Da Spring Roll a Zeus Machine: l’evoluzione dello Zapruder filmmakersgroup

Il collettivo italiano si spinge ai limiti della sperimentazione, spaziando dal teatro di ricerca alla stereoscopia, ponendosi al confine tra arti figurative, performative e cinematografiche

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Visto all’ultima Berlinale 70, Zeus Machine. L’invincibile (2019) del collettivo Zapruder (il nostro miglior film italiano dell’edizione 2020 di Berlino) è la versione filmata di un’istallazione, ispirata alle fatiche di Ercole ricollocate all’interno del moderno contesto sociale, che vinse il premio MAXXI nel 2016. Dopo la prima al festival fiorentino “Lo schermo dell’arte Film Festival”, quest’opera di approfondimento sul rapporto tra arte figurativa e immagine in movimento, di indagine sul binomio uomo-eroe, modernismo-classicismo, approda al FilmMakers di Milano e poi a Berlino, presentata dal gruppo di artisti italiani composto da David Zamagni, Nadia Ranocchi e Monaldo Moretti. Il nome  ZAPRUDER filmmakersgroup si ispira a quello del celebre cineamatore Abraham Zapruder che nel 1963 riprese casualmente, con una cinepresa Super 8, l’omicidio del presidente Kennedy.

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Dal momento della sua formazione, nel 2000, il collettivo si è occupato di indagare il così detto “cinema espanso” o “da camera”, oltre a molti film stereoscopici e pellicole al di là dei normali canoni cinematografici: risulta dunque caratteristica la lunga attività di sperimentazione, in grado di partorire numerose installazioni – spesso innovative e provocatorie – e di favorire diverse collaborazioni nell’ambito del teatro di ricerca italiano (ad esempio, con Motus, Fanny & Alexander e Romeo Castellucci/Socìetas Raffaello Sanzio).

Nell’ultima “fatica” del gruppo – la videoinstallazione Zeus Machine/Salita all’Olimpo, esperienza in loop in un tempio cubico dorato posizionato all’interno del MAXXI di Roma, vengono sperimentate molteplici forme espressive, tra immagini, suoni, slapstick e performance, in continuo (dis)equilibrio tra astrazione e realtà, in cui riaffiora, veicolata da una buona dose di umorismo, la componente mitologica, trasposta in chiave moderna.

Tra le opere realizzate negli anni più prolifici, tra il 2001 e il 2012, ricordiamo: Spring Roll, primo cortometraggio presentato al Festival di Bellaria; Daisy, dammi la mano son pazzo di te e Nervi nella sezione 150’’; Morning Smile, film che gioca sul meccanismo di associazione di due situazioni diverse e concomitanti, storie che si intrecciano nello stesso spazio; Daimon, ciclo di film stereoscopici che sperimentano la tecnica 3D; Pletora. Il dono, film stereoscopico realizzato con la tecnica tridimensionale dell’anaglifia; Cock-Crow, film stereoscopico presentato a Venezia 66 nella sezione “Orizzonti”; Fault, installazione stereoscopica su due piani che frammenta la visione e moltiplica i punti di vista; All inclusive e Joule per il progetto Chiavi in mano, indagine sulla complessa relazione tra lavoro, dono e sacrificio; The Hypnotist Dog, Suite, Spell, I topi lasciano la nave (Yes Sir, I can Boogie) per il progetto Spell; gli studi sulla comunicazione e sulla espressività linguistica con le varie performance di Speak in Tongues, le sigle del Festival di Roma sotto la direzione di Marco Müller. E ancora, i concerti-performance Criptofonia (concerto per farfisa, fruste, e microfoni remotati), (S)wing (concerto per cento bengalini, microfoni e loop station), Suite/concert (concerto per tennis da tavolo, farfisa, microfoni remotati). 

Di recente Zapruder ha realizzato il set-performance Anubi is not a dog in occasione di Arte Fiera 2020 a Bologna, dove il pubblico ha potuto seguire lo sviluppo di tutte le fasi creative, dalla preparazione al ciak, dal riscaldamento dei performer alla manipolazione del suono. Il tema principale verte sul rapporto di affinità simbiotica che si crea tra i cani e i padroni, tra il possedere e l’essere, tra il gioco e lo spettacolo, in una continua sperimentazione artistica, cifra distintiva del gruppo.

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