Mickey on the Road, di Mian Mian Lu

La cineasta non è interessata al destino delle due protagoniste quanto all’idea di mettere in scena lo scontro culturale e ideologico tra la giovane Taiwan e la madre-Cina. In concorso al #TFF38

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Mickey e Gin Gin attraversano la notte taiwanese vincendo premi ai giochi dei luna park. Si intrufolano nel tempio per mangiare di nascosto sotto le statue degli dei e sognano un Altrove migliore. Sono diverse, ma entrambe aderiscono a un modello estetico occidentale: Mickey è un tomboy dai capelli corti, jeans e maglietta bianca. Il suo sogno è esibirsi in una danza rituale al tempio anche se alle ragazze non viene permesso; Gin Gin, al contrario, è una gogo dancer dai capelli rosa, occhi sgranati e codini da manga, ed è convinta che l’amica provi per lei qualcosa in più di una semplice amicizia. Insoddisfatte e annoiate, decidono di partire per Guangzhou, una alla ricerca del padre emigrato da anni, l’altra del ragazzo da cui aspetta un figlio.

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Se la presentazione delle due protagoniste appare fin qui schematica e vagamente abusata, con l’arrivo a Guangzhou il progetto di Mian Mian Lu diventa presto chiaro: la regista quarantaquattrenne non è davvero interessata al destino di queste due ragazze quanto all’idea di mettere in scena, attraverso un classico impianto da coming of age, lo scontro culturale e ideologico tra la giovane Taiwan e la madre-Cina. L’abbacinante metropoli delineata dai colori acidi dei neon (che non possono non ricordare certi scorci di Wong Kar-wai) espande il luna park iniziale ma mostra anche i suoi limiti democratici: i siti web (Google Maps e Facebook) censurati, i proclami patriottici diffusi dalle radio sui bus, in un immenso non-luogo che pare racchiudere il peggio dell’Oriente e dell’Occidente, una società dominata dalle merci in cui nessuno sa più dire “quale sia il suono della pioggia che cade sulle foglie di banano”.

Gli incontri si succedono, deludenti, tra situazioni allucinate e grottescamente oniriche, mentre, al netto delle bright lights, le fabbriche della big city chiudono per mancato rispetto delle norme ambientali, lasciando macerie attorno a sé.

Il mondo, il nostro terribile attuale mondo, affiora continuamente, divorando le storie delle due giovani protagoniste, davvero pedine scaraventate nel racconto di qualcosa di più grande di loro e delle loro piccole esistenze, mentre la retorica del discorso a tesi si fa direttamente proporzionale alla paradossale mancanza di empatia nel raccontare eventi sempre più drammatici, dallo stupro al tentato omicidio.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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