The End? L’Inferno fuori, di Daniele Misischia
Un altro zombie movie? C’è qualcosa di stranamente piacevole nel film d’esordio di Misischia, ma dopo aver sfruttato al massimo le sue possibilità, l’horror rischia di rimanere rinchiuso davvero
Qual è il senso dietro a un altro film di zombie? Risponde a una volontà di riscatto cinematografico, alla necessità di dare un corpo “attuale” ai generi classici e farli diventare più “nostri”? Oppure siamo ancora provando a capire quale sia la vera peste, chi il vero invasore? Sebbene nel cinema e nella serialità mondiale il genere continui a espandersi come i morti viventi in un villaggio abbandonato, la cinematografia horror italiana degli ultimi anni sembra essere rimasta protetta da questa invasione, sospesa in una sorte di “dimensione sconosciuta”. Come se il furore degli anni 70 e 80, le gesta zombesche di Dario Argento e di Lucio Fulci avessero già raggiunto l’orrore definitivo e perciò rallentato le possibilità di espansione.
In questo contesto apocalittico, l’esordio alla regia del’italiano Daniele Misischia – prodotto dai Manetti Bros e presentato nella sezione Riflessi del RomaFF12 – diventa proprio un atto di coraggio. Con il suo horror il regista propone una Roma che raggiunge il suo massimo livello di caos, dove il casino generale, l’inquinamento e il traffico infinito non sono più i problemi principali, ma un virus letale che sta trasformando tutti i romani in zombie. Senza accorgersi della situazione, Claudio Verona (Alessandro Roja), uomo d’affari – cinico, narcisista, despota – inizia la sua giornata lavorativa bloccato in ascensore nel palazzo dove lavora. L’ansia per il ritardo a un importante appuntamento di lavoro diventerà disperazione quando lui scoprirà – prima attraverso indizi, telefonate, chiamate senza risposta e messaggi social, poi del modo più evidente e brutale – di essere circondato da morti viventi. Bloccato tra due piani, l’ascensore diventerà una gabbia, oppure la sua salvezza.
Pur essendo un film discreto che si avvicina pericolosamente al terreno del cliché, c’è qualcosa di stranamente piacevole nell’opera di Misischia. Forse è il vantaggio della genuina sorpresa; magari il fatto che il protagonista sia così insopportabile, che risveglia una certa voglia di continuare a vederlo in difficoltà. Sicuramente, il piacere di scoprire come andrà a finire ogni attacco, ogni morso, ogni bagno di sangue. Il fatto che quasi tutta la action si svolga dentro un ascensore – per una scelta creativa oppure una decisione nata della precarietà – spinge oltre le possibilità del racconto, costringendolo a trovare nuove soluzioni e modi di creare suspense e facendo sì che il fuoricampo diventi un terreno da sfruttare nella sua totalità.
Ma se all’inizio il film riesce a approfittare di questa condizione, raggiungendo qualche momento di genialità e vero spavento, dopo le risorse si rendono strette come lo spazio e si fanno ripetitive, scontate, per poi diventare prevedibili. Quando il “cattivo uomo d’affari”, il villain postmoderno in cravatta e abito grigio, comincia il suo immancabile percorso verso il riscatto, non c’è bagno di sangue, urlo né zombie affamato che riesca a riprendere l’emozione che incomincia a esaurirsi.
A questo punto, e cercando un senso che porti anche la salvezza, si può forse tornare alle domande precedenti: Perché un altro zombie movie? E chi è il vero invasore? Questa volta, però, non si tratta dei soliti sospetti, e il protagonista lo ripete a voce alta e in modo testardo, quasi come un mantra: “Non è un attacco terrorista, questo non è un attacco terrorista!” “Per me questo non è il caso, non è una invasione, è una trovata di qualcuno qua dentro che ci ha messo nella merda”, sentenza uno dei sopravvissuti, facendo spuntare un filo che poteva diventare qualcosa di più. Ma questi attimi di lucidità finiscono per dissolversi e diventare irrisolti, chiusi in una realtà che non riesce a espandersi per arrivare oltre ai propri confini.
Se i ponti forti e le limitazioni del film passeranno oltre e diventeranno parte dell’immaginario e dell’onorevole e perenne dimensione del Cinema b, oppure rimarranno nella dimensione sconosciuta, si potrà soltanto capire con la lucidità che porta la distanza storica. Quella che, dopo l’attacco e l’invasione, risparmia i veri sopravvissuti.
Regia: Daniele Misischia
Interpreti: Alessandro Roja, Carolina Crescentini, Claudio Camilli, Euridice Axen, Benedetta Cimatti, Bianca Friscelli, Roberto Scotto Pagliara
Origine: Italia, 2017
Distribuzione: 01
Durata: 98′