Sit Down For Dinner, il ritorno dei Blonde Redhead

Nove anni dopo Barragán la band torna con un disco carico d’affetto, sognante, già acclamato come uno dei punti più alti della loro carriera

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“La vita cambia velocemente. La vita cambia in un istante. Ti siedi a cena e la vita, come la conoscevi, non esiste più.”

Joan Didion; L’anno del pensiero magico

È stato un ritorno atteso, durato nove anni, questo della band indie rock italo-giapponese Blonde Redhead. Dopo Barragán del 2014 il trio, composto dai gemelli Simone e Amedeo Pace e la cantante e chitarrista Kazu Makino, propone Sit Down For Dinner; rilasciato il 29 settembre 2023 e unilateralmente già acclamato come uno dei punti più alti e raffinati della loro intera discografia. Già il titolo parla molto delle intenzioni del disco, che parte e gira ellitticamente attorno l’idea del pasto in quanto rito di condivisione con chi si ama. Sit down For Dinner dunque si apre a delle riflessioni tutt’altro che frivole, perché racconta della vita nel pieno dell’età adulta, dei cambiamenti che comunque persistono e continuano sempre, delle tensioni che plasmano gli affetti e sradicano gli umori. Attraversare questo disco poi significa venire a contatto con una scrittura apparentemente onirica e leggera, ma che assume un valore inarrivabile quando accostata alle immagini surrealiste e malinconiche che evoca.

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Sit Down For Dinner è in tutto e per tutto un concept album. Perché oltre a mostrare una impressionante e bellissima coesione d’affetto tra le undici tracce (che non disturba mai l’ascolto grazie ai calibrati momenti di respiro, come subito dopo Melody Experiment) l’album è dichiaratamente ispirato al romanzo L’anno del pensiero magico (2021) della compianta scrittrice americana Joan Didion. Discrezione e riserbo sono da sempre due delle cifre stilistiche che accompagnano il gruppo, nella vita come nell’arte. E questa – apparentemente infinita – attesa per il loro ritorno è certamente servita a raccontare molto del loro metodo. Infatti i Blonde Redhead ci hanno insegnato che la vita andrebbe assaporata e attesa, anteposta a ogni artificio musicale e/o artistico che sia. E perfettamente allineati ad una società post-COVID 19, anche loro (come nel cinema: Perfect Days, Past Lives) ora guardano la vita attraverso i gesti quotidiani e i più piccoli dettagli; come a suggerire l’inevitabilità dello scorrere del tempo. È inevitabile anche, ascoltando Sit Down For Dinner, non avvertire una certa atmosfera sempre malinconica ed evanescente, come una prolungata immersione dentro un sogno ad occhi aperti. Un lunghissimo dialogo con l’inconscio guida questo disco, che potrebbe benissimo fare da sottofondo a una ininterrotta galleria di sguardi dentro l’estetica dreamcore.

La corrente “visiva” estetica nata su Internet (tra le moltissime) e conosciuta come dreamcore infatti utilizza delle immagini associabili ai sogni, o comunque a uno stato di dormiveglia, per esprimere dei sentimenti di familiarità e nostalgia. Non è da escludere, nella visualizzazione immaginifica di Sit Down For Dinner la corrente gemella del dreamcore, ovvero l’estetica dreamy. Tra le due passa poca differenza in effetti, perché entrambe si muovono in quella linea di confine tra la realtà e il sogno, tra la vita assimilata, familiare e lo sconosciuto, l’inarrivabile. Tutto il disco riflette su uno spazio-tempo non identificabile, impossibile; quasi come gli spazi liminali delle backrooms. Impossibilità di fuga dai sentimenti e dal presente (Not for me, Sit Down for Dinner Part 2) si fondono quindi a una speranzosa e incantevole, rinnovata, voglia di vivere. L’ultimo disco della band newyorkese, in definitiva, si è rivelato una delle sorprese più affascinanti degli ultimi anni. Perché con questo progetto hanno saputo racchiudere il presente dentro un’istantanea dai toni nostalgici, che possiamo immaginare come un infinito cielo colmo di nuvole, magari durante un colorato tramonto.

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