Dragon Ball Super: Super Hero, di Tetsuro Kodama

Rispetto ai suoi predecessori il film, navigando largamente nei codici del cinema di genere e nelle sue moderne mutazioni, restituisce una visione più globalizzata del franchising.

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Forse il problema maggioritario dei tre film di nascita ed espansione del mondo Super era questa ripresa del passato con l’evidente intento di disinnescarlo, come se lo si volesse insistentemente ridimensionare ad una concezione meno preponderante. Basti pensare a Dragon Ball Z: La resurrezione di F, dove il leggendario duello tra Freezer e Goku si era ridotto ad una discussione infantile e paradossalmente fuori tempo massimo da tutto ciò che la nuova saga stava apportando, dando l’idea di una sovversione totale dell’austerità creatasi precedentemente. Ed anche con Dragon Ball Super-Broly si assisteva al rehab da Z, sgonfiando progressivamente l’ambientazione cupa e predefinita della fase. Ma in tutto questo Super sembra soffrire ancora oggi degli strascichi del suo precedente, rigettandoli nel continuo proponimento di luoghi e dinamiche affini ai codici standard che hanno fatto la fortuna dell’opera di Toriyama nel mondo, divenendo fin dalla sua uscita un prodotto dal giudizio estremamente polarizzato. Come se l’innovazione e l’avvicinamento alla contemporaneità per il brand fosse solamente un lontano miraggio. O addirittura una scelta mai del tutto presa in considerazione. E anche con Dragon Ball Super: Super Hero largamente ci si arena nell’ennesimo percorso di crescita nuovamente dai toni nostalgici che tanto ha rappresentato in passato i momenti cardine della storia di Dragon Ball. Non è neanche un caso che il protagonista di tale maturazione sia sempre il buon Gohan, che si ritrova a fronteggiare insieme a Piccolo il ritorno del Red Ribbon, aiutato questa volta dal nipote del Dr. Gero e dai suoi due androidi dalle fattezze supereroistiche, mentre un Cell di proporzioni mostruose secerna in un laboratorio sotterraneo, pronto a dare del filo da torcere ai guerrieri Z. 

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Ed è qui che il film di Kodama rispetto ai suoi predecessori spicca il volo verso un interessante mash-up di generi, grazie anche alla scelta storica dell’animazione in CGI, e con l’idea sempre più abitudinaria di resuscitare quasi allo sfinimento i personaggi storici della saga col fine di regalargli un’altra chance di redenzione. Partendo dalla procreazione del Red Ribbon, Dragon Ball Super: Super Hero parte dallo spy-movie per poi toccare successivamente le corde del heist e del monster-movie, con il combattimento tra Cell e Piccolo che assume il fascino di una lotta tra Kaiju, fino ad arrivare al cinecomic, dove viene alla luce il legame sempre più stretto ed inaspettato con le nuove mutazioni del cinema di genere. I due androidi Gamma 1 e Gamma 2 non sono altro che il chiaro segnale d’avvicinamento al linguaggio pop, dove fortunatamente tutto ciò non subisce un prevedibile ribaltamento stilistico, ma crea un saldo equilibro tra due scuole di pensiero di base assai diverse tra loro. Purtroppo questa biodiversità resiste finchè può alle incursioni barbariche dell’ambiguo effetto nostalgia, ad un tratto quasi dovuti come un segno di riconoscimento per lo stesso spettatore, ma ugualmente lascia trapelare una visione ulteriormente fluida e globalizzata del futuro cinematografico dell’universo Dragon Ball.

 

Titolo originale: id.
Regia: Tetsuro Kodama
Distribuzone: Warner Bros. Entertainment Italia
Durata: 100′
Origine: Giappone, 2022

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3
Sending
Il voto dei lettori
3.5 (8 voti)
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