Il giovane favoloso, di Mario Martone

Favoloso Martone. Ha una furia dentro, un urlo che non rimane strozzato in gola ma esplode. Dove la parola, come in Bellocchio, diventa fisica.

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Si, si può vedere la poesia. Dietro uno scatto improvviso, un fruscio del vento, l’eruzione del Vesuvio. Una poesia dove si oltrepassano anche i versi di Leopardi – dallo Zibaldone alle Operette morali – e che sembra contaminare tutto il film. Oppure gli stessi versi scritti dal poeta di Recanati che invece, se non fossero mai esistiti, sembrerebbero scritti apposta per Il giovane favoloso.

L’operazione Leopardi appariva rischiosissima, piena di insidie per il cinema di Martone. Ma anche stavolta, dopo lo straordinario Noi credevamo, il cineasta entra miracolosamente nel buio della Storia che sembra lo stesso buio della sala (il cinema).
Con una componente visionaria che rende quasi gemelli i due film, che contagia nel suo delirio, che fa apparire ogni spazio troppo stretto rispetto a un binomio tra corpo e mente, un corpo gracile e gobbo e una testa che spazia troppo oltre e non si allinea alle parole che ascolta. Dalla casa paterna dell’infanzia e dell’adolescenza, dove l’immensa biblioteca sembra soffocargli ogni respiro, al soggiorno a Napoli, dove è sovrastato dai rumori, dalle gente, dall’aria.
La vita di Giacomo Leopardi è poco più di uno spunto. Nasce nel 1798. Bambino prodigio, maggiore di tre fratelli, educato sotto lo sguardo severo del padre. In Europa scoppiano le rivoluzioni e lui vorrebbe uscire da quella dimensione locale che gli appare sempre più ristretta. Ma anche quando a 24 anni riesce ad andar via dal paese natio non riesce ad adattarsi a quel mondo che prima di allora aveva sempre visto da fuori.

Favoloso Martone. Ha una furia dentro, un urlo che non rimane strozzato in gola ma esplode. “Odio questa vostra vile prudenza”, “Il mio cervello non concepisce masse felici fatte da individui infelici”. Quasi i dialoghi di una fluviale autobiografia. Come se il solo Germano si trovasse a guardare in macchina davanti allo spettatore. Una furia dove la parola diventa fisica.
E sotto questo aspetto Il giovane favoloso è molto vicino al Bellocchio di Vincere. La macchina da presa gli danza attorno, segue l’impulso prima del movimento. Le sue prigioni. Nella mente e del corpo, vittima di un pensiero che l’avvolge, che da forma a quelle tenebre segnate dalla fotografia di Renato Berta. Quelle stesse zone dark di Noi credevamo. E queste si manifestano in quel magico incrocio, quasi tra noir e mélo. Nello scambio di lettere con Pietro Giordani. Nel tentativo di fuga del protagonista da casa. Quando scappa di notte, con il mantello alzato nel vento. Un impeto e assalto, squarcio del Romanticismo. Dove il desiderio è come se fosse un sogno, un lampo nel buio. E con quel binomio tra sapere e follia che rende quasi paralleli il matematico Renato Caccioppoli di Morte di un matematico napoletano e Giacomo Leopardi di Il giovane favoloso.

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Ma Il giovane favoloso è anche uno dei rari esempi di fantasy nel cinema italiano. Gli occhi dell’amata che si aprono, gli squardi dalle finestre dove tutte le donne del desiderio del poeta potrebbero essere altrettante apparizioni. Quasi una gallerie di volti che passano in continuazione davanti ai suoi occhi. Come tutte le prostitute in soggettiva. Dove si sente il caldo, il respiro affannato, i battiti cardiaci che aumentano. Pura deriva viscontiana. Leopardi come l’Aschenbach di Morte a Venezia. Da Venezia al Regno di Napoli. Con una colonna sonora che diventa straniante. Non solo Rossini. Una sinfonia che trascina però con la stessa intensità di un concerto rock. Dove Elio Germano vince la sua sfida più difficile. Ci si dimentica progressivamente del suo volto. Diventa Leopardi, ma resta Germano. Una maschera doppia. Non recitazione. Non immedesimazione. Ma un altro grande fantasma della Storia del cinema di Martone che balla col tempo e con la Storia. Come solo Bellocchio in Italia sa fare. Dove si, la poesia si può vedere. Anzi, sembra che l’invenzione del cinema l’abbia preceduta.

 

Regia: Mario Martone
Interpreti: Elio Germano, Michele Riondino, Massimo Popolizio, Anna Mouglalis, Valerio Binasco, Isabella Ragonese
Origine: Italia, 2014
Distribuzione: 01 Distribution
Durata: 137’ 

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