Dogtooth (Kynodontas), di Yorgos Lanthimos

Ritratto feroce di una famiglia isolata dal mondo per la paura di essere contaminata dalla corruzione, il film di Lanthimos arriva in sala in Italia a 11 anni dal suo passaggio a Cannes

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Kynodontas è stato presentato nella sezione Un certain regard di Cannes, nel 2009, e premiato con il titolo di miglior film. L’atmosfera surreale ed allegorica ha già lo stampo embrionale del cinema di Lanthimos, l’asfissia, il rigore, tematiche esplorate ed approfondite insieme ad Efthymis Filippou, sceneggiatore insieme allo stesso regista greco di ben quattro film. La storia racconta dell’isolamento di una famiglia dal mondo, segregati in una splendida villa, circondata dal verde, ma recintata per impedire contatti con l’esterno. L’unico ad avere il permesso di superare la soglia è il capofamiglia, indicato genericamente come padre, mentre la madre e i tre figli restano al sicuro lontani dai pericoli. Ingannati dalle omissioni, i ragazzi vengono allevati in un clima asettico, dominato da una realtà intesa come merce di scambio ed in perenne competizione, modello astratto di un’educazione concettuale nel quadro di un assetto evidentemente tragico. L’arrivo di Christina, reclutata per elargire favori sessuali al figlio maschio, genera scompiglio, rompe un equilibrio costruito sulle bugie e l’ipocrisia.

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La distopia cinematografica immaginata cancella qualunque sentimento, a favore di un incubo utilitaristico, ed il risultato della repressione è uno sviluppo di istinti feroci, incontrollabili scatti d’ira, il fraintendimento come regola base per camuffare le apparenze indesiderate. Una demolizione della struttura familiare spinto fino all’inverosimile, un discorso continuato con Alps nell’insistere sulla disciplina e l’esasperazione dei corpi, fino allo sfinimento fisico e nervoso. In The Lobster i single vengono reclusi in un ultimo tentativo di evitargli la corruzione, con il rischio di essere trasformati in animali, loop carico di riferimenti simbolici, una regressione in Kynodontas sintetizzata nell’adozione di una gestualità animale. Resta il medesimo l’approccio stilistico, camera fissa, toni molto freddi, con qualche piccola differenza dal lato empatico, sempre ridottissimo. La chiusura del cerchio arriva con Il sacrificio del cervo sacro e le distorsioni di un amore vissuto in assenza di gioia, il desiderio figlio di una malattia, e l’atto sessuale ridotto ad un puro esercizio meccanico, l’illusione di una sicurezza impossibile da raggiungere. La minaccia arriva da fuori per stravolgere un complesso già ampiamente scricchiolante.

Fanno impallidire gli improvvisi fiotti di sangue sullo schermo, le aggressioni, la violenza inconsulta, che scorre sottotraccia fino a liberare tutta la sua frustrazione, parametri di un thriller claustrofobico, da pandemia indotta ante litteram. Stabilite le premesse, diventa comprensibile il tentativo di spingere al limite il ricorso alla metafora, meno il voler ridurre la socialità dentro compartimenti stagni, monoliti sotto assedio, monadi indipendenti e solitarie. La disintegrazione dell’istituzione familiare patriarcale, riserva di una verità impossibile, degenerata, fuori dal tempo e superata dal relativismo, viene osservato dall’interno, in una sorta di autocombustione. Il rifiuto ideologico viene asciugato della complessità del divenire, del bruciare ininterrotto dei rapporti umani, per entrare nei confini di un cinema apocalittico e disperato, chiuso dentro la logica che si vorrebbe smentire.

Titolo originale: Kynodontas
Regia: Yorgos Lanthimos

Interpreti: Christos Stergioglou, Michele Valley,  Angeliki Papoulia, Hristos Passalis, Mary Tsoni,  Anna Kalaitzidou
Distribuzione: Lucky Red
Durata: 93′
Origine: Grecia, 2009

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.8

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
3 (23 voti)
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