Avengers: Endgame – Dall’altro lato delle immagini

Film che dimenticano di essere film, attori che usano solo metà di loro stessi e un piccolo dispositivo, ormai protesi del nostro corpo, con il quale sempre condividiamo e testimoniamo il privato

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Considerare gli ultimi due capitoli della saga Avengers come semplici kolossal da intrattenimento è sicuramente una visione limitata, per quanto spettacolari essi siano. Molto è cambiato da quel primo Iron Man e ancora molto di più dagli X-Men di Singer o dagli Spider-man di Raimi. Gli eventi del mondo e di conseguenza tutto ciò che riguarda le immagini e la loro fruizione, hanno viaggiato a velocità impressionanti, mutando profondamente il cinema mainstream e trovando in Kevin Feige, presidente dei Marvel Studios, una personalità recettiva e incredibilmente attenta.

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Insomma, è evidente che dietro a due operazioni come Avengers – Infinity War e Avengers: Endgame si nasconde molto più di grandi blockbuster, tanto che a guardar bene sembra essere proprio il film stesso a venir meno, come in quel video sulla pagina Instagram Avengers, in cui tutto ciò che ci è concesso vedere è Paul Rudd intento a guardare sbalordito una clip esclusiva di Endgame sul suo iPhone. Avengers: Endgame, che in questi giorni ha superato gli incassi di  Titanic e probabilmente oltrepasserà presto anche quelli di Avatar, si differenzia da questi ultimi proprio per la quantità di materiale estraneo a quello che mostra come opera in sé, tanto che occorre sedersi un attimo e riflettere sul dietro le quinte, anche solo partendo dall’esperienza in sala che questi ultimi due film Marvel sono riusciti a creare.

In un video condiviso da Chris Pratt poco dopo l’uscita di Endgame, vediamo allegri attimi “rubati” durante le riprese. Il set è un grande green screen, contenitore inesauribile di immagini che priva definitivamente i film di una presunta identità stabile o qualsivoglia definizione. Gli attori e gli stuntman si rilassano, chiacchierano del più e del meno. Chris Hemsworth scaccia una mosca, Chris Evans fa una smorfia in camera. È Chris Pratt a girare, ce ne accorgiamo anche se scorgiamo solo il suo riconoscibilissimo sorrisetto mentre definisce il video “illegale”. In effetti il video girato sembra più privato che ufficiale, ma c’è da chiedersi se ci sia davvero una reale differenza. Quello che stiamo guardando è a tutti gli effetti un backstage ma il dispositivo con cui è girato, presenza fissa nella nostra vita, orbita più che mai sulla labile linea di confine fra pubblico-privato. Conserviamo video, foto e messaggi personali nei nostri smartphone ma al contempo basta premere un tasto per condividerli e lanciarli al di là di ogni barriera spazio-temporale. Dopo l’ultimo capitolo degli Avengers molti altri video simili sono stati condivisi. Gli attori che pranzano a suon di musica messicana, Chris Hemsworth con il suo look da nuovo Thor balla davanti alla camera. O anche gli auguri cantati a Josh Brolin da parte del cast, nonostante gli odi e i rancori scrive sul tweet l’attore che “interpreta” Thanos. Una certa aura sacra  si è andata perdendo, quello che c’è dietro al film acquista sempre più importanza e la saga invece di concludersi continua incessantemente fuori da se stessa.

https://youtu.be/Z3VbnuVM7HY

La mente si ingarbuglia facilmente. Salto da un pensiero all’altro con estrema facilità è penso a Soderbergh e al suo Unsane, un film su uno stalker girato con l’Iphone, palesando tramite il dispositivo la fragilità del confine fra pubblico e privato, ossia fra ufficiale o non ufficiale e ancora fra condivisibile e non condivisibile. Mi si perdoni la schizofrenia, tenterò di sbrogliare la matassa più avanti, ma penso anche a Jumanji, che come tutto ormai, è scollegato e al contempo connesso in un unico sconfinato discorso. La parte che tuttora preferisco del film di Joe Johnston (regista, tra l’altro, di Captain American, primo film degli Avengers seguendo la storyline) è quando Robin Williams pronuncia finalmente la parola jumanji e ogni conseguenza del gioco viene risucchiata dal gioco stesso (polverizzandosi…). Alan e Sara si ritrovano giovani al punto di partenza, abbracciati vicino al divano di casa Parrish dove tutto era iniziato. Alan corre dal padre appena rientrato in casa e il terribile litigio irrisolto avuto a inizio film, sfuma nel nulla con un abbraccio. Il passato viene riscritto, le regole del tempo messe in discussione. Se Jumanji e altri film di un tempo (compresi gli stessi primi cinecomics), rimanevano confinati all’interno di loro stessi, adesso, con quest’incredibile follia del Marvel Cinematic Universe tutto è cambiato. Siamo davanti ad un’entità a sé che unisce e amalgama, che si allontana e sempre ritorna sulla sua storia, riscrivendo costantemente la sua autobiografia, fino ad arrivare all’astrazione totale, ad un salto del film fuori da se stesso e alla sua fusione con la realtà. Le conseguenze sono molteplici come gli attori indiscernibili dai loro personaggi: di fronte al video sopracitato o alle foto che trapelano dai cellulari, non ci è poi così chiaro, almeno in un primo momento, se a riprendere sia Chris Pratt o Quill o ancora Star Lord e se quelli che guardiamo intenti a mangiare siano le star hollywoodiane o gli Avengers veri e propri… Proprio come in quei video pubblicati poco prima dell’uscita di Endgame: a ballare di fronte al cellulare è Robert Downey Jr o Tony Stark? Vere e proprie teorie ambientaliste vengono elaborate a partire dalle conseguenze reali che lo schiocco di dita di Thanos potrebbe avere sul mondo. Dei ricercatori russi hanno da poco simulato il viaggio nel tempo utilizzando un computer quantistico…

Insomma queste immagini sembrano dimenticarsi di dover diventare film, e si rimpallano tra videogioco, gioco di ruolo e autobiografia epica; con attori che usano solo una minima parte di se stessi e scenografie costantemente ridisegnabili e reinventabili. Poi c’è un piccolo dispositivo, ormai protesi del nostro corpo, con il quale condividiamo anche senza postare, perché già solo nell’atto di riprendere costantemente si annida una continua testimonianza, nel bene e nel male, che siano video gioiosi o atti terrificanti, destinati a essere visti dal mondo proprio perché sempre meno si resiste alla tentazione di rendersi eternamente presenti. Ecco, quello che succederà nel panorama mainstream dopo gli ultimi due Avengers sarà importante per capire anche la destinazione finale della mole di immagini prodotta ogni secondo. E ancora e soprattutto, per riflettere su come muterà il concetto tutto politico di privato, sempre più inglobato in quello di pubblico, costantemente online e (almeno apparentemente) a disposizione di tutti.

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