Yannick. La rivincita dello spettatore, di Quentin Dupieux

Un piccolo grande film che rompe il vincolo di ruolo tra chi si trova in scena e il pubblico. Quali sono i confini entro cui definire un’opera d’arte?

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Queste le parole di Quentin Dupieux sul suo nuovo film Yannick, presentato al 76° Festival di Locarno. E come dargli torto? Il suo Yannick è un piccolo (dura solo 67 minuti) grande film. Non ci si annoia un secondo.

Con la sua classica irriverenza, Dupieux ci catapulta all’interno di un teatro parigino dove, nel bel mezzo della rappresentazione de Il cornuto, una pessima commedia da boulevard, Yannick, un giovane guardiano notturno, si alza e interrompe lo spettacolo. La pièce lo annoia. Dovrebbe divertirlo, fargli staccare dal mondo per qualche ora, e invece, lo fa solo sentire peggio di prima. Così il giovane decide di prendere il controllo della serata.

Come per Gli spiriti dell’isola di Martin McDonagh, bastano le premesse per entrare subito nel vivo dell’ ultima “creatura” di Mr. Oizo. Yannick rompe il vincolo di ruolo tra chi si trova in scena e il pubblico. Quali sono i confini entro cui definire un’opera d’arte? Esistono dei criteri oggettivi in questo senso? L’azione quasi pirandelliana di disturbo del protagonista nei confronti degli attori in sala scardina anche quel rapporto di tacita complicità che si ripete ogni sera in tutti i teatri del mondo. Il velo di maya posizionato al confine tra la realtà e la finzione scenica viene squarciato con la consueta irriverenza e beffarda ironia tipica dell’artista e regista francese. Il formato 4/3 ci rinchiude insieme ad attori, pubblico in sala e maschere all’interno di uno spassoso sequestro di persona dove il rischio di andare “fuori giri” è altissimo.

Forse, anche per questo, Yannick dura soltanto un’ora, nella quale, però, il regista dimostra tutta la sua bravura nel bilanciare un ritmo incalzante con una struttura narrativa abbastanza lineare. Si ride per tutti i 65 minuti ma c’è spazio anche per delle irruzioni nel dramma, come il sorriso malinconico del protagonista (un grandissimo Raphaël Quenard) nei minuti finali. È lo sguardo dell’(anti)eroe contemporaneo, sconfitto nella vita di tutti i giorni (più volte Yannick spiega quanto si senta intrappolato nella sua orrenda quotidianità), ma che si rifugia in quella vecchia, ma ancora funzionante “scatola magica” del teatro per ribellarsi al lento ma inesorabile processo verso l’anedonia personale. Ecco “la porta secondaria” del cinema di Dupieux: una sala, un palcoscenico e una nuova “commedia” da mettere in scena.

 

Titolo originale: Yannick
Regia: Quentin Dupieux
Interpreti: Raphaël Quenard, Pio Marmaï, Blanche Gardin, Sébastien Chassagne, Agnès Hurstel
Distribuzione: I Wonder Pictures
Durata: 67′
Origine: Francia, 2023

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4
Sending
Il voto dei lettori
3 (9 voti)
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