Il caso The Blair Witch Project

Un caso cinematografico di venticinque anni fa rivive tutt’oggi, tra aule di tribunale e annunciati reboot. Il cast dell’originale però non ci sta. Una questione di paura? No, di soldi

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Sull’horror found footage di culto The Blair Witch Project – Il mistero della strega di Blair di Daniel Myrick ed Eduardo Sánchez, siamo convinti di conoscere tutta la verità, eppure, come spesso accade, non è così.

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Infatti, seppur nota, la vicenda di The Blair Witch Project nasconde una moltitudine di retroscena mai realmente raccontati e messi in luce, né dal cast dato per scomparso al termine delle riprese, formato da Heather Donahue, Joshua Leonard e Michael C. Williams, né tantomeno dai suoi registi Daniel Myrick ed Eduardo Sánchez e così dalla produzione, la Haxan Films di Gregg Hale e Robin Cowie. Nonostante molto sia stato raccontato nel corso degli anni tra panel, forum, interviste, saggi e via dicendo, del caso BWP restano nell’ombra diverse faccende e problematiche.

Tra queste, i compensi dovuti al cast – apparentemente 300 dollari ciascuno da un buyout dei rispettivi punti di proprietà sul film, che ha incassato globalmente 248 milioni in tutto il mondo – la gestione emotiva del set, il costo reale dell’intero progetto, il lavoro sul montaggio e l’elemento che più di ogni altro è stato capace di rendere The Blair Witch Project un fenomeno di massa, ossia la creazione del leggendario sito web. Precursore dei tempi, quest’ultimo ha dato il via ad una innovativa operazione di marketing pubblicitario, definibile oggi virale, a cura di Daniel Karcher, celebre almeno quanto lo stesso film, se non oltre.

Dunque se ciò che si conosce su BWP è tanto, il sommerso è ancora di più, e porta con sé irrisolte dinamiche emotive, oltreché economiche. Per fare un solo esempio, il cast, quasi interamente non ha mai davvero accettato il trattamento imposto sul set dai due autori allora esordienti Myrick e Sánchez, poiché forzato dagli stessi ad ore di lavorazione decisamente eccessive che, considerata la natura indipendente del progetto, sono inevitabilmente apparse folli e ingestibili agli occhi dell’intero team, per tutta la durata di girato.

Non ha dunque sorpreso anni fa la citazione in giudizio avanzata dal cast di BWP ai danni della Artisan Entertainment, per aver usato i loro nomi e le loro sembianze nel sequel dello stesso, distribuito internazionalmente nel 2000 e intitolato Il libro segreto delle streghe – Blair Witch 2, flop commerciale devastante. Così come non sorprende affatto ciò che accade oggi, in seguito all’annuncio di Jason Blum, Re Mida dell’horror cinematografico e seriale a budget contenuto, cui dobbiamo la nascita del fortunato franchise La notte del giudizio e James Wan, in accordi con Lionsgate – che ad oggi possiede l’IP di Blair Witch Project – di un imminente operazione reboot dello stesso.

Infatti, secondo Joshua Leonard, Michael C. Williams ed Heather Donahue (oggi, Rai Hance), che si espongono oggi attraverso un’approfondita lettera aperta ripubblicata dalle maggiori testate internazionali cinematografiche e non, Jason Blum, James Wan e Lionsgate dovrebbero riconoscere loro compensi tardivi e futuri, per i servizi di recitazione resi nel BWP originale, equivalenti alla somma che sarebbe stata assegnata tramite SAG-AFTRA, se ciascuno di loro avesse avuto un’adeguata rappresentanza sindacale o legale nel periodo di realizzazione del film.

In aggiunta ai compensi, anche una consultazione significativa su qualsiasi futuro reboot, sequel, prequel, giocattolo, gioco, giostra, escape room, ecc. di BWP, in cui si potrebbe ragionevolmente presumere che i nomi e/o le sembianze di Heather, Michael e Josh saranno associati per scopi promozionali nella sfera pubblica. Fino alla creazione di un The Blair Witch Grant, sovvenzione di 60 mila dollari – ossia il budget del film originale – pagata annualmente da Lionsgate a uno sconosciuto/aspirante regista di genere, per assisterlo nella realizzazione del suo primo lungometraggio. È bene specificare che si tratta di una sovvenzione, non di un fondo di sviluppo, quindi Lionsgate non possiederà nessuno dei diritti sottostanti al progetto.

Insomma, quello di The Blair Witch Project è un vero e proprio caso cinematografico e giudiziario, che avviandosi verso il suo 25° anniversario, non sembra affatto voler cessare di esistere e far discutere, in termini di dibattito sia cinefilo, che sociale. La lettera aperta è pubblicata e concreta, mentre la risposta di Jason Blum, James Wan e Lionsgate ancora remota. Non resta che attendere. Una questione di paura? No, di soldi.

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