Perfect Days, di Wim Wenders
Il cineasta tedesco torna a Tokyo per ritrovare Ozu e anche la necessità della scoperta delle piccole cose e del proprio passato. Questo è uno dei suoi film più belli e liberi di sempre.

Si chiama Hirayama, proprio come il protagonista dell’ultimo film di Ozu, Il gusto del sakè. Lavora come addetto alle pulizie dei bagni pubblici di Tokyo e conduce una vita abbastanza abitudinaria. Parla pochissimo e ha una grande passione per la musica, i libri e gli alberi che ama fotografare. Wenders segue il suo protagonista, dove la grandissima interpretazione Kôji Yakusho (premiato a 76° Festival di Cannes come miglior attore) crea con il suo personaggio un’intimità nascosta. Diventa il punto d’incontro tra il cineasta e quello che sta filmando. Si esprime quasi esclusivamente con il linguaggio del suo corpo. Prende per mano un bambino che ha perso la madre. Ripete quotidianamente i suoi gesti come quello di farsi la barba la mattina. Trova corrispondenze con sconosciuti come il foglietto della partita a tris in bagno. Cerca la bellezza anche guardando la partita di baseball in tv mentre mangia. Attraverso Hirayama, Wenders trova con una semplicità sconvolgente la poesia del quotidiano, in uno dei suoi film più belli e liberi di sempre. È una specie di Hulot che si ritrova in un futuro a cui estraneo proprio come l’alter ego di Tati in Playtime ma comunque ci convive. I suoi legami non solo con il suo passato ma proprio con la sua storia personale riemergono con una copertina di un libro di William Faulkner, le musicassette di album come quelle di Lou Reed (Transformer), Patti Smith (Horses), sogni in bianco e nero che sono forse le zone d’ombra, proprio come quelle oniriche del cinema di Truffaut.
A sei anni da Submergence, il suo ultimo titolo di finzione, Wenders torna con un film dove dentro c’è tutto il suo cinema migliore che scopre i luoghi attraverso i suoi personaggi, si sofferma sulle prospettive della città ma, in Perfect Days, anche su quelle dei bagni pubblici mettendone in luce anche la bellezza architettonica. Come nel caso di Kaurismäki, è un cinema fatto di attese, di estasi della lentezza, di rivelazioni in un percorso che può essere simile a se stesso e invece scopre ogni volta qualcosa di nuovo. Se negli ultimi anni il cinema di Wenders ci aveva emozionato solo in alcuni momenti, stavolta in Perfect Days lo ha fatto per tutto il film. E anche adesso continua a starci in testa e non ce ne vogliamo liberare.
Premio migliore attore a Kôji Yakusho al 76° Festival di Cannes
Titolo originale: id.
Regia: Wim Wenders
Interpreti: Kôji Yakusho, Tokio Emoto, Aoi Yamada, Sayuri Ishikawa, Arisa Nakano, Yumi Asô, Tomokazu Miura, Min Tanaka
Distribuzione: Lucky Red
Durata: 124′
Origine: Giappone, 2023
Sottoscrivo ogni parola. Ci lamentiamo quando ci capita una disgrazia, ma il problema è che non sappiamo riconoscere il bello che c’è attorno a noi ogni santo giorno. I colori, i suoni, un sorriso. Ci serve un esistenza zen. Indubbiamente, se vogliamo salvarci dalla banalità, anche del male, dobbiamo riscoprire i piccoli gesti quotidiani, valorizzarli: un sorriso, un bacio, una frase incoraggiante. Hirayama è solitario, ma non è chiuso in se stesso. Grazie