Godzilla II: King of the Monsters, di Michael Dougherty

Sequel disastrosamente generico del gran film di Edwards, ha l’unico compito di traghettare Godzilla all’imminente scontro con Kong, sacrificando le potenzialità dei kaiju leggendari tirati in ballo

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Sequel disastrosamente generico, questo film di Dougherty si svela già dopo una manciata di sequenze come l’ennesimo esempio, a cui siamo oramai abituati, di capitolo-veicolo strutturato per imporre definitivamente una nuova direzione ad un franchise “a episodi”.
Il cosiddetto MonsterVerse vanta un capostipite di clamorosa ambizione autoriale all’interno del meccanismo industriale, com’era lo strepitoso Godzilla di Gareth Edwards: la classica rivisitazione troppo personale e anti-spettacolare per funzionare come ingranaggio in un meccanismo crossover. Il compito di Michael Dougherty appare da subito allora quello di ri-settare il tono dell’epica dei “titani” sulla frequenza del rutilante Kong: Skull Island, in preparazione dello scontro imminente tra i due bestioni.
La portata ‘alta’ del prototipo di Edwards aveva fruttato un consenso critico e di fan dei kaiju pressoché unanime, e dunque Dougherty ha l’ulteriore problema di non voler o dover snaturare del tutto il look rarefatto e magnificamente vaporwave del capostipite pur dovendo aumentare i giri del motore – letteralmente, la portata nucleare del mostro – tirando in ballo teorie del complotto millenarie (la terra cava!), guerriglia ambientalista da seguaci di Thanos, e addirittura 17 ulteriori megacreature.

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Solo che con ogni evidenza il film non sa bene che farsene di icone leggendarie dell’universo kaiju di provenienza, come Ghidorah, Mothra e Rodan, e il risultato è una gestione terrificantemente confusionaria di tutte le anime tirate in ballo, dalla linea narrativa a quella spettacolare, fino a quella di caratterizzazione dei vari Titani, tutti delineati in una maniera talmente vaga da essere difficilmente accettabile per il livello di dettaglio raggiunto da operazioni simili in tempi recenti.
Nelle sequenze di scontro tra i cieli e in contemporanea tra le macerie delle città distrutte, Dougherty si mostra continuamente indeciso su dove e a cosa guardare, tentando ostinatamente di replicare la fotografia bio-organica che era l’intuizione più forte di Edwards ma allo stesso tempo di non rifuggire dalla modalità disaster porn a concitazione esponenziale, mutuata da Skull Island e da tradizionali meccanismi arcade (figlie adolescenti ribelli da salvare, famiglie da riunire da padri troppo assenti, congegni hi-tech da distruggere o recuperare, antiche civiltà da decifrare ecc).

Va a finire così che lo spettatore è tenuto costantemente a distanza dall’azione, lontano dal centro di quanto sta succedendo, perennemente in fuga come gli interscambiabili personaggi umani, da un’altra parte. Se fosse una decisione consapevole, potrebbe svelare addirittura una riflessione giusto accennata sull’impotenza di noi minuscoli uomini al cospetto con le forze abnormi della Natura (più dalle parti di World War Z che di Planet of the Apes, per restare ai testi-base dell’eco-blockbuster di questa generazione pre-Endgame). In realtà, appare più come la conseguenza di un’indecisione di fondo che anima tutto l’apparato formale del film, costretto a spingere al massimo sul versante, invero impressionante, del sound design (non a caso il macguffin del risveglio primordiale è qui in buona sostanza un sonar per kaiju) e sui watt della colonna sonora per portare l’impianto all’ebollizione senza troppi danni se non qualche sacrificio privo di alcun pathos, e giungere così alla gerarchia dichiarata nella situazione conclusiva con l’efficacia necessaria ad annunciare il film successivo.
Che vaghino insomma alla fine radiazioni decisamente più pulsanti tra le maglie del “piccolo schermo” di una produzione HBO come il già abissale Chernobyl, invece che tra le dimensioni gigantesche di questa frastornante narrazione pantagruelica da distribuzione universale?

Titolo originale: id.
Regia: Michael Dougherty
Interpreti: Kyle Chandler, Vera Farmiga, Millie Bobby Brown, Ken Watanabe, Sally Hawkins, Bradley Whitford, Zhang Ziyi, Thomas Middleditch, Charles Dance, O’Shea Jackson Jr., Aisha Hinds
Distribuzione: Warner
Durata: 132′
Origine: USA, 2019

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