CinemAsia – Hong Kong Back in Action

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Nell'era delle co-produzioni con la Cina continentale, Hong Kong continua a puntare sull'azione come principale fonte di visibilità internazionale. Unbeatable, Special ID e Badges of Fury raccontano da prospettive diverse come sia ancora possibile. La rubrica è a cura di www.asiaexpress.it

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special idL'industria cinematografica di Hong Kong, al di là delle apparenze e della crescente notorietà in Occidente proprio da quel periodo, è entrata in crisi già nella prima metà degli anni '90, dal 1994 circa. Il ritorno alla madrepatria cinese nel luglio del 1997, temuto da molti anche nel mondo del cinema, che tanti allontanamenti celebri ha creato (John Woo, Jackie Chan, Ringo Lam, Kirk Wong, Jet Li, per esempio), è stato in realtà da questo punto di vista anti-climatico, nel senso che non ha segnato nessuna vera rottura di passo. L'inasprimento della crisi è in realtà dovuta in maggior parte a fattori collaterali, dalla caduta dei mercati est asiatici, acuitasi nel 1998, alla fine del dialogo privilegiato con Taiwan, in passato principale fonte di export, dal dilagare incontrastato della pirateria, fino alla progressiva disaffezione del pubblico locale.

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Tra il 1999 e il 2002 circa la principale carta giocata dai produttori hongkonghesi per contrastare il disgregamento è stata quella transnazionale, con prodotti sempre più immaginati per un mercato globalizzato: ne sono una prova ad esempio Gen-X Cops (Benny Chan, 1999), 2000 A.D. (Gordon Chan, 2000), China Strike Force (Stanley Tong, 2000) o Tokyo Raiders (Jingle Ma, 2000) – tutti film che puntavano sull'innalzamento del budget, la riconversione a un immaginario da blockbuster di stampo hollywoodiano e lo stemperamento delle caratteristiche locali (quelle che in realtà avevano reso noto il cinema hongkonghese in tutto il mondo). La strategia si è rivelata insufficiente, se non fallimentare in toto.

bages of furyIl cambio di prospettiva si è avuto nel 2003, con la firma tra Cina e la Regione ad Amministrazione Speciale di Hong Kong degli accordi CEPA (Closer Economic Partnership Arrangement), entrati in vigore nel 2004, che insieme ad altri punti legati a economia e finanza, permettevano l'ingresso su suolo cinese dei film in co-produzione come prodotti cinesi in tutto e per tutto. Si è trattato di un cambiamento epocale che ha renderizzato gli sforzi hongkonghesi alla conquista del mercato cinese. In un primo momento l'innesto è stato traballante, con uno scontro frontale tra star systeme e metodi produttivi locali e maestranze e temi della Cina Popolare. A dieci anni di distanza da quegli accordi si sta però delineando un nuovo percorso, che sta cambiando sia il cinema di Hong Kong per come lo conoscevamo, sia ancora più sorprendentemente il cinema della Cina, sempre più votata all'entertainment e ormai sulla strada per diventare rivale diretto dello strapotere di Hollywood.

unbeteableNel contesto del cinema di Hong Kong, grande importanza hanno continuato a rivestire i prodotti action, insieme alle commedie sentimentali e ai noir di scuola Milkyway. Tre pellicole del 2013 molto diverse tra loro permettono di guardare agli sviluppi del cinema d'azione locale (o più precisamente “pancinese”, ormai) da tre prospettive diverse: Badges of Fury dell'esordiente Wong Tsz-ming, Special ID di Clarence Fok e Unbeatable di Dante Lam.

Badges of Fury è diretto dal figlio del noto produttore Chui Bo-chu (tra gli altri dietro ai successi di So Close, Kung Fusion, Confucius), e vede la presenza della star transnazionale Jet Li: è un classico buddy-cop movie dal tono scanzonato e leggero, con saltuari combattimenti coreografati da Corey Yuen. La storia è in filigrana – un team di tre poliziotti indaga sugli omicidi di alcuni uomini, morti con il sorriso sulle labbra; le principali sospettate sono due sorelle, diversissime tra loro, con cui le vittime hanno avuto tutte una relazione. Si tratta di poco più di un pretesto per inscenare diverbi tra i poliziotti, battute con special idpoco mordente e gli scontri marziali di cui sopra, con uso abbondante di cavi ed effetti speciali scadenti. In sé Badges of Fury è scombinato, assemblato con fretta e poca coerenza, ma in alcuni passaggi ricorda proprio il cinema di Hong Kong degli anni '90, con quella sua fretta vertiginosa nell'incasellare generi diversi, affastellare movimenti e tagli con furia quasi barocca. Prodotto pienamente inserito nel nuovo contesto di co-produzione, è peculiare nel suo rivolgersi a un immaginario così specifico, pur rimanendo per niente interessante dal punto di vista stilistico, tematico, artistico.

Special ID ha alle spalle un artigiano consolidato come Clarence Fok (noto a quasi tutti almeno per Naked Killer, del 1992) e l'identico tentativo – come per Badges of Fury – di unire azione, toni scanzonati e una trama risibile. Solo che in questo caso la regia è consistente, la star assoluta è Donnie Yen, ormai icona delle arti marziali, grazie soprattutto al successo del franchise Ip Man, che qui produce e dirige le coreografie, e i toni sono più cupi e sgranati. Yen interpreta un poliziotto hongkonghese infiltrato nelle triadi, tanto profondamente quasi da non ricordare più di essere un poliziotto, che viene spedito con una identità segreta in Cina per dipanare un caso riguardante un boss delle triadi: qui deve collaborare badges of furycon una poliziotta locale (Jing Tian, che pesa poco più di una piuma, ma è in grado di picchiare con molta convinzione – tanto da essere chiamata anche nell'imminente nuovo Police Story con Jackie Chan) e arrivare allo shodown finale con l'overacting villain Andy On, non senza aver salvato la sua traballante relazione con la cara vecchia mamma. Gli elementi sono raffazzonati, ma le coreografie ottime, aiutate dalla fluidità dei passaggi narrativi schematici e dai battibecchi tra Donnie Yen e Jing Tian. Special ID sfrutta i vantaggi delle co-produzioni per reintrodurre quegli elementi seriali e febbricitanti tipici degli anni '90 nel mutato panorama del nuovo millennio.

Infine Unbeatable, che appartiene alla porzione illuminata della altalenante carriera d'assalto di Dante Lam, nel recuperare quella dimensione intima e insieme viscerale delle migliori produzioni hongkonghesi. È la storia di un ex campione marziale in fuga dai debiti (un magnifico Nick Cheung), di una madre single dai burrascosi trascorsi (Mei Ting) e di un giovane in difficoltà economiche in rotta con il padre (Eddie Peng): le strade dei tre si intersecano a Macao, l'ex colonia portoghese tornata alla Cina proprio come Hong Kong, quando il giovane viene allenato dall'ex atleta per partecipare a un torneo di arti marziali miste. Lam unbeteable2rimane rigorosamente entro i confini del già visto, ma gestisce con acume sia i picchi emotivi, debordanti verso il melodrammatico, sia i violenti scontri corpo a corpo, esaltati dalla velocità di calci e pugni. Il nucleo vincente è però rappresentato dall'alchimia tra gli attori, sia nella parte mentore-allievo (Cheung-Peng), sia in quella più propriamente sentimentale (Cheung-Ting), configurando un film esaltante nelle sue qualità di intrattenimento basico.

Badges of Fury, Special ID e Unbeatable (in ordine crescente di interesse da un punto di vista filmico) rappresentano differenti approcci al mutare del contesto produttivo di Hong Kong, con le possibilità della co-produzione sfruttate da diverse angolature e il prisma di genere dispiegato dalla commedia dichiarata al dramma insistito. Il comune denominatore è il riferirsi a un certo cinema hongkonghese del passato per ammiccamenti, strutture narrative, strategie produttive, ma forti di una nuova consapevolezza. Non è un segno di ripresa per il cinema di Hong Kong, ormai destinato a mutare in qualcosa di ulteriore, né il definitivo modello di integrazione che inevitabilmente si verrà a formare nel futuro tra Hong Kong e Cina, ma una tappa significativa in questo viaggio di studio reciproco.

 

La rubrica è a cura di www.asiaexpress.it

 

 

 

TRAILER DI BADGES OF FURY

 

 

 

 

TRAILER DI SPECIAL ID

 

 

 

 

TRAILER DI UNBETEABLE

 

 

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