#Locarno68 – Ben Rivers sul confine tra documentario e finzione

L’artista e videomakers londinese ha presentato oggi The Sky Trembles and the Earth Is Afraid and the Two Eyes Are Not Brothers in cui ha parlato di Bowles, il Marocco e un set preesistente

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Nel Concorso Internazionale arriva The Sky Trembles and the Earth Is Afraid and the Two Eyes Are Not Brothers dell’artista e videomaker londinese Ben Rivers. Un cinema sempre sul confine tra documentario e finzione, anzi in questo suo ultimo film più orientato verso questa seconda direzione rispetto a Two Years at Sea, premio Fipresci al Festival di Venezia nel 2011. Il paesaggio marocchino è al centro del suo ultimo lavoro dove un regista decide di lasciare il film a cui sta lavorando per perdersi in un abisso di follia.

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Alla base c’è il racconto di Paul Bowles: “Si, la sua storia mi è rimasta impressa. Il racconto era infatti ambientato in Marocco e Paul ha vissuto diversi anni a Tangeri. Quindi ho voluto immergere il cineasta nella cultura di quel luogo e sottolineare anche l’arroganza tipica dei registi che vanno in posti diversi a girare il loro film pensando che gli appartengano”. Si vede un set preesistente: “Si, infatti volevo fare un making su quello del mio amico Oliver Laxe e sono diventato un parassita filmando il loro lavoro. Poi, nella seconda parte, c’era una sceneggiatura più rigida e ho cercato di far apparire questo film come un documentario anche se in realtà è fiction”. Poi Rivers si sofferma sull’uso dell’immagine sgranata della pellicola: “Si, mi piace utilizzare l’immagine sporca. Penso al Marocco che è un posto molto polveroso, con gli edifici che si confondono con il terreno. Mi piace la pellicola e la sua grana. Qui utilizzo il 16mm”.

L’idea del costume fatto con le lattine: “Avevo delle immagini in mente e ho fatto dei disegni. Quello è un costume molto viscerale e rappresenta la svolta nella trasformazione del cineasta, da persona a creatura che perde il senso di se stesso e diventa qualcos’altro”.

Il cinema quanto l’ha cambiato: “I film sono parte della mia vita e si vede in tutti i miei lavori. Ognuno di loro è un’esperienza di vita. È un modo di vedere il mondo, di andare nei luoghi senza essere un turista e freare rapporti conle persone. Sono cambiato? È troppo presto per dirlo”.

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