VENEZIA 70 – Con gli occhi chiusi: involucri, membrane e desideri (7)

Moebius Kim Ki-Duk

Moebius di Kim Ki-Duk e Under the Skin di Jonathan Glaser:  due film che sembrano legati da una comune necessità di "oltrepassare" i corpi, attraverso tagli, aperture, contatti estremi, insomma un gioco perverso per provare a riposizionare il "senso del corpo"di questi anni. E in comune…La ragazza con l'orecchino di perla….

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Moebius Kim Ki-Duk

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In un Festival il cui principale difetto, forse, sembra essere quello di prendersi un po' troppo sul serio (Sion Sono a parte), ci voleva la fresca follia di carne di Kim Ki-Duk, giunto al Lido con il suo ultimo Moebius, vittima di tagli della censura in Corea del Sud. Per una volta il programma sembra avere un senso, visto che contemporaneamente passava Under the Skin del regista Jonathan Glazer Con una Scarlett Johansson definitivamente traslata nel l'immaginario cinematografico in donna "dell'altro mondo2, che sembra quasi venire, curiosamente, proprio dal film di Kim.

Vermeer Scarlett Johansson La ragazza con l'orecchino di perla Certo è del tutto casuale che nel cassetto dove il padre protagonista di Moebius tiene la pistola, questa stessa sia poggiata proprio su un effige de La ragazza con l'orecchino di perla di Vermeer, ruolo che, nella trasposizione cinematografica,  fu proprio della Johansonn, ma i due film sembrano legati da una comune necessità di "oltrepassare" i corpi, attraverso tagli, aperture, contatti estremi, insomma un gioco perverso per provare a riposizionare il "senso del corpo"di questi anni.

Kim lo fa "a modo suo", facendo esplodere l'universo familiare/sociale all'interno di un percorso dove l'organo sessuale maschile ritorna, per un attimo, "al centro del mondo".  Ma ci ritorna attraverso la sua assenza, la sua perdita, la sua ossessionata ricerca di un' alternativa, in un mondo dove il dolore estremo sembra poter far tornare l'orgasmo a quel concetto poetico di "piccola morte" di cui parlava Bataille…

Ma se in Moebius é la perdita del sesso maschile l'evento che scatena la storia e i desideri, in Under the Skin il momento clou è invece la scoperta, da parte dell'aliena predatrice, di non avere l'organo sessuale femminile, per rilanciare la storia deviandola dalla fantascienza a un mèlo quasi cronenberghiano. Come si può catturare il "piacere" degli esseri umani? Come si può sostituire il piacere sessuale con un qualcosa che non sia un puro simulacro del sesso?  Ed ecco under the skin jonathan glaser membri tagliati, che rotolano nelle strade, corpi inghiottiti dal nero profondo, gonfiati ed esplosi, pelle che si apre per far fuoriuscire un corpo "altro", che oggi è terribilmente e definitivamente NERO, mentre nel Cocoon di Ron Howard (ma eravamo negli anni ottanta spielberghiani), quando l'aliena si toglieva la pelle, restava solo "pure luce".

Sostanziale differenza di epoche: trent'anni fa si poteva immaginare, finalmente, il diverso da se come corpo d'amore, un corpo/luce che non poteva non rimandare all'idea stessa del cinema. Oggi i corpi sono esplosi ed implosi, la diversità non sembra più da tutelare (forse in Russia?),  e il nero profondo sembra non concederci alternative desiderabili a quello che abbiamo. Non ci resta che pugnalarsi e girare il coltello nella piaga….(f.c.)

 

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