#Berlinale70 – Charlatan, di Agnieszka Holland

Charlatan prende spunto dalla vita di Jan Mikolášek, un uomo singolare con una fama di miracoloso guaritore, vissuto durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale. Berlinale Special

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Ad un anno di distanza da Mr. Jones, presentato in concorso, Agnieszka Holland torna alla Berlinale con un nuovo film a carattere storico biografico, ed il medesimo intento, lanciare uno sguardo retrospettivo su un’epoca attraversata da forti tensioni ideologiche, con il mondo diviso in blocchi. In pratica la rilettura di un periodo cruciale per l’Europa, che parte dal decennio precedente la seconda guerra mondiale, per arrivare negli anni 60 in piena guerra fredda. L’occasione è fornita stavolta dalla vita di una figura molto singolare Jan Mikolášek, il ciarlatano del titolo, nome che gli viene naturalmente affibiato dai giornali. L’uomo in questione ha un eccezionale talento. Con un semplice sguardo delle urine, riesce a fornire una diagnosi immediata e a riscontrare ogni eventuale malattia della persona da cui proviene il campione. Ma non è tutto. Una volta individuato il male, e grazie alla sua altissima conoscenza di erbe e prodotti naturali, può anche fornire dei rimedi attraverso infusi e decotti.

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Il film della Holland presenta il dottore (che non ama definirsi tale, ma anzi ama puntualizzare continuamente di essere un semplice giardiniere) ormai avanti con gli anni, circondato dalla fama, e la porta sempre occupata dai pazienti in fila per un consulto. L’anno è il 1958. Siamo in Cecoslovacchia, al potere c’è un governo comunista. Mikolášek viene considerato una figura scomoda, è inviso al regime, dopo un trentennio passato a curare una parte o l’altra, all’occorrenza, e senza distinzioni di sorta. Persa la protezione delle alte sfere, viene catturato ed imprigionato insieme a František Palko, suo fidato assistente ed amante segreto, con delle accuse gravissime, e corre il rischio concreto di essere condannato a morte. Altra pesante colpa, quella di essere un fervente cattolico cristiano, addirittura ai limiti del fanatismo, dedito ad inginocchiarsi sulle pietre, in un periodo in cui veniva promosso l’ateismo di stato.

Marcata la linea temporale principale, il film procede a ritroso, fin dove si ritrovano le tracce di quel misterioso dono di guaritore, dall’amore preso dal padre per le piante, all’insegnamento di un’anziana signora e l’investitura di successione. Pezzo per pezzo viene ricomposto il puzzle della sua vita, e smontata senza mezzi termini l’accusa. Ma la regista polacca sembra piuttosto interessata a ricostruire il clima generale, il pregiudizio come costante radicata nel tempo, il disastro della guerra, l’intolleranza verso l’omosessualità e la cattiveria verso gli animali. Curando alcuni dettagli pensa di ottenere un quadro veritiero, finisce sicuramente per prendere delle posizioni, non sempre condivisibili, relative al dato storico politico.

Più che integrarsi i due fili conduttori del film sembrano quasi divergere, collima solo la fedeltà cronologica, una vicinanza che già a livello scenografico mostra diversi difetti, tipo alcuni invecchiamenti ambientali totalmente assenti. Il lato migliore di Charlatan è probabilmente il modo in cui viene presentato il protagonista, pieno di ottime qualità, ma con una parte buia che la Holland non prova neanche a nascondere. Gerarchi nazisti e funzionari comunisti ottusi, per limitare l’analisi solo ad alcuni ruoli, mancano di un’ambiguità indispensabile, sono semplicemente standardizzati. Se l’intento era quello di cambiare punto di visto su un’epoca, siamo davvero molto lontani.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.3

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
4 (1 voto)
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