Coco, di Lee Unkrich e Adrian Molina

Più che un’operetta etica, un memento no mori, frutto di una cultura dichiaratamente latino-mediterranea fatta di passaggi generazionali, commemorazione abitudinaria che diventa sentimento d’amore

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Siamo davvero stanchi di commuoverci e innamorarci ancora con l’ennesima nuova “macchina” emotivo-commerciale creata, a fine dell’anno, dalla premiata ditta Pixar-Disney per sbancare classifiche critiche e box office. Eppure è impossibile fare altrimenti. Coco, come i precedenti, si inserisce alla perfezione nell’implacabile scia di prodotti straordinari realizzati dalla Pixar negli ultimi anni. Nato dall’idea borderline dell’animatore Adrian Molina, qui affiancato alla regia dal fenomeno Lee Unkrich, Coco è la storia del piccolo Miguel, aspirante mariachi cresciuto tra il mito dell’attore-cantante Ernesto de la Cruz e l’odio familiare verso la musica, alle prese con un’entusiasmante avventura musicale nel colorato regno de los muertos.

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Ad uno sguardo superficiale, il film è, com’era da aspettarsi, perfetto. Mix ideale tra personaggi dal prevedibile successo di merchandising (il bizzarro cane Dante), sfarzo estetico da far girare la testa e una linearità narrativa dall’efficacia sicura, Coco è un lavoro visivo di grandissimo artigianato, sempre in perfetto equilibrio tra l’aggancio attuale (il mondo dei talent musicali) e la tradizione atemporale e classica della Storia Disney, tra l’omaggio sincero alla cultura latino-messicana e lo stereotipo discreto da export globale. Sempre sul mero comparto tecnico da sottolineare, mai abbastanza, lo stupefacente lavoro audio-musicale. Se il cast vocale, per l’occasione, riunisce il meglio della Hollywood latinoamericana dal punto di vista della colonna sonora Coco, in pieno stile disneyano, si rivela il miglior musical della stagione cinematografica.

Andando però oltre la semplicità di una buona favola commerciale, Coco, però riserva, una profondità concettuale che, al di là dei risvolti materiali, sembra essere il tassello fondamentale di un percorso ideologico-pedagogico ben preciso. Dopo aver toccato temi vertiginosi come l’accettazione della tristezza o il decadimento fisico, la Pixar arriva a presentare al suo pubblico più giovane la Morte nel modo più delicato possibile, trasformandola nella più dolce delle avventure. Con un lucidissimo e laico approccio, gli autori riescono a veicolare messaggi di rara potenza, deviando il focus dalla peggiore delle paure ad una morale, forse banale ma dall’impatto deciso: il Ricordo sconfigge la Morte. Coco diventa, più che un’operetta etica, un memento no mori, frutto di una cultura dichiaratamente latino-mediterranea fatta di passaggi generazionali, sogni tramandati da avi a discendenti e legami che dalla commemorazione abitudinaria diventano puri sentimenti d’amore. Non è un caso che sia proprio Miguel, il giovane protagonista pervaso dall’Arte (il Cinema, la Musica), il medium ideale dove l’Eterno Passato torna continuamente a rivivere Attuale, a prendersi la responsabilità di ricordare e rappresentare il peso della Memoria.

Titolo originale: id.
Regia: Lee Unkrich e Adrian Molina
Interpreti (voci originali e italiane): Mara Maionchi, Valentina Lodovini, Matilda De Angelis, Gael Garcia Bernal, Ana Ofelia Murguía, Anthony Gonzalez, Benjamin Bratt, Alanna Ubach, Renee Victor, Jaime Camil, Alfonso Arau, Edward James Olmos
Origine: USA, 2017
Distribuzione: Walt Disney Pictures Italia
Durata: 109′

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