The Tender Bar, di George Clooney

Un vitale diario di formazione tratte dalle memorie di J. R. Moehringer, forse tenuto a volume fin troppo basso, con Ben Affleck in grande spolvero. Su Prime Video

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Dal cinema politico alla nostalgia. Forse è solo questione di colori, di come restano nella nostra mente le immagini del passato. Dalla voce del celebre anchorman della CBS Edward R. Murrow di Good Night, and Good Luck a quella del padre del protagonista alla radio di The Tender Man c’è un abisso. La prima è lì, ferma, radicata all’inizio degli anni ’50 in pieno maccartismo. L’altra invece è lontanissima, è un desiderio che coincide con l’illusione prima della delusione. Però è proprio l’approccio di Clooney che cambia e passa da un cinema civile solido, fin troppo esibito in quello che è uno dei suoi titoli più sopravvalutati della sua filmografia come regista, a uno invece evocativo, fragilissimo, già visto, ma con una strana, stordente luce e atmosfera del Coppola più sognatore. Le memorie del giornalista J. R. Moehringer contenute nel libro Il bar delle grandi speranze pubblicato nel 2005, prendono forma in quello che, con Le Idi di marzo, è il film più nitido di Clooney.

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J.R. si trasferisce con la madre a casa dei nonni a Manahasset, nel Long Island. Il padre, un conduttore radiofonico se ne è andato via di casa prima che lui parlasse e così si è legato particolarmente allo zio Charlie, proprietario del Dickens Bar. Una volta cresciuto, riesce ad entrare nell’università di Yale dove conosce Wesley che sarà sempre un amico fidato e Sidney, una ragazza che gli fa perdere la testa.

Ci sono gli occhi di J.R. Da bambino e da adulto. Due istantanee. Seduto in auto con la madre all’inizio del film sulle note di Radar Love dei Golden Earring e sul treno dove un sacerdote è il suo compagno di viaggio. C’è in entrambi i casi la stessa curiosità e paura, sia nello sguardo del giovanissimo Daniel Ranieri sia di Tye Sheridan. In entrambi i casi c’è sempre un viaggio. Fisico e mentale. Uno spostamento che avviene proprio nella memoria del protagonista, tra il passato (il 1973) e il presente (metà degli anni ’80).

Con The Tender Bar Clooney firma un vitale diario di formazione, tenuto sempre a volume fin troppo basso, con una colonna sonora trascinante (da Paul Simon a Jackson Browne, J.J. Cale e i The Isley Brothers) e con Ben Affleck in gran spolvero con un personaggio che sembra uscito da Van Sant. Per il nipote diventa un po’ come l’anziano scrittore interpretato da Sean Connery in Scoprendo Forrester ma anche come un padre fantasma, un amico, un complice più grande. Nella storia d’amore di J.R. c’è tutta la sofferenza e il desiderio di attese interminabili che somigliano a quella in cui ha aspettato il padre per un giorno intero senza che l’uomo si facesse mai vivo.

Clooney regista rinuncia finalmente a quelle ambizioni che hanno fatto traballare alcuni suoi film, anzi al contrario osa fin troppo poco. La sceneggiatura di William Monahan lo guida dentro un passato da cui il suo stesso sguardo resta incantato. Non c’è distacco e neanche immedesimazione sia quando si parla di amore e di malattia. C’è la sospensione del racconto che coincide con quella che è nella nostra testa davanti a turbamenti che restano lì, quasi in silenzio. Anzi, c’è la sospensione dei personaggi che stanno lì fermi ad ascoltare. Il barista Ben Affleck, proprio per questo, è il compagno migliore con cui passare il tempo e raccontargli di noi.

 

 

Titolo originale: id.
Regia: George Clooney
Interpreti: Ben Affleck, Tye Sheridan, Daniel Ranieri, Lily Rabe, Christopher Lloyd, Max Martini, Sondra James, Briana Middleton, Rhenzy Feliz
Distribuzione: Prime Video
Durata: 106′
Origine: USA, 2021

 

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.7
Sending
Il voto dei lettori
3.88 (8 voti)
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