Chien de la casse, di Jean-Baptiste Durand

Vincitore di due premi César 2024, tra cui migliore opera prima, è un racconto di formazione che ci affida una storia con purezza e semplicità. Oggi per i Rendez-vous. Nuovo cinema francese a Roma

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Ogni film ha il suo modo di comunicare e su questo si basa il sacro rapporto tra lui e il pubblico. Chi realizza un film sta sempre all’ombra di questo rapporto, accettando la sfida di doverlo mantenere continuamente in equilibrio, pena la rottura del legame con lo spettatore. Chien de la casse, opera prima di Jean-Baptiste Durand, gioca con tutto questo trasformando in pregi quelli che potevano essere limiti fatali, restituendo un film sincero e semplice.

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Chien de la casse racconta dell’amicizia tra due ragazzi, immersi in una sonnacchiosa vita di provincia pericolosamente priva di prospettive, nel sud della Francia. I due protagonisti Mirales, interpretato da Raphaël Quenard, (Yannick. La rivincita dello spettatore) e Dog, interpretato da Anthony Bajon (La Prière) sono amici d’infanzia, passano le giornate tutte uguali bighellonando nella desolata cittadina e perseguendo le solite poche abitudini: l’incontro in piazza con gli amici, due chiacchiere con l’anziano giocatore incallito Bernard, l’addestramento di Malabar, il pitbull di Mirales. Tra i due sussiste una dinamica disfunzionale di amicizia, in cui l’introverso e sommesso Dog subisce le angherie di Mirales, apparentemente più sicuro di sé ed esperto nelle cose della vita. Seppure agli occhi dello spettatore il comportamento incostante di Mirales risulti irritante, i due sembrano aver trovato una distorta armonia. L’arrivo di Elsa, Galatea Bellugi (Amanda), un’estranea con cui Dog inizia subito una relazione, rompe questo equilibrio scatenando insofferenze e gelosie.

Jean-Baptiste Durand sceglie un modo di raccontare diretto, semplice al limite della destrutturazione: non approfondisce alcun personaggio secondario, non si sofferma su comode spiegazioni, nasconde la causalità delle sue scelte narrative in casualità filmica. Il risultato è che per tutta la durata del film sembra di vedere non un artificio in cui le decisioni le ha prese il “dio” autore, ma la vita così com’è. Almeno la vita di chi galleggia in un contesto così inconsistente da essere disarmante. E il contesto di riferimento acquista particolare importanza proprio per riuscire ad accettare una narrazione così povera che trova le sue motivazioni proprio nel microcosmo in cui è immersa.

La sensazione è che, data la complessità nella natura stessa delle tematiche, il regista abbia scelto la direzione opposta per darci in mano la vita di Mirales e Dog, quella del realismo che rinuncia alla maggior parte di quei codici di comportamento nei confronti del pubblico, la progressione degli eventi nel modo più “corretto” possibile per la giusta emozione: Jean-Baptiste Durand ci fa vedere un film in cui quest’illusione non c’è. Fino a un finale che perde un po’ quel sapore di imprevedibilità e rientra nei ranghi, mostrandoci i protagonisti impegnati a chiudere i più classici degli archi di cambiamento: hanno scoperto qualcosa su loro stessi e si sono riappacificati, imparando a volersi bene anche a distanza e nel rispetto dello spazio altrui.

Bella l’interpretazione di Raphaël Quenard, premiato infatti come migliore promessa maschile ai César 2024, che infonde al personaggio entrambe le facce della medaglia appesa al collo dei bulli, arroganza e fragilità, ma non solo: quanto più diventa sgradevole nei suoi atteggiamenti verso Dog, più sono lampanti motivazioni e sofferenze che ne stanno alla base. E forse è questo, alla fine, il vero merito di Chien de la casse, un film che racconta senza paura le storture nei rapporti giovanili senza mai dimenticare di indagarne le cause scatenanti.

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