Cannes 76 – Firebrand: incontro con Karim Aïnouz, Alicia Vikander e Jude Law

Il regista brasiliano ha incontrato la stampa insieme a Jude Law e Alicia Vikander per presentare il suo nuovo film, in competizione per la Palma d’Oro

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Si è tenuta questa mattina la conferenza stampa di Firebrand, il nuovo film del brasiliano Karim Aïnouz (Mariner of the mountains, La vita invisibile di Euridice Gusmao, O abismo prateado), in concorso al Festival di Cannes, che ieri sera ha ottenuto una standing ovation di quasi nove minuti dopo la prima al Grand Theatre Lumiere. Il progetto, adattato dal libro “Queen’s Gambit”, scritto da Elizabeth Fremantle e pubblicato nel 2013, racconta la storia di Katherine Parr, sesta moglie di Enrico VIII, costretta a trasferirsi alla corte del sanguinario sovrano nel corso della prima metà del XVI secolo.

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All’incontro con la stampa, insieme al regista, hanno presenziato i due attori protagonisti Jude Law e Alicia Vikander, oltre alla produttrice cinematografica britannica Gabrielle Tana. Proprio quest’ultima ha aperto la conferenza raccontando la genesi del progetto: “Sono stata fortunata a leggere il libro prima che fosse pubblicato e sono rimasta subito affascinata dalla figura di Katherine Parr. Per questo motivo ho iniziato a lavorarci con Karim e abbiamo proseguito insieme anche quando il mondo è cambiato durante il periodo della pandemia. Abbiamo sfruttato quel momento per delle vere e proprie lezioni di storia e per lavorare con gli sceneggiatori e abbiamo provato a tirare fuori il meglio da quella situazione. Poi quando la vita è migliorata, abbiamo potuto girare il film”.
Il progetto, come sottolineato, porta su grande schermo una pagina oscura della monarchia inglese di cinquecento anni fa. Una dramma storico – o meglio “un thriller” dichiara Aïnouz – che ha rappresentato una sfida di non poco conto per i due maggiori interpreti. Vikander si è detta particolarmente sorpresa del materiale di approfondimento su cui ha potuto lavorare definendo “incredibile la possibilità di leggere libri che questa donna ha scritto, ascoltare (la sua esperienza) dalla sua stessa voce”. Jude Law, d’altra parte, ha avuto forse il compito più difficile, quello cioè di riportare in vita un “mostro”; un processo, sottolinea l’attore, possibile solo grazie all’aiuto del regista e della partner Vikander (“sembra strano perché sul set ci siamo fatti cose orribili l’un l’altro, ma io ricordo che abbiamo riso molto”) e portato a compimento tramite un lento ma necessario tentativo di immedesimazione nel personaggio: “ho iniziato da lui (Enrico VIII) come uomo, dalle fragilità fisiche che portava e dal modo in cui le affrontava”.
Ciò che ha però più sorpreso regista e cast è la portata contemporanea del messaggio insito nella storia di Katherine Parr. Un racconto che fa del coraggio e dell’intraprendenza femminile il proprio centro nevralgico e che, in qualche modo, dimostra che la Storia è ricca di figure che grazie alla propria forza, hanno in qualche modo anticipato movimenti attuali come il MeToo: “la cosa importante, afferma Aïnouz, è sapere che donne come Katherine sono esistite anche 500 anni fa”.
Interrogato poi su quali visioni lo abbiano influenzato e se nel personaggio di Katherine riecheggi anche la vita di Dilma Rousseff (presidentessa del Brasile deposta un paio d’anni prima dell’avvento di Bolsonaro), Karim Aïnouz risponde così: “ho visto diversi film russi e italiani che mi hanno ispirato molto, a partire da È difficile essere un dio di Aleksej German e L’albero degli zoccoli di Ermanno Olmi. Per quanto riguarda Dilma Rousseff invece devo dire di non averci pensato, ma forse inconsciamente ho realizzato un film che ha tra i protagonisti qualcuno di simile a Bolsonaro, nei termini di una figura storica che è stata un Re, un dittatore e anche un mostro”.
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