Andrei Molodkin per Julian Assange

L’artista russo Andrei Molodkin torna a far parlare di sé dopo “Dead man’s switch”, l’iniziativa in difesa del giornalista Julian Assange, accusato di spionaggio dagli USA

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L’artista concettuale russo Andrei Molodkin ha recentemente dato il via alla sua iniziativa Dead Man’s Switch in difesa dell’attivista e giornalista australiano Julian Assange.

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Assange è il co-fondatore di Wikileaks ed è stato arrestato nel 2019 nel carcere di Londra, in attesa di una decisione a febbraio di quest’anno riguardante la richiesta di estradizione negli USA. L’accusa del processo è la divulgazione di documenti che riguardano i crimini di guerra, scomodi per il governo americano. In vista della sentenza di appello definitiva l’organizzazione Amnesty International insieme a Molodkin hanno richiamato l’attenzione pubblica su tale vicenda.

Molodkin ha nascosto 16 opere d’arte regalate da artisti e collezionisti, del valore di 40 milioni di dollari, presso un caveau francese sui Pirenei. Tra queste opere vi sono quelle di Picasso, Warhol, Rembrandt, Jannis Kounellis, Santiago Sierra, e infine Andres Serrano e Franko B. Questi ultimi due artisti hanno consegnato personalmente una loro opera. Se Assange dovesse morire in prigione, le opere andranno distrutte nell’acido. Qualora, invece, il giornalista verrà rilasciato le opere saranno ricollocate nelle rispettive collezioni.
Non è la prima volta che Andrei Molodkin provoca i piani alti. Alla base del suo lavoro artistico vi è la volontà di rappresentare attraverso installazioni e opere concettuali, le problematiche all’interno della nostra società. Dalla chiesa, alla politica, fino a spaziare sui problemi legati ai sistemi economici che mirano al guadagno. Infatti, lo scorso anno realizza un’opera di installazione con sangue umano ricreando lo stemma del Vaticano, con lo scopo di denunciare gli abusi sessuali della Chiesa cattolica. O ancora, ricordiamo la scultura dedicata ai cittadini di Nagasaki, posta davanti la Casa Bianca in memoria dell’evento delle bombe che distrussero Hiroshima e Nagasaki.

Con la sua recente provocazione Dead Man’s Switch, non sono mancate le polemiche e le opinioni che hanno diviso la critica. Da una parte lo storico d’arte Julian Stallabrass, che condivide il progetto di Molodkin definendolo un gesto necessario e legittimo ai fini dell’abbattimento di un certo tipo di sistema politico. Dall’altra parte c’è chi sostiene Jonathan Jones, il quale è del parere che quest’atto sia basato su un principio sbagliato che mette a parimerito il valore delle opere d’arte e il valore di una vita umana. In particolare, Jones sul quotidiano Guardian dichiara che questa iniziativa sia un cliché della violenza contro i capolavori dell’arte, paragonandola ai gesti degli attuali ambientalisti nei musei che per protestare contro la crisi climatica sfregiano importanti opere d’arte. “L’idea che attaccare l’arte sia sempre un atto progressista si fonda su una mitologia grossolana”.

Ma è proprio su questo punto che si sofferma Molodkin, “Il mio obiettivo è portare a riflettere sul fatto che distruggere la vita delle persone non desta tanto scalpore quanto distruggere l’arte, considerato un grande tabù nel mondo“. Possiamo dedurre, dunque, che senz’altro le polemiche riguardo al progetto di Andrei Molodkin, hanno stimolato delle riflessioni e suscitato dei dibattiti. E forse è proprio questo, l’obiettivo dell’artista: attirare l’attenzione e fare luce sul caso di Julian Assange. Molodkin non è l’unico artista ad aver dato supporto alla causa di Assange. Ricordiamo anche il sostegno da parte del pittore Miltos Manetas, il quale nel 2020 ha allestito un museo con 40 ritratti di Assange. Le opere però erano visibili soltanto tramite le foto del suo canale Instagram, che sono state tempestivamente eliminate in breve tempo dallo stesso Manetas.

Julian Assange e Stella Moris

E’ comprensibile che per molti l’idea di paragonare il valore di un essere umano a quella di un’opera d’arte, possa sembrare folle. Ma allo stesso tempo è necessario sottolineare che Molodkin utilizza la sua unica arma a disposizione (quella dell’arte) per attirare l’attenzione delle persone verso una vicenda così importante e attuale.
I
n riferimento a Dead Man’s Switch, come riportato da Finestre sull’arte, la moglie di Assange (avvocato per i diritti umani) dichiara: “qual è il tabù più grande: distruggere l’arte o distruggere la vita umana? Il vero obiettivo qui non è solo Julian Assange, ma il diritto del pubblico di sapere, e di poter ritenere il potere responsabile”. E continua: “Se la democrazia vincerà, l’arte sarà preservata, così come la vita di Julian”.

Nel frattempo, non ci resta che attendere la sentenza di appello.

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