FILM IN TV – Arrivederci ragazzi, di Louis Malle

Il regista porta sullo schermo i suoi Quattrocento colpi al controcanto della Francia di Pétain e dei campi di sterminio. Leone d’Oro a Venezia. Mercoledì 27 gennaio, ore 21.15, Rai Movie

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La Francia occupata vista con gli occhi – lucidi – dei ragazzini: “monelli” chapliniani e truffautiani alter ego, gli adolescenti di Arrivederci ragazzi sono collegiali alto-borghesi gettati per caso, e senza preconcetti, dentro uno dei capitoli più ambigui e tragici della storia europea. L’esito è una testimonianza al di qua del bene e del male che, proprio perché spregiudicata – nel senso scettico della greca epochè (il film di Louis Malle trasuda formazione classica) –, sospende (temporaneamente) il giudizio, accede alla verità e costringe lo spettatore a farci i conti.

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arrivederci ragazzi louis malleUna sfida vinta quella del figlio non dichiarato della Nouvelle Vogue che torna in patria dall’autoesilio americano portando sul grande schermo i suoi Quattrocento colpi al controcanto della Francia di Pétain e dei campi di sterminio. Vi riporta anche gli scandali che lo avevano precedentemente costretto all’espatrio, ma che adesso gli tributano il Leone d’Oro: lo sguardo, sempre adolescente, sul collaborazionismo di Lacombe Lucien, giovane contadino messosi al servizio della Gestapo con la stessa casualità con cui vi si ritrova, per vendetta, il giovanissimo inserviente zoppo del collegio di Arrivederci ragazzi. E la morbosità del rapporto madre-figlio che in Soffio al cuore era affondo incestuoso nel cuore dell’alta-borghesia e qui diventa implicito strumento di confronto tra la nostalgia materna di Julien (Gaspard Manesse), studente francese, e quella, etimologicamente e fisicamente senza ritorno, di Jean Bonnet (Raphaël Fejtö), compagno ebreo di collegio.

gaspard manesse raphaël fejtö arrivederci ragazziI leitmotiv di Malle in effetti ci sono tutti: oltre la (auto)-critica alla società alto-borghese, le relazioni edipiche (fino al Danno) e il ritratto disturbante della Francia allo specchio dell’occupazione (quello che Truffaut avrebbe inizialmente voluto fare coi Quattrocento Colpi e che affronterà invece nell’Ultimo metrò), anche il ruolo del caso nelle vicende umane, schiacciante e determinante come da tragedia greca (è un fugace e involontario sguardo di Julien sull’amico ebreo a svelarne la vera identità al comandante tedesco innescando il drammatico epilogo), la dimensione autobiografica, l’amore per il jazz (il Charlie Parker rubato) e quello per i libri. Passione, quest’ultima, che rivela anche il sesso e l’amoralità dei bambini (la lettura proibita de Le mille e una notte nel dormitorio) mentre ne conserva/salva l’identità nascosta (il vero nome ebraico sul frontespizio del libro). Ed è qui che la personalità fittizia del collegiale ebreo Jean Bonnet si collega, per un attimo, a quella reale ma pure letteraria, dei milioni di ragazzini stroncati dalla Shoah ed entrati , malgrado l’impossibilità adorniana di ogni forma d’arte dopo Aushwitz, nelle pagine del racconto condiviso. Le piccole vittime del genocidio sopravvivono (e sorridono) grazie al potere della narrazione: sia quella in prima persona del diario (da Anna Frank alla “sorella” maggiore Etty Hillesum) o di Julien, voce narrante della tragedia dell’amico; sia quella del proiettore che regala gli ultimi sorrisi ai condannati a morte del collegio attraverso le gag di Chaplin L’emigrante, omaggio ennesimo a Charlot (gli ondeggiamenti di Chaplin sulla nave come gli inseguimenti parigini di Zazie) e vera e propria metafora meta-cinematografica della precarietà della condizione umana. A denunciarla anche il ricorso più concretamente simbolico alla situazione animale (i maiali del collegio, vittime designate come le prede di caccia di Lacombe Lucien, o la paura dei lupi – l’occupazione tedesca che ha diviso la comunità francese – contro cui Julien e Jean, smarritisi nel bosco, intonano la Marsigliese). Perché questa è anche la storia di un’ amicizia giovanile ancora possibile, oltre le contraddizioni e i divieti del mondo adulto, e – ovviamente – un grande racconto di formazione che mantiene sino all’ultimo rigore e intensità narrativa e mai cede il posto alla saga adolescenziale. Né mai lo potrebbe (come per Eraldo Affinati i diari di Anna Frank) dopo le immagini di Bergen-Belsen girate dagli Alleati, all’indomani dell’ingresso nei campi, e montate con la consulenza di Hitchcock.

Sembra anticipare l’addio al “capitano mio capitano” dell’Attimo fuggente, uscito due anni dopo, l’ au revoir finale dei ragazzi a Padre Jean, sacerdote cattolico anti-regime, sovrapponendone per un tratto la figura a quella dell’indimenticabile professor Keating interpretato da Robin Williams. Di fronte a loro, gli stessi occhi lucidi dei ragazzi: lucidi della comprensione senza preconcetti. Come di pianto.

Titolo originale: Au revoir les enfants

Regia: Louis Malle

Interpreti: Gaspard Manesse, Raphaël Fejtö, Philippe Morier-Genoud

Durata: 103′

Origine: Francia 1987

Mercoledì 27 gennaio, ore 21.15, Rai Movie

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