Marie Curie, di Marie Noëlle

I temi della ricerca e della conoscenza in un racconto animato da un pacato e meditato rancore

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Dovremmo essere meno curiosi sulle persone e più sulle loro idee.
Il rifiuto del sapere, il timore del pensiero creativo sono propri di una società perduta. Nella vita, niente è da temere, tutto è da capire. Cosa saremmo senza la curiosità?
Dai dialoghi del film

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Marie Curie di Marie Noëlle mette in evidenza, a sugellare il film e quale effetto sinottico della storia, almeno due dei suoi temi dominanti. Il primo appartiene alla dualità con la quale la pubblica opinione affronta il tema del genio e del rispetto di quelle capacità, pur in presenza di (veri o presunti) comportamenti che tradiscano una dubbia moralità. Il secondo è quello della curiosità, unico stimolo alla ricerca, all’invenzione e all’immaginazione. Due questioni di non poco conto, che costituiscono i fondamenti di quell’auspicabile sguardo laico sulle cose, provando a capire senza mai temere e quindi, ancora prima, necessariamente a ragionare.
Per dare forma a questo assunto che sintetizza i temi della ricerca e della conoscenza, la regista francese racconta una breve, ma intensa, parentesi della vita della scienziata polacca, naturalizzata francese, Marie Curie, moglie di Pierre Curie. La prematura scomparsa del marito portò la studiosa a proseguire da sola il lavoro di ricerca sul radio e sulle sue applicazioni. Premiata con due Nobel, uno insieme al marito e l’altro per le sue scoperte successive, la sua fama venne temporaneamente oscurata per avere avuto una relazione, dopo la morte del marito, con un Paul Langevine, suo collega e collaboratore, ma sposato con figli.
Marie Noëlle per il suo Marie Curie, interpretata con sapienza attoriale dalla brava Karolina Gruszka, sceglie, a dispetto di ogni attesa, non di realizzare una pedante biografia che sveli le ragioni delle rigorose scelte che la scienziata avrebbe compiuto in nome della conoscenza, ma di attraversare con il suo racconto solo quella breve parentesi in cui la solitudine e la mancanza del marito la obbligarono ad una affermazione della propria personalità e delle proprie conoscenze. Tutto a dispetto di un mondo scientifico ad assoluta impronta maschile, che rifiutava aprioristicamente il tema del femminile coniugato con quello della ricerca e dell’accademia. Il film, in questa insistita ricerca, acquista la necessaria attualità di scopo e fa venire in mente il titolo di un recente e piccolo, ma non trascurabile, film italiano di Riccardo Milani il cui titolo, Scusate se esisto!, riassume bene il tema dell’affermazione di genere. Ancora oggi, a distanza di centodieci anni da quando i fatti che riguardavano Marie Curie accadevano, questa discriminazione è pratica, sebbene, non frequente come all’epoca, ancora troppo frequente, fermi restando i progressi del mondo globalizzato e del pensiero che ha accompagnato i suoi mutamenti.
Marie Curie non crea icone e non immobilizza il passato, ma pur nella sua fotografia appena flou, nei suoi ricercati controluce e nella sua scenografia d’epoca, ammantata di quel liberty contemporaneo che fa tanto bella epoque, diventa un racconto animato da un pacato e meditato rancore, stemperato dalla storia d’amore che la protagonista ebbe con Langevine. Marie Curie, diventa quindi nostra contemporanea con i suoi disagi e i suoi tormenti, con la consapevolezza di un sapere non apprezzato e il desiderio di essere considerata la scienziata dominata dalla curiosità del sapere, libera da ogni falsa e ridondante ipocrisia.

 

Titolo originale: id.
Regia: Marie Noëlle
Interpreti: Karolina Gruszka, Arieh Worthalter, Charles Berling, Izabela Kuna, Malik Zidi, André Wilms, Daniel Olbrychski
Distribuzione: Valmyn
Durata: 100’
Origine: Polonia, Germania, Francia, 2016

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
2 (2 voti)
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