Nick Cave – This Much I Know to Be True, di Andrew Dominik

In sala da oggi, Dominik torna a filmare Nick Cave tra confessioni private e raccolte esibizioni live di canzoni tratte da Ghosteen e Carnage, con Warren Ellis

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Nick Cave è protagonista di This Much I Know to Be True, il nuovo viaggio nella sua musica creato dal conterraneo e fidato Andrew Dominik, già regista del precedente One More Time with Feeling.

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Da sempre (e in vari modi) parte del film business. Oggi Cave, all’eta di oltre 60 anni, resta un magnete potentissimo capace di attrarre l’attenzione da parte di chiunque si imbatta nella sua efebica immagine. Dominik quindi già dall’inizio mette in chiaro l’intenzione di illuminare (fuori e dentro metafora) il laboratorio mentale di Cave, un vortice in cui il demoniaco Cave ci implora di amarlo nonostante la sua qualità naturalmente mefistofelica.

Il lavoro di Dominik mostra dodici canzoni tratte dagli ultimi due album (Ghosteen e Carnage) cantate praticamente live in un salone post vittoriano che grazie alla tecnologia presente per filmare e suonare diventa facilmente steampunk. Il regista pone la musica e la figura di Cave al centro di un cerchio fatto di binari su cui muovere continuamente un dolly. Un set da illuminare a vista traendo forza dalla musica stessa.

Se il vertice della visione resta il magnetismo di Cave è logico per Dominik evitare di nascondere il set ma anzi lasciare a vista le luci, i carrelli, gli operatori, la crew in genere, tanto si è in attesa del prossimo gesto, sguardo, sorriso lievemente accennato del poeta australiano. Tutto in un equilibrio che diventa ancora più parossistico grazie alla contrappuntistica presenza di Warren Ellis, vero folletto dei boschi (con il necessario corredo di barba, unghie e capelli lunghi). Un folletto che si muove come un elettrone intorno al potentissimo nucleo elfico rappresentato da Cave. I due si completano mirabilmente come intuisce il regista mostrandoli nelle rispettive dimore alle prese col proprio ordine o disordine.

Al di là delle intuizioni registiche la vera protagonista è la musica. Chiudendo gli occhi pare di ascoltare un lungo gospel (mai dimenticare le origini da corista di chiesa di Cave) che diventa una canzone sola, quasi priva di percussioni e sostenuta solo sui saliscendi delle melodie create da pianoforte, archi e cori.

Perché tutto questo dolore? Lo stesso Cave esplicita alla fine di non essere interessato alla felicità ma di muoversi molto di più verso la comprensione del senso della vita nonostante il dubbio di esso.
Questo costante movimento mentale si riflette nel movimento di una musica che ormai è costruita quasi esclusivamente sull’orlo di una esplosione di ritmo che non arriva mai.

Dominik capisce come l’unico modo per rapportarcisi è appunto girare intorno ad un nucleo così denso (quasi fosse un buco nero) e magari sfiorarlo con una steadycam (ma solo in pochi momenti). Potrebbe sembrare estetizzante ma veramente l’oggetto al centro del cerchio magico è talmente puro e potente da rendere inutile se non dannoso spezzarne la visione con con tagli o campi stretti.

La produzione artistica di Nick Cave è sempre stata una lotta sia contro che a favore della vita. Verso la fine Dominik inserisce un momento in cui Cave parla del suo rapporto con i “Red Hand files” (la newsletter creata per essere in contatto coi fan) e risponde ad un fan che ha perso il senso della vita.

A pochi giorni dalla morte di un altro figlio capiamo come il lungo percorso ha portato Nick Cave ad una accettazione che non è mai doma ma anzi si è fortificata attraverso le sue melodie. Attraverso il dolore si arriva alla luce e anche il diavolo ha momenti di dolcezza.

Titolo originale: id.
Regia: Andrew Dominik
Distribuzione: Nexo Digital
Durata: 105′
Origine: UK, 2022

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5
Sending
Il voto dei lettori
3 (1 voto)
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