmatici dell’ideologia e dell’etica del lavoro

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Disimpegnati attivi, disoccupazione volontaria, etica del lavoro, il senso di colpa che porta all’ansia teologica per la dannazione. E poi, siamo già diventati automi da un bel po’? Se avessi uno stipendio al mese senza lavorare, cosa faresti? Il documentario After Work racchiude tutto ciò ed anche di più, riscoprendo probabilmente una solitudine molto artificiale, una solitudine intelligente ma artificiale. Erik Gandini, regista, scrittore e produttore italo-svedese, nonché professore di cinema documentario alla Stockholm University of the Arts, autore, tra gli altri, di Videocracy, presentato a Venezia nel 2009, si è liberamente ispirato per questo lavoro agli scritti sull’ideologia del lavoro del sociologo Roland Paulsen. Attraverso storie contemporanee, in quattro diversi angoli del mondo, After Work porta allo spettatore elementi utili per disegnare scenari futuri, raccontando aspetti iperbolici e paradigmatici dell’ideologia, dell’etica del lavoro, del rapporto tra esistenza e lavoro, in Kuwait, Corea del Sud, Stati Uniti e Italia, società con modelli di sviluppo molto distanti tra loro. Gli Stati Uniti sono noti come la “nazione senza vacanze”. il Kuwait è il Paese più fisicamente inattivo del mondo, anche se tutti hanno un impiego e sono ben retribuiti. Un’etica del lavoro unica, che affonda le sue radici nel confucianesimo, è alla base della miracolosa crescita della Corea del Sud, dalla povertà estrema al successo informatico. All’interno della classe media italiana si trova il più grande gruppo di “NEET” (Neither in Employment, Education or Training) in Europa.

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Documentare una realtà che non è ancora completamente accaduta. Attraverso il metodo del What-if? Cosa faremo quando non dovremo più lavorare? Ecco cosa si propone di fare soprattutto il regista. È girato nel presente, con l’obiettivo di creare una proiezione nel futuro. Il futuro attraverso il presente. After Work è un film guidato dalle idee, più che dai personaggi. Eppure ha trovato persone immensamente affascinanti con intuizioni nate da esperienze reali. La maggior parte del dibattito sul futuro del lavoro è dominato da tecnici e teorici, esperti di IA e automazione. Al regista non interessa la tecnologia, il suo approccio è esistenziale. Ha cercato di evitare quasi completamente la prospettiva tecnologica, concentrandosi invece su quella umana. La collaborazione con il pluripremiato direttore della fotografia, Fredrik Wenzel ha reso ancora più credibile il racconto attraverso semplici telecamere fisse in ambienti di lavoro, utilizzando sfondi di grandi aree vuote e fagocitanti o l’uso del formato cinemascope a rafforzare la qualità filmica del materiale girato. Le generazioni umane cambieranno i loro comportamenti, in modi non prevedibili, per effetto dell’esperienza sempre più precoce ed estesa di uso delle macchine intelligenti, ma probabilmente queste adatteranno le loro capacità manipolatorie più rapidamente di quanto gli utilizzatori umani sapranno trovare strategie per rendersi più autonomi. Ecco, sembra davvero in più passaggi un documentario a tratti allucinatorio, proiettato nel prossimo, probabilmente non così distante, futuro, magari paradossalmente carico di speranza, in cui Asimov immaginava un robot sempre felice di servire così che per amore di una donna si fece uomo.

Regia: Erik Gandini
Distribuzione: Fandango
Durata: 77’
Origine: Italia, Svezia 2023

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5
Sending
Il voto dei lettori
2.84 (19 voti)
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