DIBATTITO Risi vs. Vitali: a proposito della commedia all'italiana, del trash, della critica e di Sentieri selvaggi…

Prosegue il dibattito sul trash nel gruppo di discussione della redazione di Sentieri selvaggi. Eccovi un sunto, riorganizzato per temi e voci. Per riprendere il filo di una discussione complessa, che ha preso spunto dall'intervista a Dino Risi sul recupero del cinema di Alvaro Vitali.

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Riassunto e titoli a cura di Paolo Tenca

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#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

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ARDIMENTI


La sensazione è che anche la critica cinematografica abbia bisogno di creare
tendenze, un po' come la moda. Tarantino ha avuto l'ardire di sbellicarsi pubblicamente dalle risate davanti ad alcuni esempi di cinema trash del periodo, dichiarando di apprezzare moltissimo il genere (opinione in molti casi anche condivisibile); di conseguenza oggi TUTTO ciò che rientra sotto questa denominazione è da rivalutare, senza aver prima applicato una vera e propria forma di giudizio. Perchè?


Per quanto riguarda Alvaro Vitali… Appena nato, il personaggio di Pierino
poteva essere considerato innovativo, era un giullare con delle trovate anche
originali. Ma, siamo onesti, film dopo film non ha fatto altro che ripetersi,
non ha tirato fuori nulla di nuovo, rivelandosi un personaggio a mio parere
piatto e limitandosi a cavalcare l'onda della volgarità. (Giulia Arbace)


PALETTI


Non sono tanto i film di Alvaro Vitali che sono da ricordare. Sono i film di
Dino Risi che sono brutti. Altro che maestro! Ha solo sbagliato un film, nel
senso che gli è venuto fuori molto bello, cioè Una vita difficile. Ma per il
resto i suoi film sono tutti quadretti con i bozzetti rassicuranti di Age,
Scarpelli e Scola, che si ricordano per i dialoghi e non per il suo piattume
visivo. Risi del resto non è la prima volta che si scaglia contro qualcuno. Lo
aveva fatto con Moretti in occasione di La stanza del figlio, lo ha fatto ora
con Vitali. Chi sarà la prossima vittima?
Del resto la commedia all'italiana ha ucciso il cinema di genere. Se
Pietrangeli, Bava o Margheriti fossero nati all'estero, forse oggi avrebbero ben
altra considerazione critica e non sarebbero stati oggetto di tardiva
rivalutazione. Risi invece è il maestro che mette i paletti, che ci dice cosa è
cinema e cosa non lo è. Anche Monicelli è un regista mediocre, ma almeno non
rompe i coglioni. (Simone Emiliani)


 


CRITICA CRITICA


Il revisionismo di certo genere "trash" è partito guarda caso da un regista, Quentin Tarantino. Così come all'epoca la rivalutazione di Hitchcock iniziò proprio da Truffaut. Liquidare la questione con un "Risi dovrebbe farsi i cazzi suoi" lo trovo poco costruttivo, così come vedere nell'intera commedia all'italiana un "bozzetto rassicurante". Se poniamo il dibattito su questo piano, rischiamo d'imbatterci di nuovo nel vicolo cieco "Vacanze di Natale è un capolavoro, mentre Fellini va smitizzato". Senza risparmiare una certa supponenza, Risi ha invece posto una questione fondamentale proprio alla critica critica (guarda caso si stava facendo intervistare da un giornalista… e credo che la provocazione la riferisse a lui in prima persona), cioè a quelli che si fanno carico del diritto/dovere di sindacare. Ovvero: nell'epoca dei reality show, il giornalismo di settore deve ancora dire del bello e del brutto di un'opera, oppure i paletti sono ormai saltati completamente? (Marco Iannini)


 


PAPPAGALLI
Molta critica toppa alla grande e anche noi toppiamo alla grande. Personalmente vedo ne Il sorpasso uno dei film più sopravvalutati degli ultimi 40 anni. E tra le "pagine importanti" di Dino Risi c'è anche un'indimenticabile Teresa con Serena Grandi che faceva la camionista. Lui ha diritto di dire ciò che vuole, è giusto. Il problema è che lui da anni comincia a contestare tutto ciò che è esterno alla commedia all'italiana diventando ripetitivo. Dare spazio a questa polemica a me è sembrato francamente inutile tanto è una specie di disco rotto che continua a girare. Del resto se il nostro compito è fare i pappagalli e dire sempre le stesse cose (Fellini è un maestro, Vanzina è volgare, il cinema non d'autore non lo vedo) allora ha ragione Risi, che non dimentichiamo, ha anche incensato Virzì e Muccino. (Simone Emiliani)


 


MOSTRI


Proprio perchè Sentieri Selvaggi non è un luogo di pappagalli e ha il
coraggio di assumere posizioni controcorrente o all'apparenza provocatorie,
direi che talvolta è bene fermarci a riflettere. La nostra rivista si fa
talvolta portabandiera (o più spesso unica voce fuori campo) di certi
"sdoganamenti", ma questo può esporre al rischio di essere pappagalli al
contrario, di autocelebrare in maniera sterile la nostra diversità. Odio le idee stantie, univoche e forzosamente coerenti sul cinema, gli schemi monolitici, le
teorie omnicomprensive. Ma il relativismo a tutti i costi può generare
mostri. (Marco Iannini)


 


COMPARSE


Sentieri selvaggi persegue da tempo una discutibile politique des auteurs
che ha trasformato un regista interessante ma certo non indispensabile come
Brad Silberling in un sommo cineasta, un accademico come Ron Howard in una
sorta di nuovo John Ford, un discontinuo filmaker come Taylor Hackford in
una sorta di salvatore della patria hollywoodiana, persino un mediocre
mestierante come Edward Zwick, secondo la vulgata dei selvaggi, avrebbe una
solida "poetica"… Ecco, tutto questo disquisire di Tematiche, Stili, Estetiche, Corpi Filmici riferito a nomi che sono poco più che comparse nella storia del cinema, mi fa sorridere. Penso che sia quanto meno… ingenuo. E a fronte di questa impostazione si demoliscono Risi e Monicelli? Oppure è solo perché sono registi venerati dai critici che non ci piacciono? In questo secondo caso, scenderemmo al loro livello… (Mauro Gervasini)


 


POLITICHE
Con Silberling, Howard, Hackford non è che si vuole creare una politica degli
autori. Lì c'è giustamente l'esclusiva dei Cahiers e mettersi a imitare dei
modelli critici significa fare nuovamente i pappagalli. Penso però che certi
registi vadano visti, analizzati, e nel caso amati anche se non si chiamano
Scorsese, Rossellini o Michael Mann. Poi è chiaro che ognuno ha la propria
sensibilità che va oltre il film. (Simone Emiliani)


 


AMARE
Tutto ciò "che esiste e esisteva senza di me, può continuare senza di me ed io
senza di lui", mi piace citare questa espressione di Serge Daney, forse
estraendola da un contesto un po' (troppo) diverso, ma qui mi sembra possa
essere più che appropriata. Ancora: "Il rimpianto ultimo di non essere stato
rapito, portato via, di non essere stato (deliziosamente) "rubato" da un uomo,
un padre – mio padre – tornato dal cinema per cercarmi"… Allora?… L'uso di
queste citazioni (svianti) cosa hanno a che vedere con la polemica sul cinema di
genere o sull'omaggio della cinematheque al Pierino di Alvaro Vitali. Al diavolo
Dino Risi e Alvaro Vitali, che per me non hanno significato niente, né
cominceranno a farlo da questo momento… Ma così la critica potrebbe perdere il
tempo e l'opportunità "storica" di un bilancio sul cinema, sul cinema italiano,
sul cinema cosiddetto di "genere", o l'occasione di una divertente e divertita
revisione carnevalesca sui nuovi o vecchi mostri della commedia italiana…
Prendendosi troppo (poco) sul serio… E rimanere indietro… Povero me quanto altro
indietro dovrò rimanere… Ma ho l'impressione di poter continuare anche così!
La forza di una rivista come Sentieri Selvaggi (e lo dico con orgoglio e
presunzione) è stata quella di aver amato senza concessioni. Esistono ancora da
qualche parte nei "cassetti" della memoria le lettere d'amore scritte(?)…
"Quanta (inutile) nostalgia"… Solo che non parlo del (non mi) ricordo dove ho
appoggiato gli occhiali "da vista" o di qualche altro (godibile) ricordo a fior
di pelle, ma dello stato d'animo, di quel sussulto del sentimento con cui
abbiamo vis(su)to. Il cinema " è il regno della non-morte, dove l'unica morte
possibile è quella dello sguardo che dimentica di aver amato"… Non ricordo dove
ho letto queste nostalgie, forse sulle pagine della (mia) rivista, nostalgie
spesso "plagiate"… Tanto a nessuno non sarà perdonato per aver "troppo" amato.
Con la consapevolezza di essere confutabile… Dopotutto possiamo sempre scegliere
tra il tradire e l'amare… (Michele Moccia)


 





MERITI


Sulla commedia "all'"italiana è sacrosanto discutere, anche, se si vuole,
demolendone i luoghi comuni. È stato fatto, con esiti anche interessanti
(penso ai contributi dei vari Fofi, Maurizio Grande, Canova…). Ciò non
toglie che alcune opere di Risi e Monicelli siano tutto fuorché "bozzetti
rassicuranti". E anche circa il "piattume visivo", oddio. Se Anima persa è
un film visivamente "piatto" allora è proprio vero, citando Moretti, che vi
meritate Il cartaio.
Invito tutti i partecipanti a questa bella discussione a vedere, se già non
l'avessero visto, il mio Risi preferito, La stanza del vescovo, e a
sostenere che sia privo di quella morbosa inquietudine che certi registi "di
genere" si sarebbero sognati… A me piace Margheriti, ma un film così
sarebbe stato al di fuori della sua portata… (Mauro Gervasini)


               


PERSONE


Chiaramente non è che tutti i film di Risi e Monicelli sono brutti. "Una vita difficile" è bellissimo, anche Anima persa è bello e mi sono piaciuti anche Il vedovo e Viale della speranza. Ma quanti film ha fatto Risi? Quante immagini degli anni Sessanta ha ripreso da quel cinema "vacanziero" (Appuntamento in Riviera di Mattoli, Vacanze d'Inverno di
Mastrocinque, Costa Azzurra di Sala) in film come, per esempio L'ombrellone ma
anche l'immagine di Castiglioncello in Il sorpasso) e poi quando lo ha fatto
Vanzina vent'anni dopo è stato definito volgare? Anche di Monicelli mi piace
molto Un borghese piccolo piccolo, Speriamo che sia femmina e Romanzo
popolare. Ho rivisto in DVD invece I soliti ignoti e l'ho trovato molto
datato, quasi statico e soffocato da dialoghi di figure che sembravano provenire
dalle maschere della Commedia dell'Arte.
E' chiaro che certe posizioni ci dividono nettamente. A me piace Il cartaio come
a Mauro Gervasini può piacere Haneke. Ci abbiamo già discusso e penso che continueremo a farlo. Ciò non toglie la passionalità che ci permette di amare/odiare quello che vediamo.Del resto aveva ragione anche Truffaut quando, in un certo senso diceva che i film sono come le persone. Alcune ci piacciono, altre ci stanno sul cazzo, altre che ci piacevano prima ora non ci piacciono più e viceversa. A me Il sorpasso, che mi era sempre piaciuto, quando l'ho rivisto due anni fa mi è cominciato a stare sul cazzo. (Simone Emiliani)


 


 


VENDETTE
Sono d'accordo che il relativismo a tutti i costi sia dannoso. Non bisogna
infatti essere pappagalli ma neanche bastian contrari per partito preso
altrimenti si sfiora comunque il ridicolo. Però penso che Risi parli perché si
vuole togliere qualche dente avvelenato, perché è incazzato con qualcuno e
allora la polemica è solo un pretesto. Il fatto che abbia tirato in ballo Alvaro
Vitali secondo me dipende dall'omaggio che gli hanno reso i francesi. E per la
polemica con Moretti in occasione di La stanza del figlio, si è voluto
vendicare di quando Moretti in Eccebombo prendeva in giro Manfredi nel
momento in cui voleva offrire una sigaretta a Pamela Tiffin in Straziami ma di
baci saziami. Ciò che mi spiazza della polemica è che Risi da tempo ci dice chi è bravo e chi no, e ciò lo fa anche con una stampa che può amplificare ogni sua frase. Mi sembra che entrino in gioco anche delle questioni personali, delle antipatie proprie.


Personalmente penso che un film come "I mostri" abbia ispirato tanto brutto
cinema, con sketch, siparietti che si possono vedere anche a teatro, ma con in
più un montaggio che vedo come pericolosa manipolazione. Anche Mastrocinque
buttava la macchina da presa addosso a Totò e lo faceva agire per svariati
minuti. Ma con uno spirito, una libertà che Risi neanche si sogna. E poi sembra
oggi che Risi e Monicelli siano gli unici portavoce della commedia italiana (non
commedia all'italiana) degli anni Sessanta, ignorando il lavoro di Pietrangeli,
Salce e Lattuada che mi sembra di gran lunga più stimolante. Del resto anche
Monicelli ebbe la sua brava polemica con Moretti in una trasmissione televisiva
del '77 proprio in occasione dell'uscita di Eccebombo. (Simone Emiliani)


 


PERSUASIONI
Quello che mi spaventa della critica attuale è proprio che non vedo alcun
orientamento critico! Si va a tentoni. Questo da un lato è bene perchè
toglie di mezzo le idee preconcette, l'accademismo, la sudditanza imposta
verso certi autori. D'altro canto credo però che la critica debba ancora
rivestire un ruolo-guida. Se non lo dice lei quel che è bello (quando è
addirittura pagata per farlo), chi deve dirlo? Altrimenti si finisce per
sostenere che Maria De Filippi è l'artista globale, solo perchè ha rinnovato
il linguaggio della televisione, ha creato nuove mitologie e ha imposto
inediti standard di gusto. O che Taricone è un attore più importante di Al
Pacino. E sono sicuro che si finirà così, se la critica inizia a mollare la
presa mettendo in discussione tutto. Aprire al trash, al b-movie, allo
sperimentalismo è un conto, e va bene. Occorre soltanto capire e argomentare
bene perchè un fenomeno debba essere rivalutato. E io in Amici di Maria De
Filippi" non salvo nulla. Come pure nei film di Alvaro Vitali. Ancora non ho
letto/ascoltato un'argomentazione persuasiva che mi sproni a rivalutare quei
film. (Marco Iannini)


 


TELEVISIVI


Non sono nella linea di rivalutare, Alvaro Vitali. Vanno intesi come un cinema del periodo, commercialmente fortunato, e comunque da analizzare e poi,semmai, rifiutare. Ma non negare a priori. Sui paragoni televisivi (Maria De Filippi, Taricone) preferisco tenermi a distanza. Del resto per definire un brutto film si utilizza il termine televisivo. E' sbagliato. Ci sono serial televisivi migliori di tanti film. (Simone Emiliani)



 


RELATIVI
Non tutto il cinema può o deve per forza essere amato al di fuori di una potenziale storia del cinema, che alle volte si è solo di passaggio, anche nel senso esistenziale del termine se si vuole, e che si ha il bisogno di scegliersi degli amori con cui condividere il proprio percorso formativo e passionale, che il nostro sguardo e il nostro animo hanno bisogno di essere selettivi. E quando parlo di passionalità non intendo assolutamente affidarmi ad una visione critica impressionistica e relativistica, che sceglie il silenzio sul cinema "tout court" e preferisce quello in cui rintracciarvi i propri fantasmi o ricercarvi le proprie ossessioni. Il cinema, come l'arte in genere, è fatto della materia propria della vita, cioè di presenze che sono sempre in uno sguardo, anche quando si tratta solamente del mio sguardo. Di corpi, e mi si passi la parola corpo (forse qui troppo generica), in cui ognuno di noi ha amato annegare. Tutto questo viene prima di quella razionalità che ci spinge e ci impone di scrivere in maniera logica dei rimandi e del contesto storico in cui (occorre?) collocare le opere, in questo caso cinematografico. Le mie riflessioni, siano pure smaccatamente sentimentali e noiose, non hanno la presunzione di insegnare nulla, anzi da voi non ho che da imparare, ma non mi sembra che dalle persone che ho sempre amato leggere e di cui oggi mi piace far parte abbiano davvero dibattuto sull'importanza per loro, nella loro formazione di quel tipo di cinema di cui si è parlato e che è la fonte di questo dibattito. Essere pro o contro Dino Risi o Alvaro Vitali, come ha scritto Umberto Martino, rischia di essere una polemica inutile e sterile, fatta anche di beccate che lasciano il tempo che trovano e allora sì che si rischia il relativismo o meglio di essere relativi. (Michele Moccia)



ROMA
Si tratta di passioni, di scegliere i propri compagni di viaggio. E la
Cinématheque
ha scelto il suo compagno di viaggio. Ripeto, a me Vitali non

piace, ma quando si scrive un saggio, un libro, si organizza una rassegna, si
scelgono i propri amori e/o perversioni. Si può essere d'accordo o no. E, come
si dice a Roma, Risi ce deve stà. (Simone Emiliani)

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