FIPILI Horror Festival 2019 – L’uomo, il diavolo e la notte

Dal 24 al 28 aprile scorso a Livorno l’ottava edizione del festival horror con Dario Argento e Enrico Vanzina tra gli ospiti. Abbiamo visto “L’ultima notte” e “Me and the devil”

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E’ arrivato all’ottava edizione il FIPILI Horror Festival (quest’anno svoltasi dal 23 al 28 aprile), la manifestazione livornese che diramandosi tra letteratura e cinema ha come obiettivo quello di invocare la paura, in ogni sua forma e sfaccettatura. Nei giorni scorsi Dario Argento ha svolto un lungo dialogo con il pubblico abbandonandosi ai racconti della sua grande e ricca carriera, i Manetti Bros. hanno animato una masterclass sulla regia cinematografica, Enrico Vanzina ha presentato il saggio di Claudio Bartolini dedicato a Sotto il vestito niente, Fabio Guaglione e Jacopo Rondinelli con RIDE: dal film al board game, e poi incontri con Federico Frusciante, Matteo Strukul, Saverio Tommasi, Roberta Bellesini Faletti, Loredana Lipperini, Emiliano Pagani, Daniele Caluri, i Licaoni, e molti altri.

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E ovviamente, non sono mancate le visioni, come L’ultima notte, il film di Francesco Barozzi. I toni lenti e scuri predominano la scena dell’opera. E ancor prima i riuscire a scorgere i protagonisti della storia che andremo a vedere, appare una dichiarazione. La storia è vera ed è stata fedelmente riportata, dagli archivi della cronaca nera italiana, fino allo schermo.

Racconta di una realtà in cui il tempo sembra non passare e quindi non essere soggetta ai cambiamenti della vita, anzi, se la morte sembra poter mettere il punto fine ad una tragica routine, la vita che ne rimane continua il gioco perpetuo della sofferenza e della brutalità.

Bea è una donna che da giovane è riuscita a scappare dalla realtà rurale in cui era crescita, dominata dalle folli violenze del padre, lasciandosi però indietro le vite dei suoi due fratelli, Franco e Emi. Dopo anni di distanza, consumati nel vano tentativo di cancellare dalla propria memoria le immagini che hanno caratterizzato la sua infanzia, decide che l’unico modo per andare davvero avanti è tornare in quelle terre e così consumarsi nel tentativo di lavarsi finalmente la coscienza. È qui che il vaso di Pandora viene scoperchiato e tutti i demoni lasciati lontano tornano indietro in una forma che Bea non poteva immaginare.

Il film ripercorre gli accadimenti avvenuti nelle poche settimane in cui la donna rimane in quella campagna desolata e ormai resa un rudere dagli anni. Con questa la macchina da presa rivede i momenti, i silenzi, le parole sussurrate tra la paura e rancori di una storia famigliare triste e piena di risentimenti, in cui la colpa ricade spesso sulle altre vittime e ognuno agisce per i propri interessi.

A Livorno anche Me and the Devil di Dario Almerighi. Il titolo ci sembra famigliare, un riferimento già appartenente al nostro immaginario, da Gil Scott–Heron a Robert Johnson, questo film, così come i canti del blues, immagina l’incontro tra un ragazzo e il diavolo. I seguaci di Satana sono in giro per Roma e il loro unico credo è quello di uccidere per rispettare un volere superiore. Almerighi fa uso di immagini per lo più con la funzione di stimoli sensoriali, per riuscire a cogliere l’essenza di un momento, di un’esperienza e di un ricordo, che mischiato con atroce crudeltà rende il film ricco di una continua e ambigua dualità.

I due lavori, il modo in cui sono stati concepiti e creati, quasi in antitesi, mostrano due tematiche di questo genere affini ma allo stesso tempo dall’approccio parallelo. Ne L’ultima notte la bestialità è incarnata dall’uomo, l’essere umano senza ideali né scopi, dallo stato animalesco in cui quelle persone sono cresciute e continuano a vivere, da una tara genetica tramandata da carnefice a vittima, provocando un continuo stato di compassione e paura, di pena e disgusto. In Me and the devil invece il male è incarnato nella figura del diavolo e gli essere umani che lo rappresentano sono più che altro manichini, folli o privi di qualsiasi sentimento umano, si muovono spinti da un credo satanista, motivo di giustificazione o consolazione in antitesi alla religione, alla chiesa cattolica, incarnazione del bene e della giustizia. Questi fattori trasformano i personaggi in pedine, che si spostano senza fini e senza legame con il reale.

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