Scott Stewart non sarà Jonathan Mostow né i fratelli Hughes, eppure il suo film si muove dalle parti di John Carpenter e George Romero, con la rudezza di linguaggio del Mark L. Lester di Commando e del John Irvin di Codice Magnum: di un cinema, insomma, come puro piacere del racconto che non ha paura di affrontare le derisioni di critica e pubblico. Inoltre, Paul Bettany si afferma prepotentemente e definitivamente come corpo-cinema che deve portare su di sé i segni della sofferenza per sfuggire all’invisibilità
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Hollywood sembra aver riscoperto il cosiddetto cinema di serie B e il 2010 si è aperto proprio all’insegna dei b-movie: dapprima
Il mondo dei replicanti, poi
Codice: Genesi e infine questo
Legion, coi loro titoli italiani stupendamente sciatti e di seconda mano che ci ricordano quelli dei film di Antonio Margheriti, alias Anthony Dawson, e Lucio Fulci. Certo, Scott Stewart non possiede la granitica classicità di un Jonathan Mostow né l’iconoclastia
blaxploitation dei fratelli Hughes, eppure non possiamo fare a meno di amare il suo primo lungometraggio. Qui siamo dalle parti di John Carpenter e George Romero, ma con la rudezza di linguaggio di un Mark L. Lester (
Commando) o un John Irvin (
Codice Magnum), di un cinema insomma come puro piacere del racconto che non ha paura di affrontare le derisioni di critica e pubblico. Che poi nel frattempo siano cambiate le tecnologie poco importa, l’approccio è ancora artigianale, e Scott Stewart ne è l’esempio: addetto agli effetti digitali nell’
Industrial Light & Magic di George Lucas e fondatore – insieme ai colleghi Stu Maschwitz e Jonathan Rothbart – dello studio
The Orphanage (
Iron Man,
I pirati dei Caraibi,
Una notte al museo,
Harry Potter e
Sin City). Inoltre, dopo il pessimo
Gangster No. 1 di Paul McGuigan e l’irrisolto
Wimbledon di Richard Loncraine, Paul Bettany si afferma prepotentemente e definitivamente come corpo, prima ancora che come interprete, che deve portare su di sé i
segni della sofferenza (il Silas de
Il codice Da Vinci, a tutt’oggi la sua migliore interpretazione, o il medico di bordo Stephen Maturin dello stupendo
Master & Commander) per sfuggire all’invisibilità (l’amico immaginario di John Nash in
A Beautiful Mind o la voce del computer Jarvis in
Iron Man). Regista e protagonista, infine, fanno le prove per la futura trasposizione cinematografica di
Priest, manga coreano (in originale,
manhwa) di Hyung Min Woo, che darà nuovamente la possibilità a Bettany di confrontarsi con un ruolo da sacerdote (ateo dichiarato, ha persino interpretato Charles Darwin nel suo ultimo film!).
Titolo originale: id.
Regia: Scott Stewart
Interpreti: Paul Bettany, Dennis Quaid, Lucas Black, Tyrese Gibson, Adrianne Palicki, Kate Walsh
Distribuzione: Sony Pictures
Durata: 100’
Origine: USA, 2010
Sentieriselvaggi21st n.19: cartacea o digitale