CANNES 64 – O abismo prateado, di Karim Aïnouz (Quinzaine des Réalisateurs)

Aïnouz rivela qui uno sguardo liquido, quasi superficiale, non caricato di segni, nel seguire i personaggi – camera a mano davanti o a fianco di loro – e i loro volti

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Un’erranza leggera per le strade di Rio de Janeiro, nel corso di un giornonotte che si espande senza mai chiudersi, avvolta dalle onde e dal mare, si compie in O abismo prateado di Karim Aïnouz, nuovo lungometraggio del regista brasiliano il cui esordio nella finzione narrativa fu il notevole MadameSatã (2002). Rispetto a quel testo, che viveva di e in uno spazio di saturazione delle immagini, Aïnouz rivela qui uno sguardo liquido, quasi superficiale, non caricato di segni, nel seguire i personaggi – camera a mano davanti o a fianco di loro – e i loro volti, soprattutto. In vicinanza con quel testo, O abismo prateado (che si basa sulla canzone di Chico Buarque Olhos nos olhos) mantiene invece l’intensità della rappresentazione fisica dei corpi, della loro energia e determinazione.
Corpi che appaiono e spariscono, quelli di O abismo prateado. Il corpo di Djalma, che appare dalla spiaggia e nella notte, camminando in costume da bagno per le strade. Verso casa. E nell’imminenza di un viaggio in aereo. Che non lo vedrà più tornare dalla moglie Violeta e dal figlio adolescente. Sparisce, dalle loro vite e dal film, rimanendo presente come voce nella segreteria telefonica della donna, con il messaggio dove le dice che la lascia. Prende sempre più spazio il corpo di Violeta, che compie il gesto di un altro abbandono, dell’abitazione lussuosa e nuova di Copacabana, per raggiungere il marito a Porto Alegre. Perdendosi, invece, nell’attesa di una partenza rinviata, in detour progressivi che la spingono in luoghi inattesi (un hotel, una discoteca) e verso incontri casuali, come in una piccola sinfonia rohmeriana. Con una bambina e il padre di lei, che vivono in un furgone dopo essere stati abbandonati dalla madre e moglie. Si compie, nel corso della notte, una storia d’amore possibile (ma non nel tempo e nello spazio di questo film e di quelle vite narrate in quel frangente), fatta di sguardi, gesti e silenzi durante la notte, in un aeroporto deserto o sul muretto accanto a una spiaggia, aspettando l’alba e la separazione. Per riprendere i rispettivi viaggi incontro a destinazioni tutte da scrivere.

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La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.7

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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